Il futuro della distribuzione sul territorio italiano delle superfici vitate e destinate alla produzione di uve da vino dipenderà in parte dall’esito di un pronunciamento del Tribunale amministrativo del Lazio, atteso a giorni, che dovrà decidere sul ricorso presentato dalla regione Veneto contro il Decreto del ministro per le Politiche agricole del 13 febbraio 2018 contenente “Modifica del decreto ministeriale 15 dicembre 2015, n. 12272, recante disposizioni nazionali di attuazione del Regolamento UE n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l’organizzazione comune dei mercati e dei prodotti agricoli. Sistema di autorizzazione degli impianti viticoli”, nella parte riguardante la disciplina nazionale italiana sull’esercizio dei diritti di reimpianto di vigneti da parte di quelle imprese agricole che abbiano effettuato estirpazioni di altri vigneti dal 1° gennaio 2016 ai sensi dell’articolo 66 del Regolamento Ue n.1308/2013.
 

La norma contestata

Ad essere attaccata dal ricorso del Veneto è la disposizione contenuta nel nuovo decreto che si aggiunge all’articolo 10 del previgente DM 12272/2015 e che recita: "Nel caso di trasferimento temporaneo della conduzione, l'estirpazione del vigneto effettuata prima dei 6 anni dalla registrazione del contratto non dà origine ad autorizzazioni all'impianto in una regione differente da quella nella quale è avvenuto l'estirpo". Norma che ha introdotto per i vigneti in affitto un vincolo di conduzione di 6 anni nella regione originaria, prima che la relativa autorizzazione possa trasferirsi in altre regioni.
 

La ratio del ricorso del Veneto

Il ricorso della regione del Veneto poggia sul paragrafo 1 dell'articolo 66 del Regolamento Ue 1308/2013, dove è previsto che “Gli Stati membri concedano automaticamente un'autorizzazione ai produttori che hanno estirpato una superficie vitata successivamente al 1° gennaio 2016 e che hanno presentato una richiesta”, diritto assunto violato da regione Veneto dal nuovo articolo 10 del Dm n. 12272/2015.
Ma si tratta in realtà di un interesse legittimo dell’impresa agricola che trova un bilanciamento territoriale nel paragrafo 3 che invece testualmente recita: “L'autorizzazione di cui al paragrafo 1 è utilizzata nella stessa azienda in cui è stata intrapresa l'estirpazione” disposizione che lega al territorio di estirpo l’esercizio del diritto di reimpianto. Ora occorrerà attendere quale sarà il pronunciamento del Tar Lazio: anche perché al momento, in costanza del ricorso, le regioni non rendono pubblici gli elenchi di attribuzione dei diritti di reimpianto.
 

Il caso Sicilia, 37mila ettari persi in 16 anni

La modifica della norma ora contestata dalla regione Veneto era stata il frutto della pressione politica esercitata delle regioni del Centro-Sud (Campania, Emilia Romagna, Toscana, Umbria), capeggiate da Edy Bandiera, assessore per l'Agricoltura della regione Siciliana nella Commissione politiche agricole della Conferenza Stato Regioni.
Questo perché proprio la Sicilia nel giro di 16 anni - tra 2000 e 2016 - ha perso ben 37mila ettari di vigneto anche grazie alla conduzione in affitto. Un escamotage che ha consentito ad imprese agricole di vaste dimensioni, con base in altre regioni d’Italia, di aggirare il divieto di trasferimento dei diritti di impianto della riserva regionale, introducendo nel contratto di conduzione la possibilità di esercitare da parte del conduttore tanto l’espianto quanto l’esercizio in altro fondo dei diritti non esercitati nell’azienda dove si erano originati mediante l'avvenuto estirpo.
La Sicilia resta la regione con la maggiore superficie vitata, quasi 100mila ettari (Istat, 2016) cioè quasi un sesto del totale italiano, che si attesta sui 640mila ettari. Ma l'isola nel 2000 aveva 136 mila ettari a vigna. Dati opposti, invece, in altre regioni come Veneto, Friuli, Emilia Romagna e Toscana, dove le superfici vitate sono cresciute di migliaia di ettari.
 

La posizione dell'assessore Bandiera

Giù le mani dai nostri vigneti. Le autorizzazioni al reimpianto devono restare in Sicilia" ha affermato qualche giorno fa l’assessore Bandiera, a seguito del ricorso presentato dalla regione Veneto al Tar del Lazio per l’annullamento della norma contenuta nel decreto ministeriale sul sistema di autorizzazioni per gli impianti  viticoli. La posizione di contrasto al fenomeno di depauperamento delle superfici vitate dell’Isola è stata ulteriormente ribadita: “La Sicilia è uno dei fari della vitivinicultura nazionale ed internazionale riconosciuta da tutti gli stakeholder del settore e come tale difenderemo in tutte le sedi opportune il patrimonio dei nostri produttori".
 

La posizione della Cia della Sicilia Occidentale

"La Sicilia deve augurarsi che il Tar respinga questo ricorso. Più che mai c'è bisogno che l'isola sia compatta nell'opporsi a questo tipo di politiche - commenta Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia OccidentaleEvidentemente la grande quantità di superfici vitate siciliane fa gola a molte aziende ma non bisogna permettere l'impoverimento del nostro territorio, trasferendo nelle altre regioni le nostre autorizzazioni, il nostro patrimonio. Sarebbe un fatto gravissimo per la nostra economia e il nostro export, che si fondano per buona parte sulla produzione vitivinicola".