Il 14 giugno scorso il Centro di ricerca OPERA ha tenuto a Bruxelles un incontro tra i principali esperti del processo di trasposizione nazionale della Direttiva Ce/128/09. Le rappresentanze di oltre 60 istituzioni, organizzazioni statali e comunitarie (ministeri, Università, Ong, associazioni di categoria) hanno riferito le esperienze d’implementazione della Direttiva, presentando lo stato dell’arte, le difficoltà riscontrate e alcune proposte applicative. Il meeting è stato un’occasione di confronto e un’iniziativa che OPERA riproporrà nel prossimo futuro per approfondire il tema, far emergere criticità e soluzioni realmente perseguibili.
I partecipanti sono stati invitati a rispondere ad un sondaggio in merito ai possibili effetti dell’applicazione della Direttiva, gli aspetti da considerare nello sviluppo dei Piani d’azione nazionali ed infine gli strumenti più efficaci a coinvolgere un ampio numero di soggetti interessati.
L’evento è stato introdotto dal professor Ettore Capri, che ha presentato il ruolo del Centro di Ricerca OPERA nel monitorare e promuovere la corretta applicazione della Dir. Ce/128/09 a livello locale; ha poi ricordato che tale processo è realizzabile attraverso soluzioni integrate e complementari, esortando al perseguimento di ragionevoli compromessi sociali, economici ed ambientali.
L’apertura ufficiale della riunione è stata affidata al segretario generale del Copa-Cogeca, Pekka Pesonen, il quale ha esposto alcune criticità del settore agricoltura con particolare riferimento alla scarsa informazione dei consumatori.
Negli ultimi anni, infatti, la comunicazione ha esaltato il valore della salubrità dei prodotti alimentari, tuttavia è ormai necessario considerare anche la sicurezza alimentare come fattore cardine della qualità, inoltre è altrettanto importante evidenziare il ruolo centrale dell’agricoltura per la conservazione e la protezione del paesaggio.
La società non ha una chiara percezione di questi aspetti né delle difficoltà che i coltivatori incontrano nell’attutire gli effetti delle fluttuazioni dei prezzi, la forte competizione estera, le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla comparsa di nuove o più frequenti infezioni e infestazioni, e contemporaneamente nell’attenersi ad elevati standards produttivi.
E' necessario dunque che questa realtà diventi evidente e comprensibile, cosicché l’opinione pubblica cresca consapevole e propositiva.
Le iniziative divulgative sul tema dell’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (convegni, sondaggi, tavole rotonde) rispondono al contesto socio-politico, agricolo e ambientale e coinvolgono differenti categorie di stakeholders: Ong, associazioni degli agricoltori, industrie chimiche, associazioni dei consumatori, Università.
Il programma francese 'Ecophito 2018', ad esempio, partito già dal 2007 ha capillarizzato il processo partecipativo sul territorio e via internet; quello inglese è arrivato ad interessare un migliaio di organismi (cfr. articolo 21 giugno “Uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, il modello inglese”).
Il parere della comunità inoltre contribuisce al costante monitoraggio dello stato di salute dei Piani d’azione nazionali e degli strumenti di riduzione del rischio da prodotti chimici.
Il dibattito è proseguito con alcune osservazioni sulla corretta stesura dei Pan che deve considerare strumenti scientifici validi, adattabili e migliorabili, incluse le Bpaa (Buone pratiche agricole ed ambientali), la cui efficacia deve essere controllata man mano che lo scenario iniziale di applicazione cambia.
Questo lavoro comprende anche l’analisi di effetti indesiderati (quali l’aumento delle importazioni di merci con standard qualitativi e di sicurezza più bassi, l’incremento dell’uso di prodotti illegali, perdite produttive) e di relative azioni compensative. Infine è stata riconosciuta la necessità di sviluppare Piani distinti ma armonizzati, dove possibile, attraverso un coordinamento unitario (ad esempio nelle Misure relative alla formazione, certificazione e ispezione delle attrezzature).
Sebbene molte normative locali rispecchino i contenuti della Direttiva, molti Paesi hanno dovuto adattare il quadro legislativo interno e colmarne le lacune con costi aggiuntivi ed difficoltà operative.
Nella riunione sono stati esposti alcuni strumenti per l’applicazione delle Misure. Gli indicatori di rischio, ad esempio, sono un parametro tecnico tanto indispensabile quanto carente, da un lato perché influenzano il processo decisionale consentendo una valutazione razionale del costo sociale, economico ed ambientale delle strategie adottate e di informare la società sui progressi compiuti, dall’altro perché non sono disponibili sufficienti 'indicatori di stato' che verifichino l’evoluzione dello stato ambientale in relazione all’impatto generato dai prodotti chimici.
Belgio e Svezia hanno presentato due soluzioni, gli indicatori 'PRIBEL- Belgium Pesticide Risk Indicator' e 'PTI-Pesticide Toxity Index', quest’ultimo, rilevando l’impatto chimico nelle acque in un periodo di 19 anni ha mostrato che la quasi totalità della riduzione dei residui è attribuibile alla progressiva razionalizzazione d’uso degli agrofarmaci. Ciò dimostra che la formazione influenza in modo cruciale il modus operandi dei coltivatori e si riflette nei traguardi ambientali raggiunti.
Altro punto di discussione sono state le Misure di mitigazione dei rischi da prodotti fitosanitari, con specifico riferimento all’applicazione dell’Integrated pest management, alla gestione delle aree non coltivate, all’impiego delle attrezzature irroranti, e ad alcune innovazioni ad esempio i sistemi di biodepurazione dei reflui chimici quali i 'biobeds' che stanno dando buoni risultati di contenimento dell’inquinamento da sorgenti puntiformi.
L’Ipm sarà presto una realtà diffusa, è possibile promuoverla con forme d’incentivazione in grado di compensare i costi per la formazione e l’introduzione di tecnologie innovative, specialmente in Paesi come l’Italia dove si passerà dall’applicazione volontaria a quella obbligatoria.
La criticità rilevata dal Portogallo, per cui variazioni nella lista di prodotti disponibili potrebbero non necessariamente attutire i rischi ambientali e per la salute umana, porta a ribadire che l’Ipm è in continuo aggiornamento quindi migliorabile; la sua efficacia non è data solo dalla quantità o dalla pericolosità degli agrofarmaci disponibili, ma dalla corretta gestione e combinazione di pratiche chimiche, agronomiche, biologiche, ecologiche e conservative a tutela della produttività.
Tra le pratiche ecologiche la progettazione di field margins (buffer zones, bordure, capezzagne, scoline, fossati) costituisce un’altra importante strategia di mitigazione oltre che un contributo indiretto al miglioramento della resa produttiva e della redditività dell’impresa, perciò dovrebbe far parte del quadro normativo locale.
Le osservazioni e la necessità di confrontarsi su molti aspetti normativi, seppure riferiti all’applicazione di una singola Direttiva, hanno concluso l’evento rinnovando l’appuntamento ai prossimi incontri; tra gli argomenti di futura discussione i finanziamenti alle Misure, i possibili nuovi assetti del bilancio import-export europeo, la competizione dei Paesi Terzi.
A cura di Erica Màttera, corrispondente italiano per OPERA European Observatory on Pesticide and Risk Analysis Research Centre of Università Cattolica del Sacro Cuore
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Fonte: Opera - European Observatory on Pesticide Risk Analysis