La Cina ha tagliato di nuovo l'Iva sui prodotti agricoli e alimentari per il secondo anno consecutivo. Dal 1° maggio scorso, infatti l'aliquoota dell'Imposta sul valore aggiunto (Iva) applicata alle vendite e alle importazioni di prodotti agricoli (compresi i cereali) è scesa dall'11% al 10%. Inoltre, l'aliquota Iva per i prodotti agricoli trasformati (compreso il cibo) è stata ridotta dal 17% al 16%.

Il dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, in questa fase di tensione con la Cina per la questione dei dazi, ha rilevato che questo è il secondo anno consecutivo che la Cina ha abbassato l'Iva per i prodotti agricoli. Nel 2017, infatti, aveva portato l'aliquota dal 13% all'11%.
Prima dell'entrata in vigore dell'abbattimento dell'Iva del 1° maggio, la Cina applicava già un'aliquota Iva inferiore all'11% per selezionare beni e servizi, compresi molti prodotti correlati all'agricoltura, come i prodotti agricoli primari, cereali, olio vegetale commestibile, mangimi, prodotti chimici agricoli, fertilizzanti, macchinari agricoli, film agricoli e biogas.

I prodotti agricoli - secondo la definizione ricordata da Washington - si riferiscono generalmente a prodotti agricoli primari che provengono dalla produzione agricola, dall'allevamento e dalla pesca e non comprendono i prodotti trasformati.
I prodotti trasformati, compreso il cibo, prima di maggio erano soggetti all'aliquota Iva generale del 17%, che significa, ad esempio, che le vendite e le importazioni di prodotti agricoli primari come la frutta fresca erano soggette all'Iva dell'11% e i prodotti trasformati come i succhi di frutta erano soggetti all'Iva del 17%.

Il Governo cinese promette di sostenere lo sviluppo delle sue attività riducendo l'onere fiscale e semplificando la struttura fiscale. È stato riferito che le industrie nazionali risparmieranno almeno 240 miliardi di yuan (38 miliardi di dollari) quest'anno, grazie alla nuova politica di Pechino.
"È il secondo passo di una diminuzione strutturale volta al contenimento dei prezzi al consumo per i prodotti agroalimentari in Cina, che tende a favorire l'accesso al cibo a prezzi ragionevoli. E, soprattutto, è una politica a lungo termine, che denota grande attenzione al tema da parte del Governo cinese" commenta Gabriele Canali, docente di Economia agraria all'Università Cattolica del Sacro Cuore.
"Per quanto sia una misura limitata, dal punto di vista delle esportazioni dà un piccolo contributo, in senso positivo. Ha effetti favorevoli anche sulle tariffe ed è un'opportunità per l'export dell'Unione europea e dell'Italia".

Direttore del Centro di ricerca per le filiere suinicole (Crefis), Canali non dimentica le difficoltà ad esportare per il nostro made in Italy, nonostante l'accreditamento della Macroregione agricola del Nord come indenne dalla malattia vescicolare suina e da altre epizoozie che, invece, impediscono all'Italia di ottenere il via libera alla commercializzazione. "Abbiamo problemi di accesso, che speriamo si possano risolvere in fretta - dichiara Canali -. Però la procedura sembra essere lunga e complessa, anche se recentemente alcune delegazioni cinesi hanno visitato le strutture di macellazione in Italia".