Peccato davvero che il ministro Mario Catania, pressato tra impegni istituzionali e doveri di rappresentanza, non sia riuscito a trovare un ritaglio di tempo per recarsi a Cremona, dove si svolgeva la Fiera internazionale del bovino da latte. Due passi fra i numerosi stand e qualche scambio di opinione con gli allevatori che hanno affollato il quartiere fieristico (oltre 78mila presenze, un record), gli avrebbero confermato i segnali, che certo gli sono noti, della rivoluzione che è alle porte e che viaggia su due binari. Da una parte il progresso tecnologico e dall'altra la difficile congiuntura economica, stanno cambiando i connotati degli allevamenti. Ma non tutti sopravviveranno al vento della trasformazione. Disporre gli strumenti che riducano il numero dei “caduti” sul campo, è compito che spetta a chi manovra i fili della politica agricola italiana, non sempre così puntuale come sarebbe necessario, un problema quest'ultimo che ha radici antiche.

 

Efficienza, prima di tutto

A Cremona si è percepito che la parola d'ordine che sta guidando la trasformazione in atto è la ricerca della massima efficienza, strada maestra per comprimere i costi di produzione. Ecco allora che nella selezione degli animali avanza a grandi passi la genomica che grazie alle nuove tecnologie di sequenziamento dei geni consente di indirizzare più rapidamente e con maggiore precisione la selezione animale. E non solo quella delle bovine da latte, ma anche delle bufale. E' da tempo che questo allevamento si sta espandendo dal suo tradizionale areale, Campania soprattutto, per migrare nelle pianure del Nord. Non è un caso se la prima bufala sulla quale è stata fatta una mappatura dei geni è allevata in provincia di Cremona. E non è un caso se Avantea, società che si occupa di ricerca nella genetica animale, guidata da Cesare Galli, “padre” di Galileo, primo toro clonato, ha sede nei pressi di Cremona.

 

Abbassare i costi

Animali dalle ottime prestazioni produttive, con una buona resistenza, una sufficiente longevità e capaci di fornire latte di qualità, è quanto promette la selezione e i risultati già si possono apprezzare, come si è visto nei concorsi e nelle sfilate di animali che hanno animato la kermesse cremonese. Ma non basta. I costi di produzione del latte in Italia sono più elevati rispetto ad agli altri Paesi della Ue. Lo hanno confermato, pur con cifre differenti, tutti gli economisti che si sono alternati nei tanti incontri che hanno dato voce alla fiera di Cremona. Un problema, questo degli alti costi di produzione, che ci trasciniamo da tempo e che ha molteplici componenti. Infrastrutture insufficienti, costi dei trasporti, aumento della bolletta energetica, per citarne alcuni, sono fattori sui quali gli allevatori non hanno strumenti per intervenire, se non denunciandone al “Palazzo” le difficoltà che essi generano. E' nelle stalle che però gli imprenditori zootecnici possono agire utilizzando le innovazioni tecnologiche che il mercato propone. I segnali si sono visti a Cremona, con le tante proposte di mezzi e strumenti per la produzione di energia rinnovabile, dal fotovoltaico al biogas, che soprattutto negli allevamenti abbina attenzione all'ambiente e redditività aziendale. Senza dimenticare il benessere animale che fra gli stand della fiera di Cremona si faceva notare con prepotenza. Perché gli allevatori sono i primi a sapere che il rispetto delle norme su questa materia più che un obbligo è un'opportunità per migliorare l'efficienza della stalla.

 

Attenzione alla Pac

Tanta attenzione a costi ed efficienza produttiva non è solo la risposta ad una difficile congiuntura di mercato, che si esprime anche nelle difficoltà che ogni volta si ripresentano nelle trattative per rinnovare gli accordi sul prezzo del latte. All'orizzonte c'è la riforma della Pac e la sua “rivoluzione” nei modi e nei contenuti dei sostegni all'agricoltura. Se ne è parlato a lungo e in molte occasioni anche a Cremona. Quale sarà l'assetto finale che Bruxelles darà all'agricoltura europea è prematuro ipotizzarlo. Ma su un punto tutti gli osservatori concordano: i sostegni all'agricoltura e agli allevamenti in particolare sono destinati a ridimensionarsi. Per di più quando la riforma diverrà operativa (e molti ipotizzano un ritardo, forse il 2015, o anche oltre), le quote latte cesseranno di esistere e gli allevatori europei saranno liberi di produrre quanto vogliono. Per l'Italia, forte importatrice di latte, le reazioni del mercato potrebbero essere penalizzanti. Per mettersi al riparo da queste conseguenze gli allevatori non hanno che un arma, ridurre il più possibile i costi di produzione del latte. Ci riusciranno? A Cremona si sono viste le tecnologie e gli strumenti che servono per raggiungere questa meta. Poi occorre aggiungere un disegno di politica agricola nazionale che favorisca questo percorso. Ma a Cremona questo disegno non si è visto e nemmeno si è visto il “pittore” incaricato di realizzare il dipinto.