La ricerca made in Italy nel settore agroalimentare c’è e lo dimostra la presentazione dei nuovi prodotti messi a punto da Agriges in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli.
L’idea è quella di combattere con strategie efficaci e quasi fatte su misura la presenza di microorganismi patogeni (in particolare i nematodi) che tanto preoccupano gli agricoltori proprio perché compromettono l’intero ciclo produttivo e impongono il ricorso a prodotti di sintesi.

L’approccio sviluppato da Agriges si basa invece sul concetto di agricoltura sostenibile, come ha spiegato la professoressa Olimpia Pepe, introducendo lo stato dell’arte delle ricerche condotte in seno al dipartimento di microbiologia della Federico II: "Secondo una definizione Fao del 1999, l’agricoltura deve essere in grado di preservare l’ambiente usando tecniche adeguate, remunerative e socialmente desiderabili. Dobbiamo essere in grado di preservare il suolo per coloro che verranno in futuro pur rendendo l’attività agricola economicamente solida, con un occhio al benessere del consumatore: gli alimenti devono prima essere sani e poi buoni”.

I processi degenerativi della rizosfera, ovvero del suolo, sono uno degli aspetti critici delle produzioni ortofrutticole perché minano la produzione, intaccano le piante e rendono i suoli meno ricettivi e capaci di avere lunga vita produttiva.
“Per questo è importante capire come si nutre la pianta, come reagisce agli stress e quali sono i fenomeni che portano alle relazioni tra piante e micro organismi”, spiega ancora Pepe.
La ricerca si basa quindi sullo studio di tre principali strategie difensive che si basano sull’azione attiva dei micro organismi: Bca, Pgpr, Micorrize.

I Bca ( Biological control agents) sono organismi idonei al controllo dei patogeni tellurici e vengono studiati in condizioni “ecologiche”; i Bca e gli agenti patogeni possono essere considerati alla stregua di popolazioni in lotta tra di loro nel suolo e con l’ambiente in cui sono presenti.
Come agiscono? In caso di insorgenza di patologie, sono in grado di creare terreni con capacità sottrattive, impedendo alla pianta di ammalarsi. Quindi agiscono preventivamente preparando il terreno.
Loro compito è quello di creare sostanze antibiotiche, aldeidi, enzimi litici, usando le risorse che l’ambiente mette a disposizione per aumentare le sostanze nutritive e lo spazio a disposizione delle piante. Questa strategia negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, riducendo l’uso di agenti chimici: “dobbiamo ancora lavorare per diminuire gli svantaggi di questa tecnica - afferma Pepe - dato che è limitato il numero di agenti, sono difficile da impiegare e il costo è elevato”.

La strategia Pgpr invece si basa su batteri che hanno azioni dirette e indirette, andando a impattare sulla attuale produttività del suole che, come ha spiegato Pepe: “non solo deve essere curato, ma anche riportato alla produttività”. Il Pgpr produce fra le altre sostanze azoto e altre sostanze che aiutano a risolvere situazioni di compromissione patologica.

La terza strategia invece, Micorrize si basa su un’azione mutualistica tra radici e funghi del terreno. I funghi esplorano il terreno circostante anche oltre a quello limitrofo alle radici, permettendone un maggiore sviluppo e migliorandone il nutrimento. Questa strategia è particolarmente adatta a suoli difficile per esempio quelli aridi.
Tre strategie che in generale non solo favoriscono la maggiore resa dei terreni, aumentandone la produttività, ma aumentano la qualità del prodotto.

Gli studi fatti dalla Federico II hanno trovato pratica applicazione nei prodotti messi a punto da Agriges, come spiega Mario Chiurazzi, responsabile ricerca e sviluppo: “La filosofia dei nostri formulati è quella di intervenire non solo sulle piante, ma anche sull’ambiente in cui si instaura l’agente patogeno. E’ vero che ci sono fattori biotici che non possono essere controllati, tuttavia molto si può fare con il resto ed in particolare con i micro organismi autoctoni, sui quali abbiano concentrato i nostri studi. Questi possono essere isolati dai terreni in cui si trovano, modificati e poi di nuovo rilasciati per aiutare il terreno”.

La gamma Agriges, infatti, comprende micro organismi autoctoni, adatti al nostro pedoclima e alle nostre pratiche agricole, “ci piace definire i nostri prodotti made in Italy, proprio perché abbiamo preferito impegnarci sulla ricerca, invece di acquistare formulati da grandi società estere”, ha spiegato Chiurazzi.
Agriges rappresenta un caso virtuoso: “siamo nati circa quindici anni fa producendo fertilizzanti per terzi” racconta Antonio Ardolino, responsabile Marketing, “e poi negli anni ’90 abbiamo deciso di investire con due nuovi stabilimenti e due laboratori di ricerca. Ora tra gli altri prodotti presentati, abbiamo creato un nuovo brevetto Rizea elaborato da tre alghe diverse, da cui abbiamo sviluppato dieci nuovi prodotti”.