Non dà tregua la peste suina africana (Psa) e il numero degli allevamenti colpiti dal virus continua ad aumentare e così pure il numero dei suini sacrificati nel tentativo di contenere l'avanzata della malattia.
Con gli ultimi casi registrati in provincia di Novara il numero degli allevamenti contagiati sale a 50 e si parla di 70mila suini abbattuti. Per ora. Perché il pericolo di altri contagi è tutt'altro che scongiurato.
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Lo ammette anche il neo commissario straordinario per la Psa, Giovanni Filippini, il terzo a ricoprire questo ruolo dall'inizio dell'emergenza, nei primi giorni del 2022.
Curioso notare che al momento sono più i suini abbattuti che i cinghiali eliminati dalle campagne di depopolamento che avrebbero dovuto ridurre il numero di questi selvatici, portatori del virus.
Numero di animali positivi alla peste suina africana dal 01/01/2022 al 17/09/2024
(Fonte: Istituto Zooprofilattico dell'Abruzzo e del Molise)
Allarme inascoltato
Da tempo tutti i protagonisti della filiera suinicola, dagli allevatori agli stagionatori di insaccati e salumi, avevano lanciato l'allarme per le conseguenze dell'avanzata del virus.
I primi segnali si erano visti con il blocco delle nostre esportazioni verso alcuni Paesi extracomunitari.
Mancate esportazioni il cui costo è valutato in circa venti milioni al mese.
Ora le ripercussioni si fanno sentire anche sul mercato interno.
Il blocco delle movimentazioni di animali e le difficoltà a reperire soggetti da ingrasso stanno riducendo la disponibilità di suini da macello.
Inevitabili i riflessi sul prezzo di questi ultimi, in rapido aumento, e pesanti le conseguenze per le attività di trasformazione.
Solo in provincia di Modena, dove sono presenti importanti strutture di lavorazione, la mancanza di materia prima ha portato alla riduzione dei giorni di lavoro e alla richiesta di ammortizzatori sociali per gli addetti.
Le richieste dell'industria
L'aumento del prezzo dei suini (ma solo quelli maturi, per le altre tipologie si ha un andamento opposto) finisce con il riflettersi sul prodotto finale e si teme una caduta dei consumi, sui quali già pesa l'inflazione.
I primi segnali si fanno sentire sui prosciutti a marchio di origine. Il prodotto generico, meno costoso, sta guadagnando posizioni rispetto ai prosciutti Dop.
A rischio c'è un'intera filiera il cui valore è di circa di venti miliardi nel suo complesso e che occupa centomila addetti.
C'è di che preoccuparsi e Lorenzo Beretta, presidente di Assica, Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi, rinnova l'invito a rivedere le politiche fiscali, chiedendo che su salumi e insaccati si riduca l'Iva dal 10 al 4%.
Per superare le difficoltà sul fronte dell'export arriva poi la richiesta di trasformare in credito di imposta gli investimenti per sviluppare il commercio oltre confine.
Non meno importante avviare con celerità le procedure di indennizzo agli allevamenti, sia quelli costretti all'abbattimento degli animali, sia quelli coinvolti loro malgrado dai provvedimenti di restrizione.
Il lavoro del commissario
Il commissario Filippini ha confermato che si sta affrontando un'emergenza che ha valenza nazionale e non si limita ai soli territori colpiti.
Agli abbattimenti di cinghiali, necessari per ristabilire un equilibrio, si affiancano le misure restrittive in atto e le misure di biosicurezza negli allevamenti, che inevitabilmente hanno un impatto economico sulle aziende coinvolte.
L'ordinanza commissariale che prevede le attuali misure è stata prorogata sino a fine settembre.
L'evoluzione della malattia nei prossimi giorni dirà se le misure adottate sono sufficienti a rallentarla. Guai se così non fosse.