La serra è un sistema agricolo molto complesso; non solo per le notevoli interazioni che si creano tra i diversi fattori del ciclo produttivo, ma anche per la svariata tipologia strutturale e climatica che essa presenta. Inoltre, altri fattori di variabilità sono rappresentati dal grado di preparazione tecnica degli operatori del settore, dall'organizzazione dell'attività e dal mercato a cui è rivolto il prodotto.
Sarebbe quindi auspicabile che, nell'affrontare le varie tematiche di questo agroecosistema, l'approccio perseguito sia di tipo sistemico e multidisciplinare in cui l'impiego delle diverse tecnologie innovative disponibili possa risolvere la conflittualità che ancora esiste tra processo produttivo da un lato ed esigenze di ordine energetico, ambientale ed economico dall'altro.
In tale situazione, una strategia per ridurre l'impatto delle colture protette sull'ambiente è quella che tende a trasformare la serra da sistema agricolo "aperto" a uno di tipo "chiuso", sostanzialmente basato sulla:
a) riduzione/riutilizzo del materiale di scarto e dei residui tossici;
b) automazione ed informatizzazione;
c) monitoraggio dei parassiti;
d) coltivazione "senza suolo";
e) riciclo della soluzione nutritiva (in determinate tecniche di coltivazione fuori suolo).
Si propone di individuare il più appropriato grado di automazione e di informatizzazione sostenibili nell'ambiente serricolo, cercando di soddisfare anche l'esigenza di assistenza tecnico e scientifica per le problematiche riguardanti sia gli aspetti tecnologici, legati all'automazione, sia quelli prettamente tecnico-colturali e fitosanitari.
Per avere una panoramica sulla coltivazione in serra di ortaggi e fiori in modo da individuare per quali specie potrebbe essere auspicabile l'introduzione di "tecnologia" nel processo produttivo leggi l'approfondimento.
Il termine "fuori suolo" è generalmente impiegato per descrivere tutti i sistemi di coltivazione condotti al di fuori del terreno e che utilizzano l'acqua come veicolo di sostanze nutritive per le piante. L'interesse che queste tecniche di coltivazione stanno riscuotendo risulta legato alla possibilità di ottenere buone produzioni sia dal punto di vista quantitativo e qualitativo e di contenere in modo significativo l'impatto sull'ambiente, specialmente con il ciclo chiuso.
L'attività di ricerca nell'ambito delle colture idroponiche ha portato alla realizzazione di diversi sistemi colturali, che si distinguono per i volumi e le modalità degli apporti idrici, la gestione della nutrizione, la forma e la dimensione dei moduli di coltivazione e la presenza o meno di un substrato di diversa natura.
I numerosi impianti, attualmente in uso, sono riconducibili ai seguenti grandi gruppi:
• Sistemi di coltivazione senza substrato, che non prevedono l'impiego di supporti organici o minerali per l'ancoraggio delle radici delle piante. A tale gruppo appartengono l'Nft, Nutrient film tecnique, l'aeroponia adatta per colture di limitato sviluppo vegetativo (lattughe), dove la funzione di supporto delle piante viene svolta da pannelli in materiale plastico e la coltivazione "galleggiante" su vasche di soluzione nutritiva (Floating system).
• Sistemi di coltivazione su substrato, che prevedono l'impiego di un determinato volume di substrato per garantire oltre all'ancoraggio delle radici anche un volano idrico-nutrizionale. Questi ultimi si distinguono ulteriormente nei seguenti modi coltivazione:
- su substrati naturali organici (torba, cocco, vinacce);
- su substrati naturali minerali (pomice, lapillo);
- su substrati derivanti da processi industriali di espansione o fusione di rocce naturali, (perlite, vermiculite, lana di roccia, argilla espansa);
- su substrati di produzione industriale (poliuretano, polistirolo).
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Fonte: Silvio Fritegotto