I primi risultati della ricerca, guidata dal genetista Mario Enrico Pè, direttore dell’Istituto di scienze del Sant’Anna di Pisa, sono pubblicati oggi sulla rivista scientifica Genome Biology, per merito di un gruppo di lavoro internazionale, composto da istituzioni come l’Istituto di genomica avanzata di Udine, l’Università di Udine, l’Università di Bologna, l’Università di Gent, l’Istituto di Biotecnologie delle Fiandre, il Jackson Laboratory negli Stati Uniti, le quali hanno condiviso in maniera sinergica competenze e metodologie complementari, sotto la direzione degli scienziati italiani. L’identificazione dei geni, e delle rispettive sequenze di regolazione genica, coinvolti nella determinazione delle caratteristiche della pianta di mais e della sua risposta alle condizioni ambientali, fa aumentare il livello di efficienza del miglioramento della pianta e consente di individuarne le caratteristiche future. La nuova popolazione, il Magic maize, permette “un significativo salto in avanti – anticipano gli scienziati – nella genetica del mais” e quindi nel miglioramento complessivo delle coltivazioni.
Superare l’era genomica: i vantaggi per la coltivazione del mais
Negli ultimi dieci anni la capacità di caratterizzare la diversità degli organismi viventi è aumentata in maniera esponenziale, soprattutto grazie alle tecniche di sequenziamento genomico. Mentre si sono semplificati in maniera straordinaria l’osservazione e l’ordinamento dei nucleotidi che compongono il Dna di piante e di animali, resta da fare molta strada per comprenderne la funzione biologica e il significato in termini evolutivi. Nel mais, caratteri come la produzione, il valore nutrizionale, la risposta a condizioni di crescita non ottimali e ai parassiti sono tutti determinati da una base genetica complessa. L’identificazione dei meccanismi molecolari alla base di tali caratteri promette di affrontare con rinnovata energia le sfide poste dall’agricoltura moderna e rappresentate, in prima istanza, dai cambiamenti climatici e dall’aumento della popolazione mondiale. Identificare i geni che sottendono a questi caratteri per il mais significa avere la possibilità di selezionare le piante più promettenti con efficienza molto maggiore.
“Magic maize”, la strada che ha portato alla sua nascita
La determinazione della diversità molecolare rapportata alle caratteristiche fisiche misurate è la “leva” statistica usata dagli scienziati per comprendere il ruolo di specifiche regioni del genoma nel determinare i caratteri di interesse agronomico, identificandone i geni. La popolazione “Magic maize” sviluppata alla Scuola superiore Sant’Anna è il risultato di uno schema innovativo di incroci con l’intento di unire la diversità di otto linee divergenti di mais in una collezione di oltre 1600, i cui genomi sono un composizione “ad arlecchino” dei genomi dei genitori. Questo obiettivo scientifico è stato ottenuto realizzando incroci multipli tra gli otto genitori secondo tutte le permutazioni possibili. Questo disegno di incrocio, mutuato dalla genetica del topo e applicato per la prima volta al mais, permette di condurre studi di genetica con un’efficienza mai sperimentata, unendo l’informazione proveniente dal sequenziamento del genoma dei genitori e della loro espressione genica.
“L’articolo su ‘Genome Biology’ – commenta Mario Enrico Pè - dimostra come il team di scienziati sia stato capace di utilizzare la popolazione ‘Magic maize’ per identificare geni coinvolti nella fioritura, nello sviluppo e nella capacità produttiva in modo efficiente e modulare. Le conoscenze sviluppate e quelle che deriveranno dall’impiego del ‘Magic maize’, rese disponibili per i ricercatori di tutto il mondo, contribuiranno alla progettazione del ‘nuovo’ mais, nella prospettiva di un’agricoltura efficiente e sostenibile. Abbiamo l’ambizione di rendere questo mais – aggiunge - l’elemento centrale di una piattaforma avanzata: attraverso questa risorsa, strati successivi di conoscenze, che deriveranno dall’applicazione di studi agronomici, genomici, fisiologici, bioinformatici, convergeranno per contribuire alla costruzione del mais del XXI secolo che potrà fornire un valido supporto perfino nella lotta contro le carestie, anche di quelle provocate dai cambiamenti climatici”.
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Fonte: Scuola superiore Sant’Anna