Quella del Chianti è un'area vocata alla produzione di vini di alta qualità, il cui pregio è riconosciuto in tutto il mondo. L'interazione tra agricoltura e paesaggio ha dato vita ad un circolo virtuoso che ha plasmato le aree rurali intorno ai borghi storici, creando un ambiente dal grande fascino, che richiama turisti da ogni dove.

 

Potremmo dire che quella del Chianti è una agricoltura ricca, ma non per questo priva di problemi. Il successo della viticoltura ha ad esempio reso marginali le altre colture, dall'olivicoltura alla cerealicoltura, fino alle leguminose. Questa monocoltura di distretto provoca problemi alla biodiversità e ha un impatto negativo a livello ambientale.

 

L'abbandono dei terreni marginali o non vitabili, come quelli a fondo valle o con una cattiva esposizione, ha portato all'avanzata del bosco e ha favorito il proliferare dei cinghiali, vero flagello in tutta la regione. L'uso di recinzioni per difendere i vigneti ha a sua volta causato un danno estetico al paesaggio e ha modificato il comportamento delle specie selvatiche.

Leggi anche Nel Chianti si usano gli ultrasuoni contro i cinghiali

La marginalizzazione delle colture diverse dalla vite ha indebolito le filiere secondarie, diminuendo le fonti di reddito per gli agricoltori, esponendoli quindi alle fluttuazioni del mercato del vino e impoverendo il tessuto produttivo locale.

 

Superfici agricole nel Chianti

Superfici agricole nel Chianti

(Fonte foto: Regione Toscana)

 

L'agroecologia nel Biodistretto del Chianti

A fronte di questi problemi, la cui portata deve comunque essere rapportata ad un territorio con una agricoltura di successo, le aziende agricole sono fortemente interessate ad intraprendere un percorso di miglioramento, che renda il settore più sostenibile sia sotto il profilo ambientale che economico.

 

Da qui nasce l'interesse del Biodistretto del Chianti, realtà che raccoglie le aziende biologiche della regione, per l'agroecologia e il progetto Uniseco. "L'agroecologia è un approccio olistico all'agricoltura che ha come obiettivo quello di fornire servizi ecosistemici alla collettività e al contempo assicurare la sostenibilità economica delle aziende agricole", spiega Andrea Povellato, ricercatore del Crea, Ente che ha partecipato al progetto Uniseco finanziato dall'Unione Europea attraverso il programma Horizon 2020 e volto proprio ad esplorare le potenzialità dell'approccio agroecologico.

 

Per servizi ecosistemici si possono intendere vari benefici a favore del territorio. Ad esempio conservare il tipico paesaggio del Chianti, fatto di vigneti e casolari, ma anche uliveti e campi di grano, borghi e filari di cipressi. Tutelare la biodiversità, sia nelle aree selvatiche sia in quelle coltivate. Come anche ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e fare un uso più razionale degli agrofarmaci e dei fertilizzanti.

 

"Nell'area del Chianti circa un terzo delle aziende agricole è in regime di biologico, che è un approccio all'agricoltura in generale più sostenibile rispetto al convenzionale, ma che presenta anche degli aspetti negativi e di debolezza", sottolinea Povellato. "L'agroecologia è solamente in parte sovrapponibile al metodo biologico, in quanto annovera un ventaglio più ampio di pratiche e soprattutto ha come principio cardine l'individuazione di soluzioni calate sulla realtà territoriale della singola azienda agricola e non valide a livello generale per tutti".

Leggi anche L'agroecologia in otto parole chiave

L'agroecologia nel Biodistretto del Chianti

Ma nel concreto che cosa vuole dire fare agroecologia nel Chianti?

 

Sono diverse le azioni intraprese:

  • Favorire la produzione del compost in loco, utilizzato poi per la concimazione organica.
  • Garantire l'inerbimento dei vigneti.
  • Effettuare una difesa mirata contro insetti e patogeni.
  • Rivitalizzare filiere in decadimento, rivalutando colture minori.

 

Come spiegato da Andrea Povellato, il Biodistretto ha favorito l'acquisto e la condivisione di attrezzature e si sono realizzate delle compostiere comuni, in cui ogni agricoltore conferisce gli scarti agricoli, compresi i residui di potatura, per produrre compost poi reimpiegato nella concimazione organica del vigneto. In questo modo si sono recuperati i sarmenti che solitamente venivano bruciati, con ricadute ambientali negative.

 

La concimazione del vigneto viene affidata al compost autoprodotto

La concimazione del vigneto viene affidata al compost autoprodotto

(Fonte foto: Biodistretto del Chianti)

 

Si è adottato l'inerbimento dell'interfilare come pratica per ridurre i fenomeni di erosione e lisciviazione dei nutrienti. La semina di essenze da sovescio è fonte di arricchimento del suolo di sostanza organica. Una pratica che tuttavia deve essere valutata anche in relazione alla gestione idrica del terreno, sempre più critica a causa dei cambiamenti climatici.

 

Si è poi potenziato il servizio di monitoraggio di insetti e funghi patogeni. Nello specifico sono state installate nuove capannine meteo per il rilevamento delle condizioni ambientali e si è rafforzata la rete di assistenza tecnica con l'obiettivo di effettuare una difesa precoce e sostenibile in vigneto.

 

Inoltre si è sostenuto lo sviluppo di filiere locali di prodotti minori e la riscoperta dell'olivicoltura. La coltivazione di ortaggi di alta gamma, destinati ai ristoranti della zona, ha rappresentato ad esempio uno strumento di diversificazione importante, che ha prodotto ricchezza e ha sostenuto una filiera locale.

 

Agroecologia, un approccio di distretto

"Il ruolo svolto dal Biodistretto è fondamentale in quanto una realtà come quella del Chianti, caratterizzata da piccole aziende agricole, ha bisogno di un soggetto che coordini gli sforzi e che assicuri anche servizi ai propri soci, come ad esempio la consulenza tecnica, essenziale per implementare i principi dell'agroecologia", sottolinea Povellato.

 

Agroecologia che in un certo senso ha anche influenzato l'attuale Pac, che ha fatto della sostenibilità ambientale uno degli obiettivi trainanti. Le pratiche legate alla condizionalità rafforzata, come anche la possibilità di aderire agli Ecoschemi e agli impegni agroclimaticoambientali contenuti nei Complementi Regionali di Sviluppo Rurale (Csr), offrono una interessante fonte di finanziamento delle pratiche agroecologiche.