"Si rileva che, ad argine del legittimo esercizio delle funzioni consortili, si continuino ad evocare – travisandole – le pur chiare statuizioni della Corte Costituzionale contenute nella nota sentenza n. 188 del 19 ottobre 2018. E per quanto ci si possa aspettare una distratta alterazione della giurisprudenza costituzionale da parte di associazioni che basano sul conflitto con i consorzi e sull’escapologia fiscale i loro principale, se non esclusivo, motivo di esistenza, non può invece accettarsi che un organismo serio come Confagricoltura Puglia, diffonda messaggi fuorvianti.
Con quella sentenza, del resto, la Consulta aveva riconosciuto l’illegittimità costituzionale di una legge regionale, quella calabrese, che rimuoveva in radice ogni riparto dell’onere probatorio, imponendo il prelievo consortile a prescindere dal presupposto individuato dalla legge statale e da una giurisprudenza di legittimità a dir poco uniforme. Infatti, leggendo attentamente il contenuto, si sarebbe subito colto che il problema della legge regionale calabrese n. 11 del 2003 (poi superata nel 2017 da una norma più attenta alla legittimità della contribuzione consortile secondo le norme statali) stava proprio nella totale svalutazione del ruolo dei piani di classifica su cui, invece, si basa la funzione impositiva e l’attività dei consorzi pugliesi, al punto dall’essersi in passato disposta la sospensione del tributo proprio a tutela di tale principio. In altri termini, la Regione Calabria aveva ritenuto che la mera afferenza dell’immobile nel «comprensorio di bonifica» - a prescindere dall’analitica rilevazione e misurazione dei benefici ad opera dei piani di classifica (nemmeno adottati dai consorzi calabresi) – costituisse il presupposto sufficiente dell’imposizione. Ancora, la legge calabrese, all’art. 23 (anche in questo discostandosi da quella pugliese), stabiliva che per le spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali, il contributo fosse dovuto “indipendentemente dal beneficio fondiario”!! Ne è risultato - in Calabria, ma non certo in Puglia – che i consorziati, fino al 2017, hanno versato contributi senza piano di classifica e sulla base di un criterio del tutto sganciato dal beneficio, attuale o potenziale che fosse.
Ritiene davvero Confagricoltura che, almeno dopo l’adozione dei Piani di classifica del 2012 in Puglia sia accaduto ciò? Ove così fosse, questa confederazione non avrebbe avuto cura degli atti, dei fatti e delle norme che connotano le vicende, certamente non semplici della bonifica pugliese.
Peraltro, dovendosi conferire la giusta importanza alla ricordata sentenza costituzionale, dovrebbe al contrario riconoscersi che, proprio con la sua motivazione, il Giudice delle leggi ha chiarito in maniera definitiva come il contributo consortile sia un contributo di scopo, destinato ad alimentare la provvista dei Consorzi indispensabile all’esercizio della doverosa attività di bonifica. Proprio da questa sentenza Confagricoltura avrebbe dovuto evincere, quindi, che anche secondo la Corte costituzionale (oltre che secondo la più attenta giurisprudenza tributaria e l’intera Corte di cassazione) non esiste un rapporto sinallagmatico tra attività di bonifica e assoggettamento a contribuzione consortile. Tale beneficio, infatti, può consistere sia nella fruizione, sia nella potenziale, eventuale e successiva fruibilità dell’attività di bonifica. In questo senso, anche la Corte Costituzionale ha ribadito il principio di “beneficio potenziale” che i Consorzi difendono strenuamente dinanzi alle commissioni tributarie pugliesi, proprio per evitare che i consorziati siano tenuti a versare quelle somme ingentissime che sarebbero necessarie a vedere in ogni dove ed in ogni anno lavori e manutenzioni che appaghino la vista e la coscienza. Queste le esatte parole utilizzate dalla Consulta al paragrafo 7.3 della sentenza 188: ”(…) il contributo consortile di bonifica ha natura tributaria, conformemente alla sua struttura non sinallagmatica, e costituisce un contributo di scopo. Questo essendo ormai il punto d’arrivo del diritto vivente, deve conseguentemente identificarsi un vero e proprio potere impositivo del consorzio nei confronti dei consorziati sul presupposto della legittima inclusione del bene immobile nel comprensorio di bonifica e del beneficio che all’immobile deriva dall’attività di bonifica. In ragione di tale qualificazione, il necessario “beneficio” non è espressione di un rapporto sinallagmatico; ma c’è un tributo che può definirsi di scopo, almeno in senso lato, perché destinato ad alimentare la provvista del Consorzio per poter realizzare le opere di bonifica. Il beneficio che giustifica l’assoggettamento a contribuzione consortile non è legato, con nesso sinallagmatico di corrispettività, all’attività di bonifica, come sarebbe se si trattasse di un canone o di una tariffa, che invece tale nesso sinallagmatico presuppongo (…) Nondimeno, nel caso dei contributi consortili di bonifica, il beneficio per il consorziato-contribuente deve necessariamente sussistere per legittimare l’imposizione fiscale: esso però consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell’attività di bonifica, che, in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria.”
C’è allora da sperare, per il futuro, che si ripristini la verità e lo spirito di reale collaborazione tra istituzioni, associazioni, confederazioni e consorzi".
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