Immaginate dieci anni senza mai andare al cinema o senza comprare più smartphone e tablet. O, se preferite, 2 anni di fila senza acquistare e leggere nemmeno un libro o 3 senza nemmeno una partita di calcio… Solo con questi paragoni, forse, ci si può rendere conto dell’astronomico ammontare dei tagli alla spesa alimentare registrati negli ultimi 12 mesi: un "piccolo" -3%, che corrisponde però, in valore, a quasi 7 miliardi di euro.

 

La percentuale sale a -10% se prendiamo in esame gli ultimi 5 anni, con dispense e frigoriferi più “leggeri”, in questo caso, di ben 20 miliardi di euro

 

Nonostante la relativa tenuta della produzione (-1,4%) e la buona risposta dell’export (+8%), nel 2012 l’industria alimentare ha iniziato a pagare le conseguenze di una crisi che dura ormai da troppi anni.

 

E, alle soglie del 2013, arrivano tre concreti segnali di preoccupazione per la competitività del settore: calano gli investimenti (dal 58% al 45% le imprese che effettueranno investimenti nel prossimo biennio), l’occupazione (persi 5.000 posti di lavoro) e l'accesso al credito (un terzo delle imprese che hanno chiesto un fido ha avuto un esito negativo).

 

In occasione della presentazione del bilancio 2012 dell’industria alimentare e della valutazione delle prospettive per il 2013, il presidente di Federalimentare Filippo Ferrua Magliani ha sottolineato la preoccupazione con cui il comparto guarda al futuro e ha proposto al nuovo Governo un documento programmatico per il rilancio.

 

Fondamentale per Federalimentare la riduzione della pressione fiscale fermando ogni tassazione impropria, come food tax o accise, ma anche evitare l’aumento dell’aliquota del 21% previsto a luglio 2013 e ridurre l’incidenza fiscale dei costi di trasporto e dell’energia. Bisogna sostenere l'internazionalizzazione, adottare una politica fieristica chiara e lungimirante e lottare contro la contraffazione. Infine, partecipare attivamente al dibattito sulla revisione della Pac, in particolare riguardo ai temi dell’approvvigionamento e della security alimentare.

 

 

In due anni 5mila posti di lavoro in meno
L'occupazione del settore alimentare chiude il 2012 con un valore di segno negativo per il 6,6% delle imprese: circa 5mila posti di lavoro in meno negli ultimi due anni. Secondo l'analisi congiunturale Format Research-Federalimentare, condotta su un campione di 1.000 imprese, sono circa il 10% le aziende che hanno dichiarato di aver dovuto ridurre l'organico. Va però rilevato che, di contro, circa il 4% delle imprese prevede nuove assunzioni nel 2013.

 

Meno investimenti, meno accesso al credito
Il 45% delle imprese alimentari ha dichiarato di essere intenzionato ad effettuare investimenti nel biennio 2013-14: -13% rispetto al 2011-2012.  Ma non va troppo bene per i  “coraggiosi” che decidono di investire: in un anno un terzo delle aziende che hanno fatto richiesta di accesso al credito hanno visto accordato un ammontare inferiore a quello richiesto o hanno visto la richiesta non accolta. A essere penalizzate maggiormente sono soprattutto le piccole realtà.

 

Tiene la produzione
Secondo le stime del Centro Studi Federalimentare, nel 2012 il fatturato dell'industria alimentare ha raggiunto i 130 miliardi di euro, +2,3% sul 2011 legato esclusivamente all’effetto prezzi. Infatti la produzione in termini quantitativi è calata del -1,4% sull’anno precedente a parità di giornate lavorative.

 

La crisi colpisce il valore aggiunto dell'alimentare
Il “dimagrimento” dei consumi ha innescato, negli ultimi anni, il calo di una variabile strategica come il valore aggiunto espresso dal settore alimentare, sceso, dal 2007 a oggi, di quattro punti in valori concatenati: si compra di meno e, quando si compra, si tende e ascegliere prodotti più economici.

Eppure anche in un momento difficile per l'economia del Paese, l’industria alimentare è riuscita a contenere i prezzi dei prodotti alimentari, confermando il suo ruolo calmieratore: nel tempo, infatti, le dinamiche dei prezzi alimentari al consumo (e più ancora a monte, a livello di prezzi alla produzione) sono state inferiori all’inflazione.
E questo, malgrado le due impennate (2007-2008 e 2011-2012) delle quotazioni delle commodity agricole. Secondo elaborazioni del Centro Studi Federalimentare, i prodotti dell’industria alimentare hanno registrato nel gennaio scorso un +2,0% sullo stesso mese del 2012, confermandosi sotto il tasso di inflazione (+2,2%).

Diversa la dinamica dell’alimentare “fresco”, che invece ha registrato a gennaio una netta accelerazione, segnando un +4,8% sui dodici mesi. In realtà, sono ben altre le voci che gravano sul “carrello della spesa” degli italiani. Basta dire che, sull’arco gennaio 2012 - gennaio 2013, i prodotti energetici sono saliti del +5,4%.

 

Meno male che c'è l'export
Con i consumi interni in recessione, le aziende puntano sempre di più sull'export: nel 2012 ha toccato i 24,8 miliardi di euro (+8% sul 2011), con un'incidenza sul fatturato totale dell'industria alimentare del 19%. E’ la percentuale più alta di sempre, ma inferiore a quella di Germania, Francia e Spagna, che oscillano tra il 22% e il 29%.

Contribuisce a questo gap la grande frammentazione del settore, composto per lo più da piccole e piccolissime aziende, che hanno maggiori difficoltà ad andare sui mercati più lontani e promettenti.