Quattro pilastri tematici connessi fra loro - prodotto, tecnologia, formazione e turismo - per la nuova manifestazione di Veronafiere, Sol2Expo - Full Olive Experience in programma da domenica 2 a martedì 4 marzo 2025.

 

Nuove prospettive di rilancio per un settore che ha grandi potenzialità come quello olivicolo oleario, non soltanto sul piano dell'economia e della tutela della biodiversità (in Italia si coltivano oltre cinquecento cultivar, pari al 42% delle varietà a livello mondiale, mentre il settore dell'olivicoltura conta 619mila aziende agricole su 1,14 milioni di ettari, dei quali 272mila bio, e 4.327 frantoi attivi, secondo Ismea), ma anche in chiave di turismo e di espansione dei consumi, che con il boom dei prezzi derivato dal calo produttivo figlio dei cambiamenti climatici solo negli ultimi due anni è sceso del 16%, in base alle stime di Assitol.

 

Un'analisi più approfondita dell'Associazione Italiana dell'Industria Olearia mette in luce che, a fronte di una crescita dei prezzi del 40-50% il calo dei consumi è stato del 16%, vale a dire una flessione molto meno che proporzionale, segno quindi che i consumatori hanno ridotto i loro acquisti, ma non hanno rinunciato all'extravergine.

 

Veronafiere "casa naturale" per l'olio

Una manifestazione in solitaria per l'olio, che da una casa in condominio con Vinitaly per ben ventotto edizioni, guarda all'esordio autonomo e, per il direttore generale di Veronafiere, Adolfo Rebughini, "punta a posizionare Sol2Expo quale fiera internazionale della filiera oleicola secondo un approccio verticale, unico in Italia, in grado di far confluire in un format originale tutto il processo olivicolo produttivo e di trasformazione".

 

Saranno tre i padiglioni della nuova manifestazione, ripensata nel format e nel più ampio segmento merceologico, che spazierà dall'oliva all'olio vergine ed extravergine e sottoprodotti, dagli oli di semi speciali a quelli nutrizionali fino ai prodotti per il wellness, la cosmesi a base di olio e la tecnologia, a conferma che la fase per così dire sperimentale adottata nel 2024, quando ancora si chiamava Sol ed era concomitante a Vinitaly, ha dato segnali positivi.

 

In particolare, il padiglione uno sarà dedicato all'olio extravergine artigianale per ristorazione, Horeca e distribuzione organizzata, il padiglione due agli oli destinati al mass market, nutraceutici e cosmesi con particolare attenzione ai comparti hôtellerie e centri benessere, mentre il terzo padiglione sarà interamente riservato all'innovazione tecnologica, con l'offerta di macchinari e attrezzature per la produzione e il confezionamento dell'olio per tutte le fasi della filiera, dalla raccolta al packaging.

 

Una vocazione business che con il debutto della prima edizione di Sol2Expo non esclude la dimensione business to consumer, aprendo domenica 2 marzo 2025 ai consumatori e a iniziative di acquisto diretto, cooking show, workshop e degustazioni con pairing per il pubblico e gli appassionati.

 

Sol2Expo, poi, conferma il Sol d'Oro, la competizione internazionale di riferimento del settore, organizzata da Veronafiere e che si prepara alla sua 23esima edizione nel 2025 nella versione Emisfero Nord (dal 10 al 17 febbraio prossimi).

 

La campagna olearia

Alla vigilia della campagna olearia, che si protrarrà fino a dicembre, aumenta la preoccupazione fra gli operatori di un ridimensionamento dei prezzi, dopo un biennio che ha visto le quotazioni dell'extravergine aumentare sensibilmente e i consumi, parallelamente, contrarsi (anche se in misura proporzionalmente inferiore).

 

Secondo le previsioni, la Spagna dovrebbe tornare a produrre a livelli normali, passando dalle 700mila tonnellate degli ultimi due anni a 1,2-1,3 milioni di tonnellate, seguita dalla Turchia (350mila tonnellate, dopo un 2023 di scarse soddisfazioni, al punto che il Paese aveva bloccato l'export), dalla Tunisia (300mila tonnellate), dalla Grecia (250mila tonnellate) e dall'Italia, che con una previsione di 200mila tonnellate (o anche qualcosa meno) dovrebbe attestarsi al quinto posto fra i produttori mondiali, perdendo ulteriormente terreno.

 

L'Italia si trova anche - secondo i dati comunicati dall'Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari (Icqrf) - al 31 ottobre scorso, con le giacenze di olio extravergine di oliva che erano di appena 37mila tonnellate, un valore molto basso rispetto agli anni precedenti, con la maggior parte delle scorte che è concentrata in Puglia (poco più di 12mila tonnellate, erano 13mila a settembre), in Sicilia (6.600 tonnellate, erano 2.600 tonnellate a settembre) e in Calabria (5.200 tonnellate, erano 4.300 tonnellate a settembre), mentre quasi tutte le altre regioni italiane si trovano sotto le mille tonnellate, tranne Liguria, Toscana, Umbria e Abruzzo. Sostanzialmente invariata (8.300 tonnellate contro le 7.400 tonnellate del 30 settembre 2024) anche la giacenza di olio extravergine di oliva biologico.

 

Difficile, dunque, che si raggiungano le 144mila tonnellate di stock del gennaio 2024 a pari periodo 2025.

 

Mercati in tensione

Nelle ultime settimane e probabilmente fino a Natale, quando si concluderanno i contratti di fornitura con la Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) a livello internazionale, i prezzi dell'olio tunisino e spagnolo hanno registrato forti ribassi, spinti in una battaglia che non vede - almeno per ora - coinvolta l'Italia, che può contare su una qualità riconosciuta a livello globale.

 

Resta il nodo della competitività per l'Italia. Rispetto alla Spagna, che ha spinto molto su aziende olivicole superintensive, con impianti che oggi sono arrivati a rappresentare il 7% delle superfici olivicole e l'11% della produzione, con una diffusione che dall'Andalusia sta abbracciando anche le aree più a Nord della penisola iberica, l'Italia - anche forse per una conformazione fisica diversa rispetto alle grandi pianure spagnole - può contare circa 15mila ettari di uliveti ad alto tasso di innovazione tecnologica (che consente anche un risparmio idrico notevole e comporta costi di produzione inferiori nell'ordine del 50% rispetto agli impianti tradizionali).

 

Altro vantaggio degli impianti superintensivi riguarda la minore esigenza di manodopera, grazie alla meccanizzazione, e ad una maggiore velocità di raccolta delle olive, che permette una resa qualitativa superiore.