La preoccupazione per l'implementazione della Strategia Farm to Fork serpeggia e a tratti invade la filiera agroalimentare. Se ne è avuta la prova durante il Convegno Nazionale Compag 2022 che si è tenuto a Bologna il primo dicembre scorso.

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Dagli agricoltori ai sementieri, dai produttori di fertilizzanti e di agrofarmaci all'industria molitoria: tutti guardano con inquietudine all'avvicinamento del 2030, la data in cui il percorso verso la transizione green dell'Ue vede la prima scadenza importante.

 

Il primo ad aggrottare le sopracciglia è stato il padrone di casa Fabio Manara, presidente di Compag, la Federazione Nazionale delle Rivendite Agrarie: "I tempi previsti per il raggiungimento degli obiettivi sono stati definiti a priori, senza una preventiva valutazione di impatto e prima che si verificassero eventi determinanti quali la guerra russo ucraina e i prolungati periodi di siccità che hanno pregiudicato la possibilità di rispettare le scadenze previste senza compromettere la tenuta del sistema agroalimentare europeo", ha detto.

 

A presentare i risultati di quattro studi d'impatto realizzati da istituzioni indipendenti è stato il professore Aldo Ferrero (Università degli Studi di Torino). Nonostante gli studi fossero in parte già conosciuti, vedere risultati convergenti, nonostante siano stati applicati modelli diversi, è qualcosa che sicuramente impressiona.

 

Farm to Fork e Biodiversità al centro del Convegno Nazionale Compag 2022

 

Ma quali sono gli obiettivi delle Strategie Farm to Fork e Biodiversità che fanno parte del Green Deal? Entro il 2030 gli Stati membri dovranno: ridurre del 50% l'uso di agrofarmaci e di antimicrobici negli allevamenti, ridurre del 20% l'uso di fertilizzanti e del 50% le perdite di nutrienti, portare al 25% la superficie agricola a biologico e destinare il 10% delle superfici ad aree per lo sviluppo della biodiversità.

 

Il professore Ferrero ha illustrato i risultati degli studi del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti (Usda), del Centro di Ricerca Congiunto dell'Ue (Jrc), dell'Università di Wageningen e di quella di Kiel, rispettivamente in Olanda e in Germania.

Tutti arrivano alla stessa conclusione: applicando le Strategie ci sarà un riduzione della produzione in Ue, una riduzione dei redditi delle aziende agricole, un aumento dei prezzi, anche al consumo. La produzione calerà, a seconda delle colture e dei capi allevati da un minimo del 12% a un massimo del 30%. L'aumento dei prezzi sarà sensibile, colpisce per esempio il salto in alto del prezzo del latte bovino e della carne (+36% e +58%) previsto dall'Università di Kiel o il +35% per il prezzo del vino (Università di Wageningen). Secondo l'Usda l'insicurezza alimentare colpirebbe 22 milioni di persone in più nel Mondo. Secondo lo stesso Ente, il reddito dell'azienda agricola calerà del 16%.

 

Sacrifici che vanno a favore dell'ambiente? Non proprio. "Jrc evidenzia in particolare - ha detto il professore Ferrero - che ci sarebbe sì una riduzione delle emissioni di gas serra in Unione Europea, quantificata in circa 90 milioni di CO2 equivalente, il 20,3% in meno, ma sarebbe totalmente compensata dalle maggiori emissioni di altri Paesi che dovrebbero produrre di più per fornire all'Europa ciò che non produce più. Delocalizziamo in pratica le emissioni ma l'atmosfera è unica sul Pianeta. Gli studi poi non tengono conto del fatto che, coltivando di meno, abbiamo meno fotosintesi e quindi minore sottrazione di CO2".

 

La preoccupazione di tutti i presenti è apparsa ancora più evidente considerando la nuova proposta di Regolamento sull'Uso Sostenibile dei Prodotti Fitosanitari, datata giugno 2022, che prevede -62% per l'Italia contro il -45% della Polonia e il -35% della Grecia. Sempre il professore Ferrero ha spiegato come siano state calcolate queste possibili richieste ai Paesi membri dell'Ue. "Il criterio - ha detto - che si pensa di seguire per attribuire le riduzioni è pesato in relazione al fatto che diversi Paesi in questi ultimi anni abbiano usato prodotti a maggior rischio. Alcuni Paesi hanno usato prodotti meno impattanti. In particolare per le autorizzazioni eccezionali, l'uso di emergenza, si usa un fattore di moltiplicazione peggiorativo. Se si vende 1 chilogrammo di prodotto a basso rischio, vale 1, se si vende 1 chilogrammo di prodotto autorizzato per emergenza vale 64. Ciò non è in linea con la logica che tiene conto delle differenze dei vari Paesi. Un Paese del Nord Europa che coltiva pascoli o foraggere, userà meno prodotti di un Paese di area mediterranea".

 

Se il professore Aldo Ferrero vede il bicchiere mezzo vuoto, il professore Angelo Frascarelli, presidente di Ismea, è fiducioso. Dopo aver sottolineato che l'Unione Europea, nella strategia futura per il commercio, intende costringere gli altri Paesi a seguire il suo modello verde, ha detto: "A mio avviso non abbiamo alternative, dobbiamo andare nella direzione verde ma i passi vanno fatti con gradualità, per non lasciare scoperti gli agricoltori. La buona notizia è che ci sono innovazioni meravigliose, impressionanti, che ci aiuteranno".

 

"Mi preoccupa - ha detto Riccardo Vanelli, presidente di Agrofarma-Federchimica durante la tavola rotonda - la mancanza di alternative nel breve termine, per portare innovazione sul mercato serve il tempo della ricerca. Un agrofarmaco nuovo richiede dieci anni. Servono poi 250 milioni di euro di investimenti per una nuova molecola. Il 2030 è un tempo troppo breve".

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L'importanza delle tecnologie

Il tempo che corre è la preoccupazione un po' di tutti. Che fare dunque? Come si può agire per scongiurare il peggio e provare a non disattendere le richieste di Bruxelles? Sulla necessità della transizione verde nessuno infatti ha dubbi. A fare la differenza potrebbero essere le nuove tecnologie, l'Agricoltura 4.0, ma anche le biotecnologie.

 

"Speriamo che le Tea (Tecnologie di Evoluzione Assistita, Ndr) - ha detto Eugenio Tassinari, presidente di Assosementi durante la tavola rotonda - siano sdoganate entro la prossima estate. Ci sono tante possibilità per andare verso un aumento della produzione, per aumentare le resistenze e di conseguenza ridurre l'uso di fitofarmaci. Una nuova varietà, per arrivare sul mercato, con il miglioramento genetico classico richiede dai dodici ai sedici anni. Se consideriamo fino all'iscrizione. Con le Tea possiamo ridurre a cinque, sei anni".

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