Molti anni fa, in Francia, al mercato di Lione - era molto presto al mattino - incontrai quello che viene considerato il più grande chef degli ultimi cent'anni, l'unico ad avere mantenuto tre stelle per cinquant'anni consecutivi: Paul Bocuse. Alla mia meraviglia nel vederlo al lavoro, intento a scegliere verdure e formaggi in orario antelucano, rispose: "C'est normal, c'est mon métier". Il mestiere di Paul Bocuse non era solo cucinare, ma anche saper scegliere la miglior materia prima.

 

Oggi va diversamente: possiamo infatti considerare che molti, moltissimi chef (compresi non pochi stellati) si riforniscono attraverso le grandi catene internazionali di cash & carry, e in tanti si fanno servire a domicilio, scegliendo da un listino. Visitando le cucine dei ristoranti, si rimane spesso basiti nel vedere l'abbondanza di prodotti processati o super-processati, o comunque ad alto contenuto di servizio. Prodotti pensati per far risparmiare tempo, ovvero manodopera.

 

Ma questa scelta comporta un prezzo: prodotti sempre più omologati, uguali in ogni parte del mondo. Un amico mi raccontava che fino a una trentina d'anni fa un cash & carry poteva contare su una gamma di 25mila articoli - oggi ridotti a 5mila o 6mila. Prodotti che spesso rappresentano poco, o pochissimo, i territori e le tradizioni gastronomiche. Due elementi che, però, sono alla base di tanta ristorazione, a qualsiasi livello.

 

Ricordiamolo: la cucina - quella di casa come quella del pluristellato - è fatta certo dell'abilità del cuoco, ma soprattutto di materia prima fresca, di qualità e rappresentativa di un territorio. E magari fornita da un buon agricoltore.