La produzione e il trasporto dei gas, a prescindere dal fatto che si tratti di biometano, gas naturale, idrogeno o gas tecnici, comportano sempre delle piccole perdite inevitabili, dovute a ragioni tecniche (sfiati per sovrappressione), fortuite (flange e giunti deteriorati) o accidentali (rottura o atti di sabotaggio di condotte, valvole e serbatoi).
Uno degli argomenti più abusati dai gruppi vegani anti zootecnici e dagli ecologisti anti biogas è quello del maggiore potenziale di effetto serra del metano rispetto alla CO2. I primi accusano le emissioni enteriche degli animali da allevamento, ma non considerano che sono probabilmente della stessa entità delle emissioni provenienti dalle vasche Imhoff residenziali (che altro non sono che digestori semi anaerobici con scarico diretto del biogas in atmosfera), dai tombini fognari e dalle emissioni enteriche degli esseri umani, che però non sono mai state incluse nei calcoli climatici.
I secondi si oppongono alla costruzione degli impianti di biogas perché, secondo la loro logica, il biometano è chimicamente identico al gas naturale e quindi è responsabile del cambiamento climatico quanto lo è il gas naturale. Ciò che sfugge ai no biogas (o che volutamente ignorano) è che le perdite di biometano sono di gran lunga inferiori a quelle del gas naturale (rilevabili addirittura dallo spazio, vedi Foto 1).

Foto 1: Emissioni di metano dall'industria dei combustibili fossili
(Fonte: Nasa)
Se da un lato è vero che il metano ha un Gwp (global warming potential) convenzionalmente assunto pari a 25 volte quello della CO2 (come descritto in questo articolo), dall'altro è altrettanto vero che le emissioni fuggitive imputate agli impianti di biogas sono probabilmente esagerate dalle posizioni ideologiche di alcuni dei sostenitori dell'attuale amministrazione di Ursula von der Leyen.
È dunque necessario quantificare esattamente le perdite di metano dagli impianti per fugare ogni dubbio, ma il semplice bilancio di massa non è adatto a questo scopo. Il motivo è che l'errore assoluto di misurazione della differenza tra la portata di biomassa in entrata e quella di biogas (o biometano) in uscita è pari alla somma degli errori assoluti delle due grandezze misurate. Poiché le fughe di gas sono dello stesso ordine di grandezza degli errori di misurazione, il valore delle perdite calcolato per differenza presenta un'incertezza tendente a infinito.
Attualmente, non esiste uno standard europeo per la misurazione delle perdite di biogas dagli impianti di digestione anaerobica. Esistono però diverse tecnologie:
- TDLidar (Tunable Diode Light Detection and Ranging). Questa tecnologia esegue l'analisi continua della radiazione infrarossa emessa dallo strumento stesso a una determinata lunghezza d'onda e retrodiffusa dall'ambiente. Poiché il metano assorbe selettivamente la radiazione infrarossa a una determinata lunghezza d'onda, mentre l'aria no, la differenza tra la potenza del fascio in uscita e quella del fascio retrodiffuso è proporzionale alla concentrazione di metano nell'aria;
- Camera a infrarossi. Si tratta di uno strumento analogo a quello utilizzato nelle rilevazioni satellitari. A differenza del TDLidar, la camera a infrarossi non genera un fascio di infrarossi puntato sull'oggetto, ma è in grado di eseguire l'analisi termica e spettrale della luce proveniente dall'oggetto sul quale viene puntata. La presenza di punti neri nella banda di assorbimento degli infrarossi corrispondente al metano indica la presenza di fughe;
- Cercafughe a infrarossi. Questa tecnologia richiede l'aspirazione di un campione d'aria dal punto in analisi. L'aria viene immessa in una cavità dotata di un Led che emette infrarossi a una precisa lunghezza d'onda e di un sensore a infrarossi selettivo in grado di rilevare la concentrazione di metano;
- Cercafughe di tipo sniffer. Si tratta di un dispositivo che funge da naso elettronico: una pompetta integrata nello strumento aspira l'aria che entra in contatto con dei sensori elettronici posizionati all'interno dell'apparecchio che rilevano l'eventuale presenza di metano. Nella versione più economica, utilizzata dai termotecnici per individuare le perdite di gas da tubi, flange, valvole e caldaie, la presenza di metano genera un segnale acustico di allarme, senza indicare la concentrazione né la portata. Pertanto, è utile solo per individuare i punti in cui è necessario intervenire per le riparazioni;
- Analizzatore portatile di biogas. Si tratta di uno strumento che preleva il biogas da una conduttura per analizzarne la composizione. È già in dotazione a molti impianti di biogas, ma poiché è calibrato per le concentrazioni di metano abituali (45-65%), il suo uso come rilevatore di fughe è discutibile;
- Gascromatografo. È uno strumento specifico per l'analisi della composizione chimica dei gas, ma in genere non è portatile. È dunque necessario prelevare dei campioni d'aria in apposite sacche di Tedlar e portarli in laboratorio per l'analisi. Il vantaggio di questa tecnologia è che consente di individuare tutti i gas e i vapori presenti nell'aria: metano, idrogeno solforato, ammoniaca e composti organici volatili (Voc). In questo modo, oltre a quantificare le emissioni fuggitive di metano, è possibile identificare anche le sostanze odorose. Per misurare le emissioni complessive dell'impianto, escludendo l'eventuale presenza di metano da altre fonti, viene utilizzato l'esafluoruro di zolfo (SF6) come marcatore. Questo metodo comporta però delle incertezze notevoli, legate alla modellazione matematica dei processi di diffusione del gas in funzione del vento e altri parametri meteorologici rilevati al momento di realizzare il campionamento dell'aria.
Come il lettore può già intuire, la scelta di una tecnologia piuttosto che di un'altra è difficile. I sistemi TDLidar e a infrarossi sono estremamente selettivi e consentono di individuare rapidamente la posizione e l'entità delle perdite di metano con un semplice scatto fotografico. L'analisi dei dati delle foto è tutt'altro che semplice, pertanto, oltre all'elevato costo dello strumento, è necessario ingaggiare un professionista qualificato per condurre l'indagine. I cercafughe sono strumenti semplici da usare e dal costo accessibile, ma per individuare le fughe è necessario "annusare" ogni punto dell'impianto. Questo è facile lungo tubazioni, valvole e giunti, ma diventa difficile, se non impossibile, individuare piccoli fori nelle cupole gasometriche e in altri punti difficilmente accessibili. Inoltre, questi strumenti in genere non misurano l'entità delle emissioni, ma ne indicano solo la presenza.
Nel caso specifico delle cupole gasometriche, un certo livello di perdite è imputabile alla microporosità delle membrane in plastica. La maggior parte degli impianti italiani ha una copertura a doppia membrana, con quella più esterna tenuta in pressione da una soffiante. Le perdite di metano per diffusione, eventuali fori o lacerazioni attraverso la membrana interna, si possono dunque rilevare e calcolare facilmente analizzando l'aria in uscita dall'intercapedine. Secondo uno studio condotto dal Crpa, il Centro Ricerche Produzioni Animali, le perdite di metano dalle cupole, oltre a rappresentare un impatto ambientale, hanno anche un costo economico che varia dai 700 euro l'anno (0,1% di CH4 nell'aria in uscita dall'intercapedine fra le membrane) ai 35.040 euro l'anno (5% di CH4 nell'aria in uscita dall'intercapedine fra le membrane).
È innegabile che gli impianti di biogas emettano metano nell'atmosfera, ma secondo l'autore il problema viene troppo enfatizzato dai pregiudizi cognitivi che abbiamo più volte denunciato in questa rubrica, in particolare la tendenza a generalizzare casi specifici di impianti progettati o gestiti male all'intero settore agroenergetico.
Non è necessario essere laureati in chimica ambientale per capire che gli impianti più datati, privi di copertura della vasca di stoccaggio e poco manutenuti, sono fonti di emissioni di metano e cattivi odori. Per fortuna, però, oggi questi impianti costituiscono l'eccezione piuttosto che la regola.
In un impianto ben gestito, il proprietario ha interesse a minimizzare le emissioni fuggitive di metano, in quanto rappresentano una perdita economica. L'eventuale emanazione di una norma che consenta la misurazione affidabile delle emissioni fuggitive sarà dunque accolta con favore sia dagli investitori e dai gestori degli impianti, sia dagli ecologisti che si oppongono alla loro operatività. I primi potranno finalmente identificare e azzerare le perdite di metano migliorando i propri profitti, mentre i secondi potranno finalmente dormire sonni tranquilli riguardo all'effettivo valore ecologico della digestione anaerobica.
Siamo però ancora lontani dall'auspicato traguardo, perché il problema non riguarda solo la tecnologia di rilevamento. Bisognerà anche definire la frequenza dei rilevamenti, perché le emissioni non sono necessariamente continue (si pensi, ad esempio, allo sfiato delle valvole di sovrappressione, che avviene in modo casuale e per brevissimi istanti) e la metodologia per calcolare la portata effettiva di metano in atmosfera.






























