Esistono due varietà selvatiche di panico verga: Lowland, originaria delle zone umide temperate del Centro-Nord degli Usa, e Upland, originaria delle zone calde semi-aride del Sud. In Italia la cultivar commerciale, derivata dalla varietà selvatica Lowland, si chiama Kanlow ed è adatta alle caratteristiche pedoclimatiche del Centro-Nord. La cultivar commerciale Alamo deriva dalla varietà selvatica Upland ed è stata testata in Puglia dal Gruppo Panacea (Rif. [i]). La sperimentazione ha evidenziato una criticità: il clima pugliese consente la sopravvivenza del panico verga quando l'apparato radicale è già ben sviluppato, ma il clima pugliese è troppo secco per consentire l'attecchimento per semina diretta. La soluzione migliore si è dimostrata la coltura in semenzaio ed il trapianto delle plantule quando queste raggiungono i 30 centimetri. In ogni caso, gli ambienti caldo-aridi del Meridione rendono necessario un minimo di apporto idrico per consentire al panico verga di rendere quantità di biomassa accettabili. Durante il primo anno è sconsigliata l'applicazione di azoto per evitare la proliferazione di malerbe. La pianta si secca e subisce dormienza durante l'inverno, ricacciando in primavera. Dal secondo anno, sono necessari apporti di 50-100 chilogrammi N/ha, specialmente nel caso di coltura irrigua. Una corretta gestione agronomica consente di ottenere rese annuali di 25 tonnellate di sostanza secca per ettaro, a partire dal terzo anno d'impianto.
Studi realizzati negli Usa indicano una resa di bioetanolo pari a 333,8 l/ton, la resa agronomica è pari 3.477 l/ha, all'incirca uguale alla produzione ottenibile dagli stocchi residui della coltivazione di mais da granella nelle stesse condizioni pedoclimatiche e con minimo input agronomico (Rif. [ii]). Secondo lo stesso studio, il rapporto teorico fra l'energia del bioetanolo prodotto e l'energia dei combustibili fossili consumati nell'intera filiera del panico, è di ben sette volte. Prove in campagna hanno dato rapporti reali di 5,4 volte.
I benefici ambientali della coltivazione del panico verga a scopo bioenergetico sono: cattura e accumulo nel terreno di carbonio atmosferico, creazione di habitat per la microfauna e supporto alla biodiversità, controllo naturale delle infestanti, minori emissioni di NO2 - gas d'effetto serra 290 volte più potente della CO2 - rispetto alla coltura di mais perché il panico verga richiede minore apporto di azoto nel terreno. Le radici del panico verga sono circa tre volte più dense di quelle del mais nei primi 15 centimetri di suolo, e arrivano fino a 1,5 metri di profondità, per cui lo stabilimento di una coltura perenne di panico verga è utile per stabilizzare terreni soggetti all'erosione. Il momento più conveniente per il raccolto del panico verga è alla fine dell'inverno, mentre la biomassa è ancora secca, perché in questo periodo i costi di trasporto vengono minimizzati e la ricrescita primaverile favorita. La sua produttività di semi è di 500-1.000 chilogrammi per ettaro, questi ultimi si possono separare facilmente con gli stessi macchinari utilizzati per il frumento e destinare a semina oppure come mangime per polli. Complessivamente, la coltura su terreni marginali del panico verga, avente come scopo la produzione di bioetanolo di seconda generazione, è più sostenibile di quella del mais.
La biomassa secca di panico verga ha un discreto potere calorifico, 17-17,5 MJ/kg , comparabile a quelli del miscanto e della canna comune, per cui è potenzialmente adatta per la produzione di pellet erbacei.
I pellet di biomasse erbacee
Il vantaggio del panico sta nella possibilità di propagazione mediante semi anziché per divisione dei rizomi. Tuttavia, durante le prove del progetto Biocolt (Rif.[iii]) nessuna delle parcelle di prova seminate con panico verga è stata in grado di garantire un buon livello di attecchimento e di competizione con le malerbe.
Il Bmp (potenziale metanigeno) del panico verga fresco è stato studiato da un gruppo di ricercatori canadesi (Rif.[iv]) utilizzando un Ampts II (Anaerobic methane potential test system di seconda generazione), inoculo prelevato da un digestore alimentato con biomasse varie, seguendo un protocollo di prova molto simile a quello dell'Iwa 2016 e alla norma italiana UNI 11703:2018.
La Tabella 1 mostra le caratteristiche della biomassa fresca al momento della sua raccolta (medie di due campionamenti, uno a luglio e l'altro a ottobre).
Tabella 1: Caratteristiche medie della biomassa fresca di Panicum virgatum
(Baute et al., 2018)
Clicca sull'immagine per ingrandirla
Conclusioni
Il panico verga presenta una serie di vantaggi, rispetto ad altre colture di biomasse erbacee, in termini di compatibilità ambientale, immobilizzazione di carbonio nel suolo, resa e qualità della biomassa. Tuttavia, le esperienze condotte, sia nel Nord che nel Sud del nostro paese, hanno evidenziato alcuni problemi in merito alla sua adattabilità all'ambiente mediterraneo. E' utile sottolineare l'importanza della scelta della cultivar adatta alla latitudine, perché il panico è sensibile al fotoperiodo. Nel caso delle esperienze condotte in Veneto, la cultivar più problematica è stata precisamente la Alamo, derivata da un tipo selvatico delle Uplands del Texas, e quindi sarebbe più adatta alle latitudini dell'Italia meridionale, a prescindere da altri fattori come irrigazione e input agronomici.
Bibliografia
[i] Scarcella M., Mastrorilli M., Sviluppo delle colture energetiche in Italia - sezione B capitolo 1, Cra - Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, 2011.[ii] Farm-energy, switchgrass (Panicum virgatum) for biofuel production, 2019.
[iii] Veneto agricoltura, progetto Biocolt.
[iv] Curtis Baute, Laura L. Van Eerd, Darren E. Robinson, Peter H. Sikkema, Maryam Mushtaq, and Brandon H. Gilroyed; Comparing the biomass yield and biogas potential of Phragmites australis with Miscanthus x giganteus and Panicum virgatum grown in Canada, Energies 2018, 11(9), 2198; testo completo di accesso libero.