"Quasi un'azienda su 3 ha partecipato negli ultimi 5 anni a corsi di formazione professionale - ha evidenziato il presidente del Cno Gennaro Sicolo - La sensibilità verso le nuove conoscenze è particolarmente spiccata presso i giovani ed i titolari di imprese più strutturate ed orientate al mercato. La tipologia di corsi più frequentata è quella relativa alla gestione agronomica della coltura ed alla condizionalità".
Il monitoraggio Cno ha evidenziato come molte aziende olivicole italiane tendano a diversificare la loro attività economica, mettendo insieme la produzione di olio di oliva con le attività di agriturismo e di prima lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli aziendali. Circa un'azienda su sette svolge attività di tipo multifunzionale; una tendenza che si riscontra soprattutto nelle Regioni del Centro Italia e nei territori nei quali si trovano attrazioni turistiche e culturali.
L'orientamento alla qualità è dimostrato dalla spinta specializzazione a favore della produzione di extravergine. Delle aziende intervistate dal Cno, circa l'86% produce esclusivamente extravergine. Oltre a essere un indice di attenzione alla qualità, questo dato è anche "un indicatore del successo conseguito grazie alla politica di perfezionamento dei processi produttivi che gli olivicoltori italiani stanno perseguendo, anche con l'ausilio delle Op".
Cresce anche l'orientamento al mercato da parte degli olivicoltori italiani. Un terzo delle aziende analizzate ha dichiarato di curare con particolare attenzione la ricerca dei migliori canali commerciali, la promozione, l'etichettatura e l'affermazione del marchio aziendale. Il 15% dei produttori ha commercializzato il proprio olio in Regioni diverse da quella dove è localizzata l'azienda.
"Dalla nostra indagine - ha concluso Sicolo - emerge anche un certo interesse da parte dei produttori nei confronti del sistema organizzato e, in particolare, delle cooperative e delle Op. Si va radicando così la consapevolezza che per essere protagonisti sul mercato c'è bisogno di un'olivicoltura organizzata e di un'efficace aggregazione del mondo produttivo".
I fattori di debolezza
La ricerca ha messo in luce la presenza, ancora forte, di aziende di piccola dimensione economica e con superfici olivicole suddivise in più corpi fondiari, tali da non consentire una razionalizzazione dei processi produttivi.
Altro fenomeno rilevato che desta qualche preoccupazione è una certa bassa propensione agli investimenti, verosimilmente dovuta alla critica situazione economica degli ultimi anni. Solo il 21% delle aziende intervistate ha dichiarato di avere eseguito investimenti nel corso degli ultimi 3 anni. La maggior parte si è dunque limitata alla ordinaria amministrazione, preferendo mantenere un basso profilo di rischio.
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