Giro di consultazioni sulle norme per l'etichettatura degli alimenti nell'Ue.
Di questo s'è parlato nel corso dell'incontro avvenuto nei giorni scorsi tra i ministri Galan e Fazio. Un faccia a faccia seguito a stretto giro da quello tra il presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro e il ministro della Salute per concordare l'accelerazione "di un percorso condiviso, teso alla valorizzazione delle produzioni agroalimentari e delle specificità italiane".
Tutto questo mentre lunedì scorso il Consiglio dei ministri agricoli dell'Ue ha finalizzato l'approvazione in prima lettura delle nuove norme europee sull'etichettatura degli alimenti.
Tutto era già deciso (qui una bozza del documento approvato dal consiglio), e nulla cambierà da domani, nel senso che si tratta solo di una tappa di avvicinamento al testo di legge definitivo.
Ma la deliberazione pubblica, con voto contrario dell'Italia, è stata seguita con particolare attenzione dalle nostre parti, dove una legge bipartisan sull'etichettatura di origine obbligatoria dei prodotti alimentari rischia di entrare in conflitto proprio con il percorso di revisione delle regole europee in materia.
Per ora, in Europa l'indicazione di provenienza degli alimenti è prevista solo su base volontaria, fatta eccezione per carne bovina, ortofrutta, uova, miele. Dal 1° febbraio 2008, quando la Commissione ha presentato la sua proposta legislativa sulla 'Fornitura di informazioni sui prodotti alimentari ai consumatori', è in corso un dibattito tra le istituzioni europee per capire quali siano i dati più opportuni da riportare in etichetta. Questione delicata, perché obblighi del genere modificano le condizioni di accesso delle aziende al mercato interno.
Il Parlamento europeo, lo scorso 16 giugno, ha emendato in diversi punti la proposta della Commissione, inserendo tra l'altro l'obbligo dell'indicazione di origine per tutti i prodotti non trasformati e mono-ingrediente (per esempio, la passata di pomodoro).
La deliberazione del Consiglio rappresenta, da questo punto di vista, una marcia indietro, poiché limita l'indicazione di origine a tutte le carni. Scelta che, tra l'altro, ha spaccato gli Stati membri.
Per Svezia, Germania, Spagna, Danimarca e Olanda un passo del genere andava fatto solo dopo un'attenta analisi costi-benefici; Francia, Italia, Austria, Grecia e Portogallo sostengono invece che l'ambito dell'indicazione di origine vada ulteriormente esteso.
Ora il pallino passa di nuovo al Parlamento, che la prossima estate dovrà esaminare e proporre nuovi emendamenti al testo.
Intanto, la legge italiana sull'etichettatura di origine, che sancisce l'obbligo di indicazione di provenienza per tutti i prodotti, mediante una legge quadro e richieste di autorizzazione all'Ue filiera per filiera, è stata consegnata alla Commissione europea.
“C’è una chiara volontà politica da parte di Consiglio e Parlamento – ha già detto sul tema il commissario alla Salute, John Dalli – di estendere l’ambito dell’indicazione di origine obbligatoria e la Commissione è pronta a farla propria”.
"L'unico difetto della normativa italiana – continua a ripetere Galan – è l'aver anticipato i tempi".
Forse troppo, visto che in Ue non si arriverà a una decisione definitiva prima dell'estate del 2012 e le nuove regole dovrebbero diventare operative non prima dei tre anni dall'entrata in vigore.
Vada come vada, l´Italia sembra intenzionata a usare la legge nazionale come elemento di pressione sul legislatore europeo. Per fare gioco di squadra serve coinvolgere in una serie di azioni coordinate non solo i rappresentanti delle politiche agricole, ma anche quelli delle politiche della salute, visto che a questi spetta condurre il gioco sui tavoli europei.