Il business dell'italian sounding in Europa è il doppio dell'export alimentare italiano nel Vecchio Continente: 26 miliardi di euro il primo, 13 miliardi il secondo.

La denuncia è dell'Osservatorio Italia in Testa, che indica la strada al Belpaese su come porre fine o comunque limitare questa situazione: un marchio di origine per tutelare il made in Italy, l'industria alimentare italiana e i consumatori.

L'imitazione dei prodotti italiani è un business enorme non solo in Europa, ma anche in Nord America. Qui il giro d'affari fattura circa 24 miliardi di euro, a fronte di un export alimentare italiano di 3 miliardi. Nel resto del mondo (paesi extra Ue ed extra Nord America) l'italian sounding produce un business di 10 miliardi di euro, contro un export di prodotti targati made in Italy di 4 miliardi di euro.

Di questa situazione se ne è discusso ieri, presso la sede del Parlamento Europeo a Roma, nel convegno “Prospettive di tutala del made in Italy alle porte dell'Expo”, organizzato dall'Osservatorio stesso.

La nuova direttiva europea che abolisce l'obbligo di indicare la sede dello stabilimento di produzione non ha aiutato il nostro mercato interno – ha sottolineato Vito Giambiero Gulli, consigliere Federalimentare – Nei prossimi mesi chiederemo all'Europa un maggiore impegno per la tutela dei nostri prodotti. Si dovrà ritenere di produzione made in Italy solo i prodotti che indicano in maniera chiara il luogo in cui sono stati prodotti”.

Il reato di contraffazione non riguarda solo l'italian sounding – ha spiegato Annaluce Licheri, presidente dell'Osservatorio Italia in Testa – La normativa italiana prevede specifiche sanzioni per la contraffazione di tutti prodotti. E' stata anticipata la soglia di punibilità, e anche il falso d'autore è un reato”.

Amedeo Teti, direttore generale per la politica commerciale internazionale del ministero dello Sviluppo economico, ha poi posto il tema sull'etichetta. “E' necessario creare un marchio di origine con consenta di individuare il luogo di provenienza del prodotto, così come già fatto in Svizzera e Francia. Si tratta di un dato oggettivo che tutela  e informa il consumatore in maniera corretta. E' una misura necessaria per il mercato interno e per dare linfa all'industria italiana”.

La contraffazione è un danno per l'intera economia del Paese – ha concluso Gaetano Dentamaro, presidente della Sezione Agroalimentare Confindustria Bari – il valore dei falsi in Italia si attesta sui 6,5 miliardi di euro, e sottrae oltre 5 miliardi di gettito fiscale”.


Autore: Lorenzo Pelliconi