Un incontro rivolto principalmente alle aziende agricole, ma aperto al contributo degli Ordini professionali di commercialisti, agronomi e consulenti del lavoro della provincia di Taranto.
Il primo dato emerso è quello della vivacità dell'agricoltura tarantina, che registra segnali di crescita, con un saldo attivo di nuove imprese del 5,7%: +133 iscrizioni alla Camera di commercio nel primo trimestre 2018. Ed il loro marcato orientamento verso l'imprenditoria femminile (+49%) e giovanile (+24%). Un trend in controtendenza rispetto ai dati nazionali, in netta discesa (-12%).
"La nostra organizzazione - ha sottolineato Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto - crede in questo tipo di strumenti e i dati confermano la bontà della nostra intuizione: nel 2017 sono state costituite 1.260 reti d'impresa, di cui 880 con un retista che opera in agricoltura".
"Abbiamo un'attenzione particolare verso la capacità delle imprese di essere competitive e questi strumenti sono la risposta giusta, per aiutare le imprese ad aggregarsi, a scegliere la via dell'innovazione per essere più forti e competitive sui mercati nazionali ed internazionali" ha sottolineato ancora Lazzàro.
"La strada non è priva di ostacoli – ha concluso Lazzàro - ma ci stiamo attrezzando grazie alle competenze messe in campo da Confagricoltura. E 'facendo rete' anche con l'Università di Bari, gli Ordini professionali e gli enti locali, a cominciare dal Comune di Laterza".
I limiti del contratto di rete in agricoltura vanno dal divieto di cessione delle quote di produzione tra i retisti, all'obbligo di appartenenza allo stesso comparto, ed è su tanto che Confagricoltura intende intervenire.
Agli esperti il compito di chiarire il profilo del contratto di rete agricolo.
Laura Costantino, docente di Diritto agrario all'Università degli Studi "Aldo Moro"di Bari, ha sottolineato come il legislatore abbia inserito il contratto di rete in "una formula assolutamente innovativa che mira a facilitare l'aggregazione d'impresa, seppure con uno strumento soft che permette alle imprese di mantenere la propria struttura e autonomia d'impresa, anche a fini fiscali".
"Uno strumento flessibile e snello che può semplificare la vita delle imprese" ha aggiunto l'avvocato Maria Cristina D'Arienzo, responsabile Reti d'impresa di Confagricoltura.
"Si tratta – ha chiarito - di uno strumento giuridico che nasce su base contrattuale tra imprese, un requisito fondamentale assieme al progetto comune di rete, mentre l'organo comune e il fondo patrimoniale sono elementi facoltativi, ma utili al funzionamento della rete".
Per Nicola Fortunato, docente di Diritto tributario dell'Università di Bari, "Il contratto di rete agricolo è un meccanismo ancora acerbo, soprattutto dal punto di vista fiscale, ma che va favorito perché l'aggregazione, anche in forma light, è ormai diventata una necessità per essere competitivi sui mercati internazionali. Tant'è – ha aggiunto - che le reti d'impresa agricola hanno già ricevuto delle agevolazioni, crediti d'imposta e contributi e potrebbero averne ancora, sia per il favore del legislatore rispetto alle forme di aggregazione sia per il fallimento di altri strumenti".
Al netto, insomma, di una circolare esplicativa dell'Agenzia delle entrate che non soddisfa pienamente il mondo agricolo e di un ulteriore intervento che rimetta ordine alla materia, le potenzialità del contratto di rete agricolo appaiono evidenti.