L'ottenimento di una buona produzione commerciale di carciofo (Cynara scolymus L.), sia come epoca di raccolta sia come caratteristiche quali-quantitative, è raggiungibile solo con appropriati programmi di fertilizzazione e irrigazione ben combinati.
La possibilità di eseguire una razionale concimazione presuppone la conoscenza delle esigenze nutritive. A questo scopo la metodologia da adottare è lo studio delle asportazioni degli elementi nutritivi durante l'intero ciclo di sviluppo della cultura. Le ricerche eseguite sulla crescita e sulle asportazioni degli elementi nutritivi delle piante in varietà precoci (Locale di Mola) e tardive (Romanesco, Violetto di Toscana) hanno messo in evidenza che la coltura produce una notevole quantità di biomassa fresca e secca, e che la sostanza secca costituita dai capolini si aggira intorno al 25% del totale nelle cultivar precoci e circa il 15% in quello tardivo. Una carciofaia al 3° anno di impianto, in buone condizioni di coltivazione, può produrre oltre 100t/ha di biomassa (13t/ha di sostanza secca); il periodo di massimo accrescimento si verifica in corrispondenza della differenziazione dell'apice caulinare. Circa un terzo della biomassa prodotta rappresenta la produzione asportata con la raccolta; due terzi, quindi, possono essere riutilizzati dalla coltura nel successivo ciclo colturale interrando i residui.
Ovviamente i diversi ritmi di produzine di biomassa influenzano direttamente le asportazioni dei diversi elementi nutritivi; la maggior parte della sostanza secca viene prodotta dalla pianta in corrispondenza della formazione dello stelo fiorale fino al completo sviluppo del capolino principale. Il ritmo di assorbimento dei diversi elementi segue in generale l'andamento della produzione di biomassa secca e quindi nelle tipologie tardive il maggior picco si verifica verso la fine dell'inverno con lo sviluppo dello stelo fiorale e l'inizio della raccolta (100-120gg dopo il risveglio, praticamente dopo la metà di dicembre).
Considerando i tre principali elementi nutritivi la carciofaia utilizza mediamente lungo l'intero ciclo colturale 200-300kg/ha di azoto (N), 80-100kg/ha di fosforo (P2O5) e 350-400kg/ha di potassio (K2O). Il ritmo di assorbimento di azoto e potassio raggiunge i 2,5-3,0kg/ha al giorno nel periodo di massimo accrescimento anche se il potassio viene assorbito maggiormente durante la fase di emissione degli steli. Il fosforo, invece, presenta un ritmo di asportazione inferiore a 0,5kg/ha al giorno in ogni caso più elevata nei periodi di intensa produzione di capolini a causa delle elevate esigenze degli organi fiorali.
Un corretto programma di fertilizzazione dovrebbe tener conto di tutte queste informazioni adattandole ovviamente alle esigenze colturali. Per tanto emerge chiaramente che gli interventi fertilizzanti più opportuni sarebbero quelli eseguiti al risveglio, poco prima della differenziazione, o al momento della scarducciatura, all’emissione dei capolini principali e prima della produzione finale primaverile. Questi quattro interventi si riferiscono principalmente all'azoto, il quale per le note perdite per dilavamento, va distribuito più volte fino a raggiungere di un totale di 150-200kg/ha, valore che sale fino 500kg/ha per le cultivar meridionali a ciclo produttivo più lungo. Tale modello ideale per le carciofaie precoci può essere esteso anche alle tipologie tardive tenendo conto della maggiore lentezza iniziale dei ritmi di accrescimento e della notevole esigenza della pianta, dalla differenziazione dell’apice alla raccolta dei capolini. Il fosforo, malgrado le limitate asportazioni colturali, va adeguatamente somministrato in quanto, nei terreni calcarei e con pH superiore a sette, tende ad immobilizzarsi. In un carciofaia normale e su un terreno normalmente dotato di calcare andrebbero distribuiti una decina di quintali per ettaro per anno di perfosfato minerale, in uno o più intervanti curandone l'immediato interramento. La distribuzione di 3-4q/ha di fosfato biammonico al risveglio consentirebbe di operare una buona concimazione azotata e fosfatica di base. Il potassio viene asportato dal carciofo in grandi quantità; una buona parte di questo,però, torna al terreno con i residui colturali, considerando inoltre che tale elemento è generalmente ben presente nei nostri terreni, l'uso di fertilizzanti potassici si riduce al mantenimento di un buon livello della componente facilmente assimilabile dalla pianta. Quindi pochi quintali di solfato potassico, interrato al risveglio, dovrebbero garantire un buon risultato produttivo. Le asportazioni dei principali microelementi sono invece riportate nella tabella successiva.
 
 
Come si evince dalla tabella le maggiori asportazioni di microelementi da parte del carciofo riguardano il calcio ed il sodio e ciò sta a dimostrare che la coltura si adatta bene nei terreni calcarei e salmastri dell'Italia meridionale.

 

A cura di Enrico Barlotti

Enrico Barlotti è socio di Antesia, l'Associazione Nazionale Tecnici Specialisti In Agricoltura
I soci di Antesia sono dottori agronomi e forestali, periti agrari, agrotenici, tecnologi alimentari che svolgono assistenza tecnica agronomica a centinaia di produttori agricoli e agroalimentari, svincolati dalla vendita di qualsivoglia prodotto materiale alle aziende agricole. Antesia contribuisce alla formazione dei soci ed al loro continuo aggiornamento, promuovendo il reciproco scambio di informazioni, conoscenze ed esperienze di campo. Se vuoi conoscere le iniziative di Antesia, vai su www.antesia.it. Se vuoi diventare socio di Antesia, vai su www.antesia.it.