In un anno - il 2025 - di flessione e particolarmente impegnativo per il settore della meccanica agricola, FederUnacoma cogliendo l'occasione dell'annuale Think Tank, quest'anno svoltosi a Bevagna di Perugia presso la Tenuta Castelbuono, ha tracciato i confini dello scenario economico e geopolitico nel quale operano oggi le imprese agromeccaniche.

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Il rischio dazi e la diversificazione dei mercati di esportazione delle aziende italiane al centro del dibattito aperto da Simona Rapastella, direttore generale di FederUnacoma che ha affermato: "le variabili economiche, finanziarie e geopolitiche hanno grande influenza sulla vita delle imprese, e queste debbono prenderne atto. Tuttavia, le imprese non subiscono passivamente i fatti economici, ma li interpretano e li affrontano con le proprie armi".

 

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Ha fatto eco Maria Teresa Maschio, presidente di FederUnacoma che ha posto l'attenzione sulla scadenza ormai prossima del 2 aprile, quando l'amministrazione Trump renderà noti i termini di imposizione dei nuovi dazi che potrebbero interessare anche i nostri mercati.

 

"Una variabile - ha affermato Maschio - che si aggiunge ai fatti economici e geopolitici di questa fase storica su cui però non abbiamo un vero controllo. Questo non deve fermarci, ci sono variabili sulle quali, infatti, possiamo e dobbiamo intervenire come la ricerca e l'innovazione dei nostri prodotti e una politica di marketing che migliori la nostra capacità di raccontare quello che siamo capaci di fare".

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Dazi sì, dazi no

Focalizzandosi sui nuovi assetti geopolitici che creano incertezza nelle strategie d’impresa, Federico Fubini, giornalista economico e vice direttore del Corriere della Sera, ha preso per mano la platea di industriali presente in sala conducendola in una approfondita analisi del ruolo strategico a cui la meccanica agricola è chiamata a rispondere in questa fase storica.

 

Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera

Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera

(Fonte foto: Agronotizie)

 

L'Italia infatti, che vede negli Stati Uniti il principale mercato di sbocco per un’ampia tipologia di prodotti tra cui proprio le macchine agricole, risulterebbe penalizzata dalla politica prospettata dall'amministrazione americana di disincentivazione delle importazioni con l'applicazione di dazi.

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Navighiamo senza più il riferimento di parametri che pensavamo consolidati e, spiega Fubini, "dal 2007 stiamo vivendo una serie di crisi - dall'Euro al Covid, passando per la Brexit e per i conflitti sempre più prossimi ai nostri confini per arrivare all'amministrazione Trump - ma comunque siamo rimasti in piedi e questo ci insegna che dobbiamo sempre avere una progettualità e una prospettiva". 

 

L'autarchia di Trump

Fubini disegna un quadro nel quale l’amministrazione americana è davanti a un bivio. I dazi all’importazione, al momento solo annunciati ma non ancora applicati, rispondono all'obiettivo di riportare negli Stati Uniti alcune produzioni industriali strategiche come quelle del settore automobilistico, farmaceutico, dell’acciaio e del rame che guardano, spiega Fubini, a un'idea autarchica di indipendenza dal resto del mondo utile alla resilienza strategica.

 

Solo così, secondo l'esperto, gli Stati Uniti possono contrastare l'economia cinese che si sta imponendo come superpotenza in grado di sfidare il predominio americano. Fatto, sempre a detta dell'esperto, preoccupante per gli Stati Uniti non solo nell'ottica di uno scontro economico, ma probabilmente anche nella prospettiva di uno scontro strategico e, potenzialmente, di una guerra.

 

La strategia americana, insomma, punta a tagliare la catena del valore per ridurre la dipendenza dall'estero dove la politica dei dazi - ipotizza Fubini - assume non tanto una valenza economica ma più che altro strategica.

 

Debito pubblico: il tallone d'Achille 

E poi, aggiunge Fubini, c'è la questione del debito pubblico americano che rappresenta il tallone d’Achille della potenza d'oltreoceano. Spingere i paesi terzi a finanziarlo è tra gli obiettivi dell'amministrazione americana. "Se guardiamo - spiega Fubini - le misure più dure sono intraprese verso i paesi alleati con l'obiettivo di portarli a finanziare il deficit americano".

 

"Questo - commenta il vicedirettore del Corriere della Sera - impone alle aziende italiane di diversificare le proprie strategie commerciali, cercando nuovi mercati per compensare eventuali cali in quelli tradizionali". L'Unione Europea, secondo i dati portati dall’esperto, è il principale fornitore degli Usa e deve essere consapevole dei suoi punti di forza. "I dazi - continua - in previsione porterebbero a una perdita sovrapponibile a quella avuta negli ultimi anni sulle esportazioni nel mercato tedesco a cui abbiamo reagito guadagnando su altri mercati. Questa può essere la via d'uscita".

 

L'Unione fa la forza

Quello che dovrebbe preoccupare maggiormente è, secondo il vice direttore, la frenata economica come conseguenza indiretta dovuta allo shock della messa in discussione della globalizzazione come la conosciamo oggi.

Ma anche qui una soluzione c'è e, sottolinea Fubini, si chiama Unione Europea che, animata dalla ragionevolezza, deve saper far valere il proprio peso finanziario sugli Stati Uniti d'America. Ma soprattutto, chiosa, "non dobbiamo commettere l'errore di credere a Donald Trump e di pensare che possiamo fare a meno dell'Europa".