"Raccogliere insieme uve ottime e pessime non significa ottenere un vino di qualità media, piuttosto una bottiglia al livello del grappolo peggiore". È questa la regola che vige nella cantine Antinori ed è facile capire perché l'agricoltura di precisione promette di rivoluzionare il modo di vendemmiare e di fare agricoltura in generale.

E proprio delle potenzialità e delle criticità del "precision farming" si è parlato durante l'evento, organizzato ad Expo dal Cnr, "Agricoltura di precisione e uso sostenibile delle risorse". Una conferenza in cui sono intervenuti ricercatori ed agricoltori per fare il quadro dello sviluppo del settore in Italia.

La sfida maggiore è diffondere queste tecniche. Serve un processo di comunicazione adeguato e politiche pubbliche ad hoc, come hanno fatto altri Paesi”, spiega Alessandro Matese, ricercatore dell'Istituto di Biometeorologia del Cnr e responsabile dell'evento. “Dobbiamo poi rendere più accessibili le strumentazioni e inter-operabili dati e macchinari di produttori differenti”.

Sul palco si è parlato di filiera orticola e cerealicola, ma la parte da leone l'ha fatta il vino. Già, il vino. Dall'inizio degli anni Novanta ad oggi l'agricoltura di precisione ha attraversato diverse fasi, dallo studio delle tecniche di rilevamento, all'elaborazione di algoritmi, fino all'applicazione nei campi, ma è parso subito evidente come il settore vitivinicolo fosse quello in cui le applicazioni erano più interessanti.

Non a caso il 54% degli studi sull'agricoltura di precisione è stato fatto sul vino, il 31,6% sui cereali e il 14% sul resto delle colture. Ma perché proprio il vino? Forse perché l'uva riveste un ruolo fondamentale nella cultura italiana o forse perché, come ricordato all'inizio dell'incontro, basta poco per passare da un'ottima bottiglia ad una mediocre.

L'agricoltura di precisione è quella tecnica viticola che impiega il giusto quantitativo di fattori produttivi al momento giusto e nel posto giusto”, riassume Renzo Cotarella, dell'azienda Marchesi Antinori. L'agricoltura di precisione d'altronde si applica in ogni fase della vita della vigna. Si inizia con la piantumazione attraverso il gps, che non è precision farming in senso stretto, ma permette di avere delle mappe precise al millimetro della disposizione delle viti.

I filari vengono poi concimati in maniera differenziata, pianta per pianta, attraverso l'analisi dei dati raccolti dai satelliti, dai droni o dai sensori sul campo. E infatti uno dei primi macchinari a fare la sua comparsa tra le vigne è stata proprio una concimatrice.

Ma anche la potatura è ormai completamente meccanizzata, con la sfogliatrice che gestisce ogni pianta come un unicum. Esistono sfogliatrici che possono prevedere l'asportazione di dosi di foglie diverse a seconda delle zone a differente vigore vegetativo. Ma la fase più delicata di tutte è certamente la vendemmia.

Con i dati forniti ed elaborati da precisi algoritmi è possibile sapere quali viti hanno sui rami uve pronte per essere raccolte, con cioè  il giusto grado di zuccheri, di acidità, ecc. . La cantina Antinori ha prodotto un dispositivo applicabile a qualunque vendemmiatrice in grado di caricare una mappa di raccolta. L'operatore ha a bordo un pc, collegato ad un gps, con un "semaforo" che si accende di verde o di rosso. Nel primo caso l'operatore attiva gli organi di scuotimento e procede alla vendemmia, viene invece rimandata a giorni successivi la raccolta nelle zone "rosse".

Esiste anche un'altra attrezzatura, sviluppata in Francia, in cui la vendemmiatrice separa, al momento della raccolta, le uve migliori da quelle mediocri. È un sistema che ha come pregio quello di non dover vendemmiare a distanza ravvicinata una stessa vigna, ma che richiede una struttura aziendale in grado di gestire due cicli produttivi in contemporanea, uno per le uve migliori e un altro per quelle di qualità media.
 

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