Tutte le aziende agricole, grandi e piccole, sanno quanto l'andamento climatico stagionale sia fondamentale per ottenere produzioni soddisfacenti. E gli effetti dei cambiamenti climatici, con la loro imprevedibilità e severità, stanno aumentando anno dopo anno il livello di incertezza del settore agricolo.

 

Un gigante dei piccoli frutti, come la statunitense Driscoll's, perde ogni anno circa l'8% della produzione a causa del climate change. A dirlo è stato Scott Komar, senior VP Global R&D di Driscoll's, durante il World Agri-Tech Innovation Summit 2024 di San Francisco, l'evento che ogni anno raccoglie aziende, startup, fondi di investimento, ricercatori e agricoltori da tutto il mondo. E proprio il tema dell'individuazione di strumenti per gestire i cambiamenti climatici è stato al centro dell'ultima edizione (a settembre ci sarà la tappa di Londra).

 

Per adattarsi ai cambiamenti climatici e provare ad avere produzioni stabili e soddisfacenti le aziende puntano su due strumenti: soluzioni di origine biologica, sia a livello di biostimolanti che di agrofarmaci, e miglioramento genetico tramite le Tea, le Tecnologie di Evoluzione Assistita (in inglese New Breeding Techniques).

 

Un momento di discussione tra Howard-Yana Shapiro (ICRAF), David Savage (Innovative Genomics Institute), Eduardo Blumwald (Department of Plant Sciences UC Davis), Kinneret Shefer (ceo & co-founder GeneNeer)

Un momento di discussione tra Howard-Yana Shapiro (ICRAF), David Savage (Innovative Genomics Institute), Eduardo Blumwald (Department of Plant Sciences UC Davis), Kinneret Shefer (ceo & co-founder GeneNeer)

(Fonte foto: World Agri-Tech Innovation Summit)

 

Quando la natura sostiene la produttività del settore agricolo

I biostimolanti e gli agrofarmaci di origine biologica sono strumenti che stanno diventando sempre più preziosi, come sottolineato dal panel composto da Cristina Rohr (S2G Ventures), Brent Smith (Newleaf Symbiotics), Brian Kuehl (CHS), Gloverson Moro (AgriThority) e Ruy Cunha (Lavoro Agro).

 

I biostimolanti sono prodotti a base di microrganismi o matrici vegetali che hanno il potenziale di aiutare le piante a superare gli stress abiotici, quali ad esempio caldo estremo, irraggiamento solare eccessivo, freddo, salinità del suolo e tanto altro ancora. Sono dunque ideali per rendere le piante maggiormente competitive in un contesto di cambiamenti climatici.

 

Gli agrofarmaci di origine biologica sono invece prodotti per la difesa formulati grazie all'impiego di composti naturali, come microrganismi o estratti vegetali. Si tratta di prodotti tecnici più difficili da utilizzare rispetto a quelli di sintesi, che tuttavia offrono la possibilità di avere una difesa maggiormente rispettosa dell'ambiente.

 

Dalla discussione sul palco è emerso, tuttavia, che per avere successo questi prodotti:

  • hanno bisogno di un supporto tecnico capillare, in quanto si tratta di prodotti che per essere efficaci devono essere usati in maniera corretta;
  • occorre evitare di generare aspettative troppo alte, per non perdere la fiducia degli agricoltori;
  • devono essere facili da immagazzinare ed utilizzare. Prodotti con una shelf life limitata, che hanno bisogno di essere conservati al freddo o che devono essere "attivati" prima dell'utilizzo, hanno scarso successo;
  • avere una offerta completa. Quello dei biologicals è oggi un mercato molto frammentato, che quindi rende più difficile per l'agricoltore individuare le soluzioni che fanno al proprio caso.

 

Il miglioramento genetico alla base della competitività agricola

L'altro aspetto emerso dalla due giorni del World Agri-Tech 2024, di cui AgroNotizie® è mediapartner, è che le Tea hanno un potenziale rivoluzionario (ma sarebbe meglio dire evolutivo) enorme, paragonato dai relatori saliti sul palco a quello che ha avuto la scoperta dell'elettricità.

 

Durante la discussione tra David Savage (Innovative Genomics Institute), Eduardo Blumwald (Department of Plant Sciences UC Davis) e Kinneret Shefer (GeneNeer) è emerso come tutte le grandi aziende stiano lavorando per avere piante che siano in grado di gestire al meglio gli effetti dei cambiamenti climatici, ma anche gli attacchi di insetti e di microrganismi patogeni. Ad esempio, Jess Newman di McCain (realtà protagonista nel settore delle patate), ha spigato come il Gruppo stia selezionando nuove varietà resistenti alla verticillosi e ai nematodi.

 

Ma la ricerca sta andando anche verso un potenziamento della relazione simbiotica tra piante e microrganismi benefici. Ad esempio, sul fronte della nutrizione, selezionando piante che secernono un particolare biofilm a livello radicale, è possibile favorire lo sviluppo di batteri azotofissatori, in grado (potenzialmente) di sostituire la concimazione azotata di sintesi, con enormi ripercussioni positive a livello ambientale, ma anche dei costi di produzione.

 

Ricercatori di Tropical Biosciences stanno invece modificando il genoma della banana Cavendish per renderla resistente ad una specie particolare di Fusarium (Panama disease), che oggi sta devastando le piantagioni di tutto il mondo, mettendo a rischio l'intero comparto bananiero mondiale. Altre aziende, come la statunitense GreenLight Biosciences, stanno invece sviluppando degli insetticidi-fungicidi a base di filamenti di Rna (metodo dell'Rna interferente) per difendere le piante in modo efficace e sostenibile.

 

Durante la due giorni californiana è emersa una considerazione condivisa: continuare "business as usual" non è più possibile, anche perché la popolazione mondiale è in aumento e dunque sarà necessario produrre sempre più cibo, in maniera sempre più sostenibile e resiliente. L'innovazione tecnologica sembra dunque essere l'unica strada percorribile, purché gli agricoltori siano pronti a cambiare il modo di lavorare e la legislazione non ostacoli tale cambiamento.

 

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