Sono questi i dati emerso ieri durante il convengo “Sicilia, la Vite è Vita: la Sicilia del vino“ tenutosi nelle Cantine Patria a Solicchiata di Castiglione di Sicilia, nel catanese, durante il quale sono stati illustrati i dati tratti dallo studio dell’Area Research di Banca Monte dei Paschi di Siena "Filiera vitivinicola: tendenze e prospettive per l’Italia L’importanza e le potenzialità della Sicilia". Il convengo è stato organizzato in collaborazione con l’Istituto regionale vino e oli della Regione Siciliana ed il Consorzio di tutela dei vini dell'Etna Doc.
La scelta del comprensorio etneo per riflettere sul valore e sulle potenzialità dell’enologia siciliana è un tributo al lavoro fatto in questi anni dal Consorzio di tutela dei vini Etna Doc.
La denominazione, riconosciuta nel 1968, comprende i territori di 21 comuni da Acireale a Zafferana Etnea, in provincia di Catania. I principali vitigni ammessi sono il Nerello Mascalese e il Nerello Cappuccio (a bacca rossa) e il Carricante, il Cataratto e il Minnella (a bacca bianca). I produttori aderenti al Consorzio sono oggi oltre 60, molti dei quali storici custodi della tradizione enologica locali, altri invece sono provenienti di altre regioni ed hanno scelto questa zona della Sicilia orientale particolarmente vocata alla vitivinicoltura e con potenzialità ancora inespresse. Grazie ad investimenti oculati e politiche di miglioramento aziendale che interessano tutta la filiera produttiva, le etichette contrassegnate dalla Doc Etna stanno riscuotendo crescente consenso nelle rassegne specializzate di settore e tra gli appassionati dei vini a forte connotazione territoriale.
”Anche questo è un motivo che ha determinato la scelta di Banca Monte dei Paschi di Siena di puntare su un settore tradizionale dell’economia siciliana e peculiare dell’attività della Banca Mps" ha detto Giovanni Maione responsabile Area Territoriale Sicilia e Calabria di Banca Mps.
Per Maione proprio “Grazie alla vitivinicoltura di qualità si creano i presupposti per lo sviluppo territoriale e l’occupazione, in un settore che ha come principali caratteristiche quelle di essere inamovibile e di fare da locomotiva ad altre attività complementari legate al turismo, alla gastronomia, alla cultura, all’artigianato ed ai servizi”.
E i numeri la Sicilia li ha tutti: con i suoi 101mila ettari, l’isola è il più grande vigneto nazionale, anche se il valore medio dei vigneti rimane ancora basso se confrontato con quelli dei pregio del nord-Italia e la quota relativa all’export è limitata al 2%, un livello ancora molto basso se paragonato, ad esempio, a quello del Veneto che vende fuori Italia circa il 30% della sua produzione, mentre l'Italia in media, dal 2011 esporta il 50% del vino prodotto. Tale situazione rende oggi fragile il settore vino in Sicilia, perché in Italia il mercato interno è in continua e costante contrazione: visto che sono andati perduti 10 milioni di ettolitri di consumi negli ultimi 15 anni.
La Sicilia va comunque affermandosi anche nei segmenti vitivinicoli di alta qualità, con 31 riconoscimenti Doc e Igt e un vino Docg, il Cerasuolo di Vittoria nel ragusano, tutte bottiglie che consentiranno, con la riconoscibilità dei prodotti legati ai territori, di avviare l’espansione sui mercati esteri. Ma a patto che le cantine siciliane abbiano una politica comune.
Le limitate esportazioni del vino siciliano fanno capire che è dall’estero che si deve ripartire: i margini di miglioramento sono davvero notevolissimi ed il futuro del vino siciliano nel mondo potrebbe essere roseo grazie al brand isolano ed alla forte riconoscibilità del territorio, dell’arte e della cultura nel mondo.