Il settore degli agrofarmaci di origine biologica è in forte crescita in tutto il globo e l'Europa detiene circa il 30% del mercato, che vale oltre 7 miliardi di euro (ed è previsto che raddoppierà nei prossimi cinque anni). Sotto il termine "biologicals" è raggruppato un gran numero di soluzioni diverse, che hanno in comune il fatto di distinguersi dagli agrofarmaci di sintesi classici e di avere un impatto sull'ambiente nullo o trascurabile. In questa categoria troviamo i microrganismi (batteri, virus, funghi, eccetera), estratti di piante, semiochimici (come i feromoni), Rna interferente e peptidi.

 

Si tratta di soluzioni, ancora poco diffuse ma in crescita, che rispondono all'esigenza dell'agricoltura moderna di produrre di più, con meno, garantendo una maggiore sostenibilità economica del settore primario. Per capire quale ruolo hanno gli agrofarmaci di origine biologica abbiamo intervistato, durante il World Agri-Tech Innovation Summit 2024 di Londra, Camilla Corsi, responsabile mondiale della ricerca di Syngenta per quanto riguarda proprio le soluzioni di crop protection.

 

Partiamo dal principio, quanto è importante l'R&D per Syngenta?

"Direi fondamentale. Abbiamo più di ottocento persone coinvolte nella ricerca di nuovi prodotti per la difesa delle colture in cinque differenti Paesi: Svizzera, Gran Bretagna, India, Usa e Italia, dove ad Atessa stiamo portando avanti il prezioso lavoro iniziato da Valagro tanti anni fa".

 

Perché oggi c'è così tanto interesse per i "biologicals" rispetto al passato?

"Perché oggi la società e i legislatori europei chiedono agli agricoltori di produrre di più, con meno. Di garantire cibo ad una popolazione in aumento nel rispetto dell'ambiente e dei territori. Gli agrofarmaci di origine biologica sono uno degli strumenti per raggiungere l'obiettivo di coniugare la sostenibilità ambientale ed economica delle aziende agricole".

 

Camilla Corsi di Syngenta sul palco del World Agri-Tech Innovation Summit 2024 di Londra insieme a Robert Berendes (Flagship Pioneering) e Charles Godfray (University of Oxford)

Camilla Corsi di Syngenta sul palco del World Agri-Tech Innovation Summit 2024 di Londra insieme a Robert Berendes (Flagship Pioneering) e Charles Godfray (University of Oxford)

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)

 

Quali sono i pregi e i difetti di queste soluzioni?

"Il pregio principale è avere un profilo ecotossicologico estremamente favorevole, che consente quindi di fornire soluzioni efficaci a chi opera in biologico e ha pochi strumenti a disposizione. Ma sono prodotti che possono essere utilizzati anche per completare le strategie di gestione integrata di insetti o patogeni, in quanto, ad esempio, hanno tempi di carenza nulli o molto ridotti".

 

Le biosolutions hanno aspetti negativi?

"Gli agricoltori apprezzano l'efficacia e la versatilità degli agrofarmaci di sintesi, mentre quando si ha a che fare con soluzioni di origine biologica l'efficacia può essere influenzata da vari fattori, come l'andamento meteo, il metodo di applicazione, il timing, la fase di sviluppo della pianta e del patogeno e così via. Sono prodotti più tecnici, che vanno usati con maggiore attenzione. Tuttavia, negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi e le nuove biosoluzioni hanno superato alcune delle difficoltà incontrate con i prodotti precedenti, come ad esempio la loro riproducibilità sul campo o la loro stabilità".

 

Su questo fronte il digitale può fornire un aiuto?

"Assolutamente . I Sistemi di Supporto alle Decisioni (Dss) consentono di posizionare i prodotti al meglio, sfruttandone tutte le potenzialità. Conoscere, ad esempio, il ciclo di un patogeno consente di trattare nel momento giusto, quando c'è la massima efficacia del prodotto e prima che la coltura subisca danni".

 

Si vedrà sempre una maggiore integrazione tra soluzioni di difesa e digitale?

"Credo di . Gli agricoltori avranno sempre maggiori strumenti per capire quello che sta accadendo in campo e come intervenire nel modo migliore. Per questo Syngenta sta investendo nello sviluppo di tool digitali, come ad esempio la suite Cropwise, oppure sensori come Interra® Scan".

 

Gli strumenti digitali sono anche utili al vostro lavoro di ricerca e sviluppo?

"Lo sono sempre di più. La fenotipizzazione in serra è ormai completamente automatizzata e ci facciamo assistere dall'intelligenza artificiale per l'analisi dei dati e fare un primo screening delle molecole che possono aspirare ad essere utilizzate nella difesa. Il digitale ci permette di sviluppare prodotti sempre più raffinati, tagliati sulle reali esigenze degli agricoltori e nel rispetto dell'ambiente".

 

Su quali soluzioni di origine biologica state lavorando?

"Syngenta è un grande Gruppo e come tale lavoriamo su molteplici fronti, con diversi livelli di priorità. Sicuramente le soluzioni a base di microrganismi sono molto interessanti, come anche il mondo dei peptidi e dei semiochimici. Dopo un lungo periodo di studio abbiamo invece abbassato il nostro livello di impegno sul tema dell'Rna interferente, in quanto crediamo che ci siano delle soluzioni altrettanto efficaci ma meno complesse da sviluppare".

 

Quali sono oggi gli ostacoli alla diffusione degli agrofarmaci di origine biologica?

"Siamo nella fase di nascita del settore e quindi c'è ancora molto da fare e anche gli agricoltori devono iniziare a prendere confidenza con questi nuovi prodotti. Naturalmente, un approccio normativo più agile potrebbe favorire l'innovazione nel settore, pur mantenendo gli opportuni standard di sicurezza e qualità".

 

Il World Agri-Tech è un evento in cui le aziende incontrano molte startup. Avete una strategia di open innovation a riguardo?

"In un contesto complesso come quello della difesa nessuno può farcela da solo, quindi anche noi collaboriamo con altre aziende e startup. Abbiamo circa quattrocento collaborazioni attive e ogni giorno ricevo almeno una proposta da parte di soggetti esterni a Syngenta. È un lavoro complesso, ma necessario per essere sempre innovativi, come nello spirito fondativo di Syngenta".

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