In mandorlicoltura la superpotenza globale è la California. Questo Stato americano ha una superficie coltivata a mandorlo di circa 1,2 milioni di acri (circa 500mila ettari) ed esporta il proprio prodotto in tutto il mondo. Durante la scorsa campagna dai porti californiani sono partiti qualcosa come 1,1 milioni di tonnellate di mandorle, molte delle quali destinate ai mercati europei.

Già, perché al consumatore moderno le mandorle, come tutta la frutta secca, piacciono molto. Sia da mangiare tal quali, sia come ingrediente di torte, snack energetici, biscotti e piatti pronti. Perché alle mandorle vengono riconosciute proprietà nutraceutiche da superfood.

E così in California la Sau dedicata a questa coltura è in aumento, più 6% dal 2019 ad oggi. Eppure la mandorlicoltura californiana potrebbe essere vicina al collasso. E i motivi vanno ricercati nel fenomeno del surriscaldamento globale. In particolare i farmer statunitensi devono fare i conti con inverni troppo miti e con la siccità.


Gli effetti del global warming sulla mandorlicoltura

Il mandorlo, come la maggior parte delle piante da frutto, ha bisogno di un certo numero di ore di freddo durante l'inverno per indurre il processo di fioritura. Nel mandorlo, a seconda della varietà, si può andare dalle trecento alle cinquecento ore con temperature al di sotto dei 7°C. Se durante l'inverno non si accumulano abbastanza "ore di freddo", le piante in primavera hanno una ripresa vegetativa stentata e una produzione di gran lunga inferiore al potenziale.

Il problema è che in California queste "ore di freddo" iniziano a scarseggiare a causa degli inverni sempre più miti. Secondo uno studio dell'Università Berkeley e dell'UC Davis, insieme all'Usda, le temperature invernali dovrebbero aumentare di 2,5°C in gran parte della California entro la metà del secolo. E lo studio stima che la maggior parte delle coltivazioni di mandorlo (come di arancio) vedrà una esposizione al freddo minore all'attuale tra il 50 e il 70%.

La conseguenza di questo riscaldamento degli inverni sarà una scarsa produzione di mandorle in tutto lo Stato. E se i breeder si stanno mettendo all'opera per selezionare varietà che richiedono meno ore di vernalizzazione, in Idaho, nella città di Parma (sì, come quella in Emilia-Romagna), gli agricoltori stanno realizzando vasti impianti per sfruttare il clima maggiormente freddo in inverno.

Per i farmer californiani il lato positivo della medaglia è che anche le primavere saranno più miti e quindi si dovrebbero verificare meno gelate tardive, il vero tallone d'Achille della mandorlicoltura. Ma un altro flagello si sta abbattendo su questa coltura: la siccità.

In California sono praticamente venti anni che le piogge sono carenti. L'acqua viene pompata dai fiumi che scendono dalla Sierra Nevada, oppure dalle falde, che però si stanno asciugando. E così molti agricoltori che non hanno pozzi abbastanza profondi devono estirpare i mandorleti.

Il fenomeno è accelerato anche dal fatto che il governo statale ha deciso di contingentare l'impiego di acqua nelle coltivazioni, proprio per gestire una risorsa sempre più scarsa. E l'acqua è diventata un bene così prezioso che ormai viene quotata alla Borsa di Wall Street.


Cresce la mandorlicoltura italiana

Solo il tempo potrà dire se la mandorlicoltura californiana è su un treno destinato a deragliare. Guardando al nostro Paese sembra che invece l'interesse sia molto forte. Secondo l'Istat tra il 2019 e il 2020 in Italia la coltivazione del mandorlo è cresciuta passando da 52.039 a 52.646 ettari incrementando le superfici investite di 607 ettari (più 1,17%). E vecchi frutteti sono stati ammodernati, ad esempio dotandoli di impianti di irrigazione a goccia. Questo ha fatto sì che la produttività sia passata da 773mila a 805mila quintali.

Se la Puglia e la Sicilia dominano la classifica delle regioni più produttive, a fare notizia sono però due operazioni monstre. Una portata avanti nel Lazio e una in Sardegna. L'azienda agricola Maccarese, controllata dalla famiglia Benetton, sta realizzando un impianto superintensivo da 130 ettari, 80 dei quali già a dimora. L'azienda punta su una densità di impianto molto elevata, pari a 2,2mila piante ad ettaro, tipica del modello di produzione spagnolo. Un modello che permette la meccanizzazione completa di ogni operazione e una entrata in produzione dell'impianto anticipata, anche se i detrattori parlano di una senescenza precoce delle piante.

E anche in Sardegna la coltura del mandorlo si sta espandendo. Nell'area del Sulcis è partito un progetto di filiera, promosso dalla Rete innovazione agricola e sostenuto dal Mipaaf, che prevede di impiantare 138 ettari di mandorleto superintensivo, con 2mila piante ad ettaro.