Lo storico e agronomo latino Varrone racconta che sull'isola di Chio, in Grecia, gli agricoltori lasciavano riposare i grappoli di uva in acqua di mare prima di procedere alla pigiatura. Un trattamento che permetteva di lavare via dagli acini buona parte della pruina, la sostanza cerosa che protegge le bacche. La successiva pigiatura permetteva di ottenere un vino dolce e profumato che era considerato un bene di lusso, tanto che ad offrirlo ai suoi commensali era stato l'imperatore Augusto Cesare.

A studiare questa pratica è stato uno dei massimi esperti di vino e vite in Italia, Attilio Scienza, e ad aver messo in pratica gli insegnamenti degli antichi greci è stata una ragazza elbana, Giulia Arrighi.

"Ho sentito parlare il professor Scienza di questa pratica durante una conferenza qui all'Elba e ho pensato che le consonanze tra la nostra isola e quella di Chio erano troppe per non provare a produrre questo vino", spiega ad AgroNotizie Giulia Arrighi che si è meritata un Oscar green nella sezione innovazione e che su questa sperimentazione sta scrivendo la propria tesi di laurea.

"Non solo la mia famiglia ha un'azienda vitivinicola su un'isola simile a quella di Chio. Ma il vitigno tipico locale, l'Ansonica, discende dalle cultivar che i greci lasciarono all'Elba quando venivano a rifornirsi di ferro, più di 2.500 anni fa. Inoltre noi vinifichiamo in anfore di terracotta, come i greci".

E così Giulia, supportata dalla famiglia, si è lanciata in questa avventura. I grappoli vendemmiati e accuratamente selezionati sono stati alloggiati in nasse di vimini come quelle utilizzate dai pescatori. Dei sub hanno poi agganciato al fondale marino le strutture tenute a mezz'acqua attraverso l'uso di boe. Un lavoro complesso che alla fine del primo anno ha permesso di ottenere 40 litri di vino.
 
I grappoli vendemmiati e accuratamente selezionati sono stati alloggiati in nasse di vimini


Acqua di mare e uva

"L'acqua di mare ha l'effetto di eliminare parte della pruina che ricopre le bacche. Quando queste poi vengono sistemate sui graticci ad appassire avviene una maggiore evapotraspirazione che permette un migliore appassimento", spiega Arrighi. "Inoltre la ridotta presenza di pruina rende maggiormente estraibili i polifenoli e gli aromi presenti nella buccia. Ne risulta un vino maggiormente profumato e aromatico che, a differenza di quello prodotto dei greci, nel nostro caso è secco".

Appassendo più velocemente rispetto ad un'uva non passata in acqua di mare gli aromi vengono preservati in maniera migliore. Inoltre nella cantina Arrighi non fanno uso di lieviti selezionati, ma lasciano il lavoro di fermentazione ai microrganismi che superano il 'bagno' in mare e a quelli presenti in cantina.

A rendere il vino prodotto all'Elba ancora più vicino a quello degli antichi greci è il fatto che presso la cantina Arrighi ormai da alcuni anni le operazioni vinarie avvengono in anfore di terracotta e non nei classici tini in acciaio.

"Oltre che sul miglioramento dell'appassimento l'acqua di mare ha anche un effetto sulla vinificazione", spiega Arrighi. "Per un processo di osmosi il sale presente nell'acqua di mare attraversa la buccia degli acini di uva e penetra all'interno della bacca. Oltre a donare un piacevole gusto sapido il cloruro di sodio ha una funzione inibitoria nei confronti dei microrganismi indesiderati in cantina e quindi funziona un po' come i solfiti".

Se il primo anno sono stati prodotti solamente 40 litri del prezioso vino, quest'anno si dovrebbe salire a 100. "Sicuramente vogliamo andare avanti per questa strada anche se al momento non esiste una regolamentazione che preveda di vendere vino prodotto con uve lasciate riposare in acqua di mare".

 
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