Nonostante la crisi, c'è la possibilità "di pensare ad un settore dell'ortofrutta leader sui mercati", come ha dichiarato il presidente di Confagricoltura Mario Guidi.
"Oggi abbiamo l'occasione – ha spiegato – per pensare in grande, accettando le sfide della competitività e della produttività. Ma insieme alla volontà delle imprese, c'è bisogno anche della volontà politica. Per raggiungere obiettivi in termini di leadership e di export serve una politica che si occupi del costo del lavoro, delle problematiche fitosanitarie - che in realtà sono barriere commerciali create da altri Paesi ai nostri prodotti - e di una spinta verso l'internazionalizzazione. Da parte nostra, dobbiamo pensare ad una aggregazione sempre maggiore per governare gli equilibri di filiera. Ma sino a che continueremo ad avere una centrale di acquisto per 18.000 produttori questo non potrà accadere".
Ha parlato di aggregazione anche il presidente della Cia Giuseppe Politi, sottolineando l'importanza di "lavorare tutti insieme", in particolare nel sud Italia, "evitando di dare risorse a chi prosegue ad andare da solo sul mercato. Le organizzazioni professionali possono in tal senso dialogare con le organizzazioni cooperative perché il sud è un problema di tutti".
Se si vuole veder aumentare la percentuale di ortofrutta aggregata nel nostro Paese, oggi pari a circa il 30%, occorrono anche degli incentivi. Ne è convinto il presidente di Fedagri-Confcooperative Maurizio Gardini che ha sottolineato come "da almeno 15 anni manchino segnali chiari per incentivare le aggregazioni" e ha ricordato come dall'Ue il settore riceve "circa 220 milioni all'anno di contributi per i programmi operativi, che rappresentano comunque una percentuale molto piccola dell'intero bilancio agricolo dell'Ue".
"La cooperazione tutta – ha proseguito Gardini – ritiene che la vera sfida sia l'aggregazione, poiché il cuore del problema dell'ortofrutta è riuscire a governare l'equilibrio tra la domanda, che è fortemente concentrata, e l'offerta, che è fortemente disaggregata: solo così si riescono a difendere i redditi dei produttori. Ne è un esempio la possibilità che è propria solo della cooperazione di conservare nei magazzini refrigerati la frutta in eccedenza per alcune settimane evitando di immettere sul mercato troppo prodotto che finirebbe inevitabilmente per abbassare i prezzi di vendita".
Rispetto invece ai mercati esteri, "non si può pensare – ha concluso Gardini – che il problema della scarsa spinta sui mercati esteri sia solo riconducibile alle barriere fitosanitarie, che pure sono un problema. Per essere protagonisti in mercati fortemente globalizzati è necessario riuscire a portare il prodotto nel minor tempo possibile e con minori costi sui mercati lontani".
Ritornando sul mercato interno, Giovanni Luppi, presidente di Legacoop Agroalimentare, ha ribadito la necessità di "rafforzare i legami diretti tra produzione, trasformazione e distribuzione, diminuendo le intermediazioni".
"Noi già lo stiamo facendo – ha spiegato – con linee di prodotto che vedono protagonisti produttori, i trasformatori e la grande distribuzione cooperativa, uscendo dalla filosofia di acquistare il prodotto al prezzo più basso per concordare un prezzo equo che consenta a tutti di avere margini di impresa. Ma, ragionando di filiera, occorre anche sapere che i problemi di efficienza riguardano tutti gli attori, non solo chi organizza l'offerta, e vanno affrontati con decisione per non uscire dai mercati".
Infine, il discorso della regolamentazione comunitaria su cui il presidente di Agci-Agrital Giampaolo Buonfiglio ha più volto posto l'attenzione. "La commissione europea ha avviato una consultazione pubblica per aprire un dibattito sulle prospettive di revisione del regime di sostegno per il settore ortofrutticolo. A nostro avviso l'attuale impostazione dell'Ocm Ortofrutta che riconosce il ruolo e la centralità delle Op va mantenuta e difesa poiché è attraverso l'aggregazione che si riesce a rendere competitivo il settore".
Catania: "Riorganizzare il Sud per far ripartire il comparto"
Il ministro Catania si è detto d'accordo nel vedere l'aggregazione dell'offerta come una risposta per l'ortofrutta italiana, ma ha anche sottolineato che "non può essere l'unica risposta".
"Le forme di aggregazione a cui siamo abituati e che conosciamo devono essere migliorate – ha spiegato il ministro – L'articolo 62 ha un ruolo importante nel restituire redditività agli agricoltori italiani. E' stata una battaglia difficile che ci ha visti discutere, anche animatamente, con il mondo della grande distribuzione ma un effetto lo ha sicuramente già avuto, in quanto la Gdo ha cambiato atteggiamento nei confronti del settore primario".
Il ministro ha toccato anche la "questione meridionale" nel suo intervento alla tavola rotonda: "La metà della quantità dell'ortofrutta italiana viene prodotta nel Mezzogiorno e lì, come è noto, ci sono delle condizioni di mercato in un rapporto con il mondo della cooperazione e gli strumenti della aggregazione imparagonabili a quelli che troviamo qui, nell'organizzatissima Emilia-Romagna. Per poter riuscire a far fare un salto di qualità a tutto il settore, è evidente che ci dobbiamo occupare di riorganizzare quella parte del mondo produttivo del Paese".
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Fonte: Agronotizie