L'afta epizootica torna a minacciare le stalle dell'Unione Europea. Un primo caso c'era stato a gennaio, in Germania, in un allevamento di bufale nel distretto di Märkisch-Oderland, nello Stato federale di Brandeburgo, a Nord Est di Berlino.
Ora sono segnalati nuovi episodi, questa volta in Ungheria e successivamente in Slovacchia.
Il primo a essere colpito è un allevamento a Kisbajcs, a Nord dell'Ungheria, non lontano dalla città di Gyor, al confine con la Slovacchia, dove sono presenti circa 1.400 bovine da latte.
Nuovi focolai
Dagli esami di laboratorio del Veterinary Diagnostic Directorate of the National Food Chain Safety Office si apprende che il virus appartiene al sierotipo "O".
Il 21 marzo scorso, a distanza di pochi giorni dal primo focolaio ungherese, l'Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell'Emilia Romagna, che di questa patologia è centro di referenza nazionale, conferma l'insorgenza di altri tre focolai.
Uno nella stessa zona di restrizione del primo allevamento ungherese e altri due in territorio slovacco, lungo il Danubio.
Alta contagiosità
Questi nuovi episodi a breve distanza l'uno dall'altro, in un'area dove l'afta epizootica era assente da circa 50 anni, riaccendono le preoccupazioni per una malattia che si dava per scomparsa in Europa, sebbene ancora presente nel mondo.
È bene ricordare che si tratta di una patologia altamente contagiosa, che non colpisce le persone, ma che negli animali sensibili al virus provoca una sintomatologia importante, con pesanti ripercussioni sulla produttività.
Ad esserne colpiti sono tutti gli animali a "unghia fessa", dunque bovini, ovini e caprini e suini, ai quali si aggiungono numerose specie selvatiche.
La sintomatologia
I principali sintomi sono un rialzo della temperatura, presenza di vescicole sulla bocca e sulla lingua.
Vescicole si trovano poi sugli unghielli, nello spazio che li divide, dove provocano dolorabilità e conseguente zoppia.
Da qui il termine di foot and mouth disease (malattia dei piedi e della bocca) con il quale questa patologia è conosciuta a livello internazionale.
Raramente il virus conduce a morte l'animale, ma la perdita di produttività è rilevante.
Il contagio avviene sia per contatto diretto fra gli animali e sia per via indiretta tramite oggetti contaminati e in alcuni casi anche per via aerea.
L'ingresso del virus nell'animale può infatti avvenire sia per via respiratoria sia per via digerente.
Lo stesso personale che accudisce gli animali può inconsapevolmente essere un veicolo del virus se le misure di biosicurezza non sono rispettate.
Misure draconiane
La resistenza del virus all'ambiente esterno e la forte trasmissibilità impone misure draconiane in presenza di focolai, compreso l'abbattimento degli animali e importanti restrizioni alla movimentazione di animali e mezzi.
Misure già adottate sui focolai, unitamente a una attenta sorveglianza delle aree circostanti.
Questi nuovi episodi rappresentano una seria minaccia della quale tenere conto in tutta l'Unione Europea.
Prontamente il 25 marzo le autorità sanitarie europee sono intervenute (Decisione di Esecuzione 2025/613) prevedendo zone di protezione in Ungheria e zone di sorveglianza in Slovacchia, nei distretti di Dunajská Streda e di Komárno.
Massima prudenza
Come per il precedente caso in Germania, sono state prese tutte le misure necessarie per contenere l'espandersi del virus.
Meglio in ogni caso aumentare anche in Italia il livello di guardia a ogni stadio, dalle strutture sanitarie ai singoli allevatori.
Vale la regola della massima prudenza, accompagnata da severe misure di biosicurezza.
Ancora una volta un appello a non fare entrare in allevamento prodotti, animali e persone che possono in qualche modo essere entrati in contatto con il virus.