C'è un'Italia agricola che sta soffrendo la crisi energetica e che rischia di chiudere le aziende e abbandonare i campi se non si troveranno presto soluzioni strutturali e con effetti immediati. La parola d'ordine al momento è resistere, ma sempre sperando che qualcosa cambi ed in fretta. L'inverno fa paura, ma non c'è solo il freddo a spaventare.
Perché i prezzi stellari raggiunti oggi da energia elettrica, carburanti e mezzi tecnici, si sono innestati su un male antico dell'agricoltura italiana: la mancanza o l'insufficienza di strumenti per salvaguardare i redditi agrari dalle svalutazioni eccessive, e talvolta speculative, dei prodotti primari sui mercati all'origine. Una piaga che segna ancor più l'agricoltura del Mezzogiorno, lì dove sono più deboli le strutture delle filiere e meno radicate le organizzazioni di produttori.
Abbiamo raccolto tre casi esemplari, a partire dal contenuto di una lettera inviata al giornale da Vito Sorino, 31 anni, di Foggia in Puglia, imprenditore agricolo produttore di uva da tavola, a capo di un'Azienda che è alla terza generazione, ma sotto pressione proprio per gli eccessivi ribassi sui prezzi all'origine.
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I prezzi all'origine in balia delle aste
"Una tradizione intrapresa da mio nonno che ad oggi porto avanti con dedizione ed orgoglio, con passione - ci scrive Sorino, in una missiva dai toni a tratti accorati, descrivendo la sua Azienda. Un lavoro avvincente e difficile, ma che sta diventando impossibile: "Da diversi anni il settore agricolo vive una profonda crisi strutturale che da Nord a Sud mina la stabilità dell'intera filiera. Non è possibile vendere il prodotto a 20 centesimi al chilogrammo per poi vedere lo stesso prodotto in vendita nella grande distribuzione a 3, 4 anche 5 euro al chilogrammo".
Sorino si riferisce all'uva da tavola e cita ancora il caso delle aste della Gdo: "Le aste al ribasso creano guerre tra noi imprenditori che alla fonte non abbiamo più adeguati margini di guadagno per produrre un prodotto di qualità. Quando noi agricoltori non riusciremo più ad andare avanti, chi produrrà i frutti della nostra terra? Tutto ciò è avvilente e fa male, soprattutto perché i media e soprattutto le istituzioni non ne parlano".
Il giovane imprenditore pugliese conclude con una considerazione più generale: "La mia è una situazione comune a tanti altri amici e colleghi imprenditori: da soli e senza un aiuto sicuramente chiuderemo nel giro dei prossimi mesi o anni".
Il pudore e il silenzio di tanti
Abbiamo così provato in questi giorni a sondare gli animi anche di altri imprenditori: molti sono restii a parlare delle difficoltà, che al momento sembrano ingigantirsi sul lato dei costi, a causa della bolletta energetica aziendale, lievitata a causa della guerra in Ucraina e delle speculazioni. Ma c'è chi rompe la cortina di pudore e di silenzio e si confida.
Produrre energia non basta
All'Agriturismo Nonna Luisa di Ferentino in provincia di Frosinone c'è Rossana Frusone: conduce una piccola Azienda biologica a prevalente indirizzo ortofrutticolo. È una fattoria didattica, c'è qualche animale e ben tre centraline per produrre energia da fonti rinnovabili: mulino, pannelli fotovoltaici e una minicentrale a biomasse, alimentata dal materiale di risulta delle potature, dagli scarti del ristorante e dallo sterco degli animali.
"L'impianto fotovoltaico da un qualche respira - afferma l'imprenditrice - ma la bolletta elettrica è lievitata di quasi quattro volte in un mese, passando dai 600 euro di agosto ai 2.875 euro di settembre". Il problema è che pur producendo energia elettrica, l'azienda deve cederla alla rete, per poi riacquistarla: "L'Enel compra la nostra energia a prezzi bassi, ed è sempre stato così - spiega la Frusone - ma all'atto del riacquisto siamo passati dal pagare 0,07 euro al Kwh contro gli attuali 0,45 euro: così la differenza già a nostro sfavore è notevolmente aumentata".
Intanto c'è la clientela dell'agriturismo da accogliere: "Se vuoi offrire un certo livello di servizio, vanno mantenuti determinati standard e non ci si può rivalere sui prezzi più di tanto, sulla compressione dei consumi abbiamo già lavorato in passato per una scelta di sostenibilità ambientale, pertanto l'aumento dei costi energetici taglia direttamente il margine di guadagno dell'attività". E la prospettiva non è rosea: "Per quest'anno si lavora per tenere in piedi l'attività ed un servizio verso la collettività, ma con un reddito di mera sussistenza".
Azzerato il valore aggiunto del latte di bufala
In provincia di Frosinone c'è l'Azienda zootecnica bufalina condotta da Valerio De Lellis, circa 250 capi da latte, inserita in un contesto - quello della cessione del latte ai caseifici per la trasformazione in mozzarella - dove i prezzi del latte generalmente sono ben più elevati e premianti di quello vaccino, ma: "Con gli aumenti di gasolio ed elettricità è stato già difficile far fronte alle spese durante l'estate, con il prezzo del latte bufalino che è più elevato - dice De Lellis, che sottolinea: sarà un inverno duro, deve cambiare qualcosa e velocemente, altrimenti diventa difficile immaginare come arrivare alla prossima primavera".
I conti dell'azienda non tornano più, perché il gasolio agricolo, nonostante i provvedimenti del governo, è comunque passato nel giro di pochi mesi da 0,60 a 1,55 euro al litro. "Dobbiamo lavorare la terra per produrre foraggio, i trattori consumano molto - ricorda De Lellis - ma abbiamo anche più che raddoppiato il costo dell'irrigazione, perché per pompare acqua ricorriamo a motori diesel e la siccità, con le temperature elevate, ci ha costretti a consumare anche di più".
Un effetto tempesta perfetta che si completa con gli aumenti delle materie prime: "il fertilizzante che usiamo è passato da 30 a 120 euro al quintale - aggiunge De Lellis - le sementi per mettere foraggio sono aumentate del 40%, e nel caso durante l'inverno non dovesse bastare il fieno, il prezzo è raddoppiato".
Da queste testimonianze, sicuramente non del tutto esaustive di un universo ancora più ampio, emerge tuttavia con chiarezza che urgono interventi strutturali che al tempo stesso possano avere anche un effetto rapido: due aspetti difficili da conciliare, proprio mentre arriva la mannaia del taglio della Pac. Una patata bollente che finirà presto nelle mani del nuovo ministro delle Politiche Agricole.
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