Continuano a destare preoccupazione i fenomeni di resistenza che alcuni batteri mostrano nei confronti di antibiotici di uso comune in medicina.

Le conseguenze sono gravi e già si contano nel mondo migliaia di decessi, numero destinato ad aumentare esponenzialmente se non si fermerà la tendenza dei batteri a diventare insensibili agli effetti degli antibiotici.

 

L'antibiotico resistenza interessa allo stesso tempo persone e animali, a conferma della loro interdipendenza nei confronti della salute.

È su queste basi che si ispira la strategia One Health, che si potrebbe tradurre in "salute unica", fondamentale nel contrastare sia la crescita dell'antibiotico resistenza, sia la diffusione di innumerevoli patologie che riguardano la salute pubblica.


Lotta alla resistenza

Due le strade percorribili per evitare l'aggravarsi della situazione: realizzare nuove molecole e ridurre l'impiego degli antibiotici, sia nell'uomo, sia negli animali.

Studiare nuovi farmaci richiede però tempo e investimenti miliardari, dunque non resta, almeno nell'immediato, che la via della riduzione nell'impiego di antimicrobici, sia in medicina veterinaria sia in quella umana.

 

Nella cura degli animali già si sono compiuti progressi importanti, escludendo alcuni principi attivi dall'impiego sugli animali, per riservarli solo alle terapie in campo umano.

Poi riducendo drasticamente l'uso delle molecole ammesse, utilizzate solo a fronte di necessità terapeutiche.

Un uso mirato e limitato che ha coinvolto tutte le specie animali di interesse zootecnico.

Un dato per tutti, in campo avicolo negli ultimi anni la riduzione è stata del 94%.


Meno farmaci nelle stalle

L'impegno del settore zootecnico per un uso ridotto e oculato del farmaco veterinario, e non solo degli antibiotici, emerge dal resoconto realizzato da Efsa, Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare, sul monitoraggio della presenza di residui negli allevamenti europei.

Nel corso del 2023 sono stati raccolti oltre 548mila campioni sui quali i laboratori hanno cercato la presenza di una vasta serie di molecole (antimicrobici, ormoni, beta agonisti e molti altri) oltre i limiti ammessi.

 

Sul totale dei campioni esaminati solo lo 0,11% ha mostrato valori fuori norma.

Ancor meglio i risultati delle analisi sui campioni raccolti in Italia per tutte le specie di interesse zootecnico.

Nessun caso, ad esempio, fra gli avicoli e solo per i bovini un solo episodio (su oltre diecimila esaminati) di tracce di antibiotici.

Nessun campione ha mostrato presenza di ormoni come gli stilbenici, peraltro vietati.


Uso improprio

Il mondo degli allevamenti sembra dunque aver preso con grande serietà l'impegno a lottare contro l'antibiotico resistenza.

Non altrettanto sembra accadere sul fronte della medicina umana.

Un recente documento di Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco, denuncia infatti un aumento del consumo di antibiotici nel 2023 (più 5,4%).

 

Preoccupante il picco che si registra durante la stagione invernale. Aumento che verosimilmente coincide con la maggior diffusione di virus influenzali nei mesi più freddi.

Dimenticando che gli antibiotici non hanno efficacia nei confronti dei virus e che il loro impiego in questi casi non solo è inutile, ma favorisce l'insorgenza di resistenza da parte dei batteri.

 

Scarsi risultati

Non stupisce allora che i risultati nella lotta all'antibiotico resistenza siano ancora modesti.

Un recente documento elaborato da Efsa e da Ecdc, Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, fa il punto sui dati, non troppo incoraggianti, ottenuti su questo fronte.

 

Alcuni batteri di frequente riscontro fra persone e animali, come Salmonelle e Coli, continuano a presentare un'elevata resistenza ad alcune categorie di antibiotici.

Preoccupante fra l'altro l'inefficacia registrata dalla ciprofloxacina (antibiotico di importanza cruciale) nei confronti di importanti patogeni.


L'esempio degli allevamenti

Il documento si conclude con una nota positiva per una diminuita resistenza da parte di alcuni ceppi di Campylobacter, che in campo umano sono responsabili di patologie gastrointestinali fra le più diffuse al mondo.

Ancor più positive le notizie che giungono dal mondo degli allevamenti.

In molti Paesi europei si registrano progressi nella riduzione della resistenza agli antimicrobici negli animali destinati alla produzione di alimenti.

 

In conclusione, si può aggiungere, non resta che proseguire sulla strada tracciata con impegno e responsabilità dalla medicina veterinaria e dagli allevamenti.

Sperando che l'esempio sia di sprone per un analogo comportamento in altri settori.