Durante la primavera i rialzi termici spingono la vite a riprendere l'attività vegetativa, dapprima con il "pianto" e successivamente con il germogliamento. In questa fase tutta l'attività biologica della pianta è sostenuta dalle riserve nutritive immagazzinate nell'annata precedente nelle radici e nel legno vecchio.

Riserve che si sono formate a partire dalla fase di maturazione legno in poi e che quindi si avvantaggiano di una concimazione autunnale. Le concimazioni primaverili sono invece meno efficaci nel sostenere lo sviluppo iniziale della vite anche perché le foglie iniziano a produrre zuccheri dopo 1-1,5 mesi dal germogliamento. Per tutto questo lasso di tempo il metabolismo viene alimentato dalle riserve che la pianta si è costruita nell'autunno precedente.

La concimazione effettuata post maturazione legno è alla base di una buona ripresa vegetativa in primavera. Si evita in questo modo un germogliamento difforme, che significa fioritura omogenea e quindi uve mature in maniera uguale al momento della vendemmia.

Parlare di concimazione autunnale è tuttavia fuorviante in quanto la finestra temporale utile va dalla fase di maturazione legno alla senescenza fogliare e dunque ricomprende anche il fine agosto, tutto il mese di settembre e buona parte di quello di ottobre.

Come eseguire la concimazione autunnale della vite


La concimazione autunnale e l'impatto sull'uva

La concimazione autunnale può dunque avvenire anche in presenza delle uve sul tralcio, non interferendo con gli ultimi processi di maturazione a ridosso della vendemmia. "Da invaiatura in poi il flusso xilematico, quello dalle radici alle foglie, si blocca fisiologicamente, mentre rimane attivo il flusso floematico, dalle foglie agli acini e al resto della pianta", ci racconta Mauro Schippa, FertiTeam leader di Terrepadane e profondo conoscitore della nutrizione della vite.

Gli zuccheri, l'acidità e gli aromi dell'acino si formano principalmente da invaiatura in poi, ma sfruttando i nutrienti che la pianta ha già a disposizione. Ecco perché la concimazione autunnale, anche fatta prima della vendemmia, incide in minima parte sulla qualità delle bacche. I nutrienti apportati finiscono soprattutto alle radici, come riserva per la primavera successiva, e in parte alle foglie.

"Dobbiamo considerare che l'apparato radicale ha due momenti dove l'attività di crescita e assorbimento sono prevalenti. Il principale è in primavera, quando la pianta è alla ricerca dei nutrienti per ricostruire la parte aerea. Il secondo invece è in autunno, quando deve formare le proprie riserve nutritive", sottolinea Schippa. "Riserve che sono localizzate nelle radici e nel legno vecchio e che quindi vedono svantaggiate le viti allevate con forme di allevamento con poco legno vecchio".


Il ruolo dell'azoto nella concimazione autunnale

L'azoto è il macroelemento che fornisce le basi alla crescita vegetale e deve dunque essere messo a disposizione delle viti. La concimazione azotata può essere effettuata in diverse forme che sono influenzate principalmente dal timing.

 

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Se la concimazione viene fatta presto, tra agosto e settembre, è consigliabile usare un concime con azoto non a pronto effetto (a lenta cessione o a cessione controllata). La pianta si troverà così ad avere a disposizione per un paio di mesi una fonte di azoto utile a ricostruire gli stock. Si possono usare anche i concimi azotati dotati di inibitori, ma il loro dosaggio deve essere ben calibrato.


La concimazione autunnale e l'impatto sull'uva

Se invece si arriva tardi con la concimazione autunnale, l'intervento migliore è con concimi prontamente disponibili in forma nitrica o ammoniacale. In questo modo i nutrienti vengono assorbiti più velocemente avendo meno tempo utile per l'assorbimento radicale.

"Le dosi di azoto devono essere valutate a seconda del vitigno, del terreno e dell'obiettivo enologico. Comunque possiamo dire che trenta-sessanta unità di azoto ad ettaro sono una buona soluzione", sottolinea Schippa.

"Io suggerisco anche un intervento di concimazione fogliare alla dose di cinque-dieci unità di azoto ad ettaro. Meglio se effettuato con concimi a base di metilenurea o urea-formaldeide. In questo modo si migliora lo stay green, permettendo una migliore sintesi di metaboliti che saranno utili alla pianta in primavera".

Prima della caduta delle foglie tutti i nutrienti vengono infatti richiamati verso le gemme, le parti legnose e le radici per proteggere la pianta dal freddo e preservare gli stock di nutrienti.


Il ruolo del fosforo e del potassio nella concimazione autunnale

Il fosforo gioca un ruolo importante nel stimolare la crescita radicale e dunque deve essere apportato anche con la concimazione autunnale, meglio se effettuata all'inizio del periodo utile (fine agosto inizio settembre) in modo da sostenere lo sviluppo della rizosfera. Inoltre questo macroelemento è fondamentale nella sintesi dell'Atp (adenosina trifosfato) che è la molecola "energetica" per eccellenza. La benzina delle piante.

 

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Il fosforo, non essendo soggetto a dilavamento e non venendo "immobilizzato" nel terreno può essere fornito tutto in una volta. Lo stesso vale per il potassio, elemento che è alla base del metabolismo vegetale e dunque non deve mai mancare.

 

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Se è vero che il potassio gioca un ruolo importante nella formazione degli zuccheri è altrettanto vero che, come visto, se fornito post invaiatura non influenza direttamente il grado zuccherino dell'uva già presente.


Non solo nutrizione della pianta, anche del suolo

Devono infatti prestare attenzione a questo elemento i viticoltori che producono uve in cui l'acidità è un elemento centrale nel valutare la qualità dei mosti, come nel caso dei vini bianchi a pronta beva e delle basi spumante. Il potassio infatti tende a far diminuire l'acidità del vino e dunque è preferibile non averlo in quantità nei mosti. Per questo la sua somministrazione è auspicabile preferibilmente in autunno piuttosto che in primavera.

Azoto, fosforo e potassio possono essere forniti in condizioni di media fertilità attraverso un concime NPK con un rapporto 3:1:3.

In questa fase i microelementi non sono così indispensabili come invece in primavera. Ad esempio il boro, che gioca un ruolo cruciale nella fioritura, è più corretto fornirlo per via fogliare prima dell'antesi. Eventualmente il chelato di ferro può invece essere somministrato anche in autunno ma solo se viene rilevata una conclamata carenza.


Non solo nutrizione della pianta, anche del suolo

L'autunno è il momento giusto anche per l'impiego di ammendanti volti a migliorare la presenza di sostanza organica nel suolo. Un intervento necessario soprattutto per quelle aziende che non mantengono inerbita l'interfila né tantomeno praticano il sovescio.

"Il letame è sicuramente il prodotto da preferire, ma occorre che sia ben maturo, con un tasso di umificazione alto, superiore al 50-60%", sottolinea Schippa. "Per usarlo correttamente non va riversato a ridosso del tronco, ma lungo la proiezione al suolo della chioma, possibilmente se incorporato al terreno. E se si ha a disposizione un impianto di fertirrigazione l'ideale è utilizzare estratti umici e idrolizzati proteici in modo che vadano in profondità nel suolo".


Concludendo

Più conosciamo la fisiologia delle viti (e dei loro patogeni) più ci si rende conto che la qualità non si fa da aprile a ottobre, ma si parte sempre l'anno prima. Questo è vero per la nutrizione, come anche per la difesa, che non dovrebbe terminare con la vendemmia.

La concimazione autunnale risulta essere lo strumento per iniziare la nuova stagione con il piede giusto, garantendo alle piante quello stock di nutrienti necessari allo sviluppo. D'altronde la vite è una pianta che può crescere anche di 1-2 centimetri al giorno durante la fase di massimo sviluppo e dunque ha bisogno di acqua e nutrienti per potersi esprimere al meglio.

Approcciandosi a questa pratica l'importante è sempre tenere in considerazione il vitigno e le sue esigenze, il terreno e la sua composizione ed infine gli obiettivi aziendali.