Negli ultimi giorni di ottobre 2024 notizie e immagini catastrofiche sono arrivate da Valencia, dove un'alluvione ha devastato la città. Un anno che doveva essere di festa, poiché la città è stata premiata col prestigioso riconoscimento di Capitale Verde Europea, e che invece passerà alla storia per una delle più gravi alluvioni mai accadute negli ultimi cento anni. In pochi giorni è caduta la quantità di pioggia pari alla media annuale.

 

A maggio di quest'anno l'Associazione Pubblici Giardini era andata a visitare Valencia, scoprendo che le alluvioni sono state una costante di questa città. Famose per danni e vittime quelle del 1517 (che non scalfì il più antico ponte della Trinidad), quella del 1651 e, infine, quella del 1957, dopo la quale il fiume Turia fu deviato 3 chilometri più a Sud, spostandolo dal centro città per evitare altre alluvioni.

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E a quel punto Valencia e i suoi cittadini hanno ben pensato di non costruire nel letto del fiume, bensì di realizzare il più grande parco cittadino europeo. Gli eventi di ottobre 2024 paiono una beffa clamorosa. Epicentro dell'alluvione di quest'anno però è stato Paiporta, il quartiere sorto a Sud del centro di Valencia; e a Sud del letto del fiume Turia deviato il secolo scorso. Il fiume esondato è stato il Rio Magro.

 

La sfida delle città spugna e l'impatto del cambiamento climatico

Di fronte a eventi come questo ci si sente impotenti. Da almeno dieci anni si parla e si realizzano opere (anche se in modo limitato, più sperimentali che sistematiche) per trasformare le città in "città spugna", ovvero incrementando gli spazi verdi e riducendo le superfici pavimentate, ma in presenza di eventi come quelli avvenuti a Valencia potrebbe sembrare non servire a nulla.

 

In Italia, a settembre, si è verificata l'ennesima alluvione in Emilia Romagna e il governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, ha fatto una riflessione condivisibile spiegando che in Veneto, nonostante i molti bacini di laminazione già realizzati (casse di espansione) e altri in fase di realizzazione, precipitazioni simili avrebbero comunque potuto creare problemi.

 

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Alluvione a Vicenza

(Fonte: Alessandro Bedin - Associazione Pubblici Giardini)

 

Quando avvengono queste catastrofi si tende a banalizzare trovando dei capri espiatori; il più classico è la mancanza di manutenzione dei corsi d'acqua. Quasi nessuno evidenzia quanto l'impermeabilizzazione del suolo abbia trasformato il territorio di tutte le città rendendolo meno assorbente e convogliando nelle fognature e nei corsi d'acqua milioni e milioni di metri cubi di acqua.

 

In Emilia Romagna lo stesso quantitativo di pioggia caduta a settembre 2024 si è verificato, nello stesso periodo, nel 1979. Ma nell'arco di quei 45 anni sono stati impermeabilizzati 11mila ettari di suolo. Trarre le conclusioni di questo resoconto non è per nulla semplice, anzi, assai complesso. In questi ultimi vent'anni si è negato, chiacchierato… intanto i costi dovuti ai cambiamenti climatici sono stati 2.800 miliardi; e si sa bene che prevenire costa meno che intervenire d'emergenza.

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Ecco, forse bisogna evitare di dare risposte semplici o semplicistiche ad eventi come questi e fare una analisi complessa. Sono importanti le manutenzioni dei corsi d'acqua? Certo, ma non basta. Sono importanti opere idrauliche come bacini di laminazione e casse di espansione? Certo, ma non sono sufficienti. Sono importanti gli interventi sistematici per rendere le nostre aree urbane più assorbenti come spugne aumentando le superfici verdi e assorbenti? Certo, ma non con interventi limitati e sperimentali, blandi, occasionali, ma in modo sistematico e convinto. È importante fermare il consumo di suolo con la sua impermeabilizzazione. Certo, è molto importante e più significativo degli altri interventi sopra citati.

 

Tutti questi interventi messi insieme (manutenzione corsi d'acqua, depavimentazione, più spazi verdi, bacini di laminazione, zero consumo di altro suolo), possono risolvere la situazione rispetto eventi meteo estremi come quello accaduto a Valencia? No, possono ancora non essere sufficienti, ma potrebbero aiutare a creare molti meno danni se attuati tutti insieme con determinazione e continuità.


A cura di Alessandro Bedin, presidente dell'Associazione Pubblici Giardini


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