L’accordo raggiunto a livello di consiglio sembra aver recepito tutte le eccezioni mosse dal nostro paese alla proposta iniziale, fatta eccezione per quella di una copertura di tutti i prodotti agricoli dal regime degli aiuti accoppiati. Anche per questa battaglia, tuttavia, rimane aperto uno spiraglio in fase di trilogo.
“L’accordo – ha detto il ministro – chiude un lungo negoziato. Ora, in virtù del meccanismo della codecisione, si dovrà trovare un'intesa definitiva con il parlamento, ma al nuovo ministro basterà vigilare sulla corretta applicazione delle indicazioni già concordate per garantire un buon accordo all'Italia”.
Partiti da una posizione negoziale di netto svantaggio, i nostri rappresentanti hanno ‘portato a casa’ risultati ottimi tra cui, in tema di pagamenti diretti:
una non-definizione del famigerato ‘agricoltore attivo’, personaggio pressoché mitologico scaturito dal sacrosanto principio teorico di dare i premi solo a chi si occupi realmente di agricoltura ma il cui profilo risultava assolutamente ignoto a tutti. Nella versione attuale del compromesso, toccherà ai singoli Paesi membri definire questa figura, alla quale sono destinati, solo in Italia, circa sei miliardi di euro annui di premi comunitari.
Disinnescato anche il pericolo derivato dalle misure del cosiddetto greening. I vincoli ambientali sono stati resi più razionali e le imprese più piccole sono di fatto esentate. La contrattazione sul greening, vero punto dolente nella stesura originale della proposta, ha infatti portato all’inserimento della possibilità di considerare misure equivalenti, quali le pratiche attuate a norma degli impegni agro ambientali dello Sviluppo rurale o schemi di certificazione ambientale nazionali; sono state previste esenzioni per le aree coltivate per almeno il 75% a riso o a foraggere e, nella diversificazione colturale, sono stati inseriti due livelli di soglia per la sua attuazione: 2 colture per aziende tra i 10 e i 30 ha e 3 per quelle sopra i 30 ha.
La percentuale del massimale da poter destinare al sostegno accoppiato facoltativo è stata innalzata dal 10 al 12%. Risolte in senso positivo anche le problematiche legate al capping e alla definizione di pascolo permanente.
"Molto importante - ha precisato il ministro - è anche il nuovo assetto previsto per i Programmi di sviluppo rurale: avremo un 'contenitore' nazionale all'interno del quale inserire tutte quelle misure che sarebbe illogico includere nei Psr regionali. Non meno la proroga dei diritti di impianto per il settore vitivinicolo e l'equiparazione delle associazioni di Organizzazioni produttive (Aop) alle Op vere e proprie".
Considerando le condizioni di partenza i risultati sono stati, dunque, ottimi. Ma di quanti soldi stiamo parlando in concreto?
Nell’ambito degli aiuti diretti legati al primo pilastro della Pac, l’accordo dell’8 febbraio 2013 determina per l’Italia un’assegnazione pari a circa 27 miliardi di euro, distribuiti ‘a scalare’ negli anni partendo con poco più di 4 nel 2014 e finendo con poco più di 3,7 nel 2020. Il che significa un valore medio dei pagamenti diretti pari a 378 €/ha, a fronte di un livello medio comunitario pari a circa 263,5.
Per quanto riguarda il secondo pilastro, rispetto al periodo 2007 – 2013, la dotazione sviluppo rurale (Feasr) passa da 8.985 milioni di euro a 10.429. A questi si deve aggiungere un’ulteriore dotazione Fesr di 500 milioni destinata alle aree rurali delle Regioni dell’obiettivo convergenza.
“In un quadro complessivo che vede un leggero arretramento della spesa globale, l'Italia ha recuperato qualcosa sul fronte dello sviluppo rurale, e limitato le perdite sugli aiuti diretti - ha concluso Catania -. Ritengo importante sottolineare come sia stata sconfitta la posizione che prevedeva un appiattimento degli aiuti: il nostro Paese ha ottenuto un livello di aiuti molto più alto rispetto alla media europea. Inoltre, nell'ambito della previsione di giungere ad un allineamento interno entro il 2019, il testo del Consiglio prevede la possibilità per i singoli Paesi di limitarsi a un leggero avvicinamento tra i due estremi senza tagli pesanti per i settori che godono di un sostengo superiore alla media. Ora entriamo nella fase del Trilogo ed entro tre o quattro mesi arriveremo al testo definitivo della riforma".
L’incontro con la stampa si è chiuso con un appello in extremis ai produttori di latte, chiamati a stringere i denti e contenere la produzione ancora per qualche giorno, sino alla fine della campagna in corso, evitando così le costose sanzioni che deriverebbero al paese da uno sforamento.