Sono appena 9 su 400 milioni di abitanti. Ma iniziano a far rumore.
Stiamo parlando degli agricoltori: l'ultima settimana è stata caratterizzata da proteste in tutta Europa.
Non solo in Germania, da dove le immagini delle migliaia di trattori che occupavano piazze e autostrade si sono imposte su tutti i media continentali ma anche in Francia, in Polonia e fino in Bulgaria gli agricoltori sono scesi in piazza per protestare.
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L'esempio da seguire è stato quello degli agricoltori allevatori olandesi che, con il loro partito (Farmer Citizen Movement/Boer Burger Beweging BBB), lo scorso marzo sono riusciti a vincere le elezioni provinciali nel loro paese con forti istanze di protesta contro le politiche ambientali del governo. Allora si è capito che gli agricoltori possono contare, avendo questi un forte appeal verso i cittadini orientati a valori conservatori e tradizionali.
Ricordiamo che siamo in prossimità delle elezioni europee (il prossimo giugno) e che la capacità dei movimenti agricoli di destare simpatia su determinate fasce di elettori ha stimolato un certo interesse politico. In pratica il centro destra (incluso il grande Partito Popolare Europeo) ha iniziato ad avversare gli ambientalisti cercando di fare cambiare idea alla Commissione Europea rispetto alla strategia Farm to Fork. Il centro destra chiede misure ambientali meno draconiane e un aumento della produzione anche attraverso nuove tecnologie. Gli ambientalisti parlano allora di "populismo rurale".
Che l'agricoltura dopo decenni riprenda la ribalta certo non meraviglia.
I tempi sono complicati tra guerre, stravolgimenti ambientali, nuove tecnologie, nuovi equilibri produttivi e distributivi, accordi internazionali (si pensi al prossimo Ue-Mercosur) e il crescente interesse della finanza sul cibo.
Tutto questo nei prossimi venti anni comporterà una profonda modifica dell'agricoltura e della proprietà fondiaria. E i produttori agricoli questo iniziano a sentirlo.