Vi ricordate il caso del pesto al Botulino dell’azienda Ferrari-Bruzzone di Genova? Questa, al solo sospetto vi fosse stata contaminazione, ritirò una partita di vasetti per la supposta presenza di botulino. Presenza che per giunta pare oggi non vi fosse nemmeno.
Lì per lì ebbe certamente un danno, ma una ditta che da sola si rende conto di potenziali pericoli e corre tempestivamente ai ripari, agli occhi di un consumatore attento deve essere giudicata come seria e affidabile.
Oggi, dopo il tiro al bersaglio sulla polenta dei giorni scorsi, si deve purtroppo parlare di pasta di grano duro. Tocca dapprima a un produttore di pasta Bio, la Girolomoni, a dare prova di serietà. L’azienda ha infatti ritirato una partita di penne rigate al farro biologico per una presenza fuori norma di micotossine riscontrata nel corso di un controllo interno. Dal comunicato della Girolomoni si apprende infatti che: “Da questo autocontrollo è stato riscontrato un valore di Ocratossina A superiore ai limiti stabiliti dalla legge europea. Pur oltrepassando questi limiti, non sussiste un pericolo per il consumatore, qualora questa tossina non venga assunta in dosi massicce e per tempi prolungati. […] Purtroppo le condizioni meteo dello scorso anno hanno, probabilmente, fatto aumentare il rischio di sviluppo di alcuni funghi nello stoccaggio delle materie prime che, per il lotto in questione, abbiamo acquistato da un’altra cooperativa”.
Condivisibile quindi la decisione dell’azienda, sui contenuti del cui comunicato si parlerà magari fra qualche riga. Questa notizia va infatti prima letta in abbinamento a un’altra, apparsa su “Retenews24.it” nella quale si titola “ALLARME Spaghetti ai Pesticidi: De Cecco, Barilla e altre marche… SCOPRI CHI SI SALVA E CHI NO”. Titolo riportato rispettando alla virgola perfino i maiuscoletti.
Alcune analisi svizzere avrebbero infatti riscontrato la presenza di “pesticidi” in 13 campioni di spaghetti comunemente diffusi nei supermercati. Si "salverebbero", il virgolettato è d'obbligo, solo un paio di marche che commercializzano paste biologiche, nelle quali di residui di agrofarmaci non se ne sarebbero trovati. Secondo gli autori della notizia ciò farebbe addirittura “scalpore”, peccato che poi leggendo l’articolo si evinca come tutti i residui si siano rivelati sotto i limiti di Legge. Quelle partite di pasta sono perciò del tutto regolari da ogni punto di vista, sia sanitario, sia normativo. Parlare quindi di scalpore al reperimento di residui a norma di Legge equivale più o meno a dire che generano scalpore gli autoveicoli che in autostrada rispettano i limiti di velocità.
Ciò, in effetti, genererebbe scalpore si, ma per il motivo opposto, dato che non son certo pochi gli automobilisti che sfrecciano sfanalando e la cui assenza, questa si, farebbe davvero notizia.
Stanti così le cose, l'articolo sulle analisi svizzere rischia quindi di generare più scalpore per la mancanza di motivazioni d’essere che per la presenza dei residui nella pasta.
Le molecole riscontrate, peraltro, sono alcuni insetticidi usati nella disinfestazione dei magazzini, ovvero pirimifos metile, cipermetrina e terbufos. Cioè quelli che servono per evitare infestazioni di insetti e relativa loro presenza fuori norma proprio nella pasta.
Già, perché ci sarebbe infatti un altro punto da sviscerare sul tema “pasta & residui”, ovvero il motivo di quei trattamenti fitosanitari: oltre ai limiti di Legge previsti per i residui di agrofarmaci e micotossine, esistono anche limiti normativi per quanto riguarda i frammenti di insetti che si possono accettare all’interno di pasta, biscotti e altri prodotti da forno. Nei magazzini, si sa, qualche insettino ci può sempre scappare, finendo poi sfarinato insieme al grano.
Per tale ragione, nei prodotti di largo consumo sono comunemente presenti frammenti di antenne, zampette, elitre e altre parti del corpo di piccoli coleotteri, ditteri e lepidotteri. Nonostante il prevedibile Orrore & Raccapriccio da parte dei consumatori, che questo fatto per lo più ignorano e sul quale talvolta dicono sonore stupidaggini, in realtà non vi è alcun pericolo per la salute derivante da questi frammenti entomologici. Essendo però un indicatore dei livelli di igiene complessiva degli alimenti, la Legge ha comunque previsto che di questi frammenti non ve ne possa essere in ogni caso più di un tot.
Sarebbe quindi interessante sapere se oltre ai residui di insetticidi le analisi svizzere abbiano cercato anche questi frammenti per verificarne la conformità. Come pure nasce la curiosità di sapere se sono state per caso cercate le ben più pericolose micotossine. Perché se agli articolisti di Retenews24.it non pare “molto salutare” […] “invitare i consumatori a ingerire pesticidi ed erbicidi a norma di legge”, a chi scrive questo di articolo non pare invece salutare diffondere notizie che più che rivelare scottanti verità finiscono con l'assomigliare all’ennesima sviolinata ideologica sul Mondo Bio, da sempre salutato da certi media come più sano e consigliabile, salvo poi scoprire attraverso altre analisi che così non è affatto.
Il pezzo in questione si conclude poi affermando che “si potrebbe disquisire a lungo sulla quantità minima tollerabile di insetticidi assunti per via alimentare, sui loro effetti sulla salute, anche in quantità minime, e sulle ripercussioni di carattere biologico e ambientale”.
Ancora una volta, no: tutt’altro. Sulla quantità minima tollerabile di agrofarmaci nelle derrate alimentari non c’è proprio alcunché di cui discutere. I limiti residui sono fissati a partire dalla Dose Ammissibile Giornaliera, ricavata dividendo per 100 (a volte per 1000) la No Effect Level, ovvero quella che non ha dato alcun effetto negativo in laboratorio durante test di medio periodo. Cioè quella già di per sé rivelatasi innocua. Quindi avere paura dei residui chimici, perfino quando a norma di Legge, appare più una fobia che una preoccupazione razionale.
Calcolando poi i residui che realmente i consumatori ingeriscono annualmente, si ottengono cifre di poche decine di milligrammi all’anno(1). Ovvero, meno di quante sostanze nocive si assorbano passeggiando un’ora in una via trafficata del centro per fare le compere di Natale o fumando una sola sigaretta.
Ergo, continuare a presentare i residui di agrofarmaci come un grave problema di tipo sanitario è particolarmente fuorviante. Pure si parla troppo spesso a sproposito delle ripercussioni sull’ambiente dei tanto vituperati "pesticidi", trattati sempre come fossero una cosa sola anziché discernere fra le caratteristiche ecotossicologiche di ciascuno preso singolarmente.
La "verità", infatti, pare gonfiare soprattutto le tasche di chi offra ad essa una profondità inversamente proporzionale alle competenze necessarie alla sua propugnazione. Detta in altri termini, chi sa fa e chi non sa insegna.
Per concludere l'argomento "pasta sicura" si deve infine notare come nell’articolo di Retenews24.it non venga riportato alcun cenno al tema delle micotossine.
Già, proprio quelle molecole naturali altamente cancerogene che hanno causato il ritiro della pasta biologica Girolomoni di cui sopra. Una Casa produttrice, questa, che ci tiene peraltro a sottolineare come “Pur oltrepassando questi limiti, non sussiste un pericolo per il consumatore, qualora questa tossina non venga assunta in dosi massicce e per tempi prolungati”. Frase magari condivisibile dal punto di vista squisitamente tossicologico (è sempre la dose a fare il veleno...), ma che si prende comunque l’arbitrio di stabilire lei cosa sia pericoloso e cosa no, senza peraltro fornire una spiegazione razionale di tali affermazioni. Cosa che se venisse fatta da un’azienda che anziché prodotti Bio vendesse uno dei succitati insetticidi trovati in Svizzera, questa verrebbe probabilmente accusata di spregiudicatezza e di arroganza. Due accuse sovente attribuite alle multinazionali della chimica quando argomentino a favore dei propri prodotti.
Fare più pesi e più misure pare infatti divenuto ormai lo sport nazionale in questa società moderna, preda di ogni tipo di divulgazione farlocca.
In tale società, sempre più bipolare, un residuo di agrofarmaco può essere infatti reputato pericoloso anche quando risulti al di sotto dei limiti di Legge - e quindi, ça va sans dire, si deve preferire il biologico - salvo poi vedere proprio un produttore Bio rassicurare la propria clientela asserendo perfino che livelli non conformi di micotossine non sarebbero poi tanto pericolosi per la salute dei consumatori.
Ognuno giudichi nelle proprie scarpe quale sia il livello di logica in tutto ciò.
Venenum in cauda...
A causa dei banner pubblicitari che le aziende di agrochimica caricano su Agronotizie, il sottoscritto colleziona settimanalmente una miriade di allusioni circa la sua onestà intellettuale e la supposta mancanza d’indipendenza dalle multinazionali. Sulla mia giacca pendono infatti più “Ki ti paga?” di quante medaglie ornassero le giacche dei generali sovietici della Guerra Fredda. Ora, scorrendo fino in fondo l’articolo di Retenews24.it si nota anche lì un banner pubblicitario. Una volta posto in fondo, orizzontale, un’altra a lato, verticale (salvati pdf con entrambe le versioni, tanto per non sapere né leggere, né scrivere).
Cliccando sul banner si arriva a una pagina ove si decantano i pregi quasi miracolistici delle bacche di Acai, frutto tropicale che farebbe perdere chili di peso in pochissimo tempo. In quanto promotore di un rimedio naturale, il banner trova in effetti tutta la sua logica collocazione al piede di un articolo che dipinge malissimo i tanto odiati “pesticidi”. Peccato che le bacche di Acai, come ricordato perfino da chi le promuove con quel banner, possono aumentare “la capacità di sanguinamento”, oppure causare “problemi epatici acuti” e pertanto “coloro che hanno già un fegato problematico non dovrebbero assumerle”. Darebbero poi anche “diarrea e mal di stomaco” o potrebbero provocare “aumento della pressione del sangue. Probabilmente l’effetto collaterale più pericoloso: ci sono rischi mortali se la pressione arteriosa diventa troppo alta”.
Alla faccia della pericolosità dei pesticidi e dell’innocuità dei prodotti naturali…
Finalmente, è quindi questo giornalista a poter rivolgere a qualcun altro la fatidica frase “Ki ti paga?”.
Ogni tanto, qualche piccola soddisfazione ce la si deve pur prendere. Specialmente dopo aver messo prima dei link alle suddette pagine il seguente "http://anonymouse.org/cgi-bin/anon-www.cgi/", atto a non far collezionare punti nei motori di ricerca alle pagine di cui non si condividano i contenuti. Con buona pace di chi con le "notizie bomba" ci sbarca solitamente il lunario.
(1) D. Sandroni (2014): "Ki ti paga?" - Editoriale Orsa Maggiore
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Autore: Donatello Sandroni