L'andamento dei prezzi del grano duro delle ultime settimane ha provocato ieri - 13 luglio 2022 - la reazione delle organizzazioni agricole italiane ai massimi livelli. Nel mirino delle invettive non solo la speculazione internazionale sui future, pure responsabile di buona parte del tracollo, ma anche la diffusione di anticipazioni sull'esito del raccolto in Usa e Canada, che tutto sommato dovrebbero tornare su livelli di produzione normale, dopo il dimezzamento dello scorso anno, ma variamente esaltata con stime che in parte sono state già ridimensionate: la produzione del Canada è già passata da un incremento del 150% ad una crescita del 104%, che significherebbe in sostanza il recupero di quanto perso lo scorso anno, ma spinto soprattutto dall'aumento delle superfici investite.


Il condizionale è d'obbligo per raccolti che inizieranno a poter essere contabilizzati realmente solo a partire dalla fine di agosto e via via fino ad autunno inoltrato e che saranno pronti a partire per i mercati più lontani nella primavera 2023. La realtà del mercato - qui e ora - è ben diversa: scorte internazionali basse, produzione Ue e del Nord Africa tagliata dalla siccità e costi lievitati per gli agricoltori a causa della guerra in Ucraina. Uno scenario a fronte del quale è insopportabile assistere ad un calo dei prezzi.

 

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Cia, manovre per far calare i prezzi

Cia - Agricoltori Italiani lancia l'allarme per il forte ribasso delle quotazioni, condizionate dagli effetti speculativi della finanza internazionale: "da 565 euro a tonnellata alle attuali 520, nell'arco di una sola settimana" specifica, citando l'andamento del prezzo minimo di Bari. "L'indice dei future sul grano duro alla Borsa di Chicago è, infatti, schizzato dopo le notizie - fatte girare ad arte - di presunte stime abbondanti sul prossimo raccolto in Canada". Secondo Cia, "tali stime, molto affrettate (la trebbiatura in Nord America si effettua fra tre-quattro mesi), vengono pubblicizzate al solo scopo di indurre i cerealicoltori italiani a vendere subito, con la logica conseguenza del calo dei prezzi".


Cia Agricoltori Italiani sottolinea invece come "Le attuali quotazioni del grano duro sono ben lontane da quelle di qualche settimana fa e gli imprenditori agricoli ne reclamano, pertanto, il giusto prezzo, condizione essenziale per la copertura dei costi di produzione fortemente maggiorati". Secondo l'organizzazione agricola "se il costo medio di produzione per un ettaro di grano duro si attestava sui 700 euro, oggi ne occorrono almeno 1.200. La gran parte di questi aumenti è da riversare sull'aumento del costo del carburante agricolo".


A questo si aggiunge il calo della produzione: "con rese che saranno inferiori di circa il 35% alle medie degli ultimi anni, diretta conseguenza del prolungato periodo di siccità. In queste condizioni, sarà difficile seminare nuovamente frumento duro in autunno, col risultato di una maggiore dipendenza di materie prime dall'estero e un danno alla filiera della pasta 100% made in Italy".

 

Confagricoltura, agricoltori indotti a vendere tutto

"Sulla corsa verso l'alto dei prezzi del grano duro può avere inciso una scommessa che sta ora producendo distorsioni lungo la filiera. Le notizie, forse filtrate ad arte, di ritorni su buoni livelli di produzione in Nord America, dopo la forte contrazione dello scorso anno, hanno spinto molti agricoltori italiani a vendere velocemente, generando così un eccesso di offerta sul mercato". A parlare così a margine dell'Assemblea generale di Confagricoltura è Carlo Maresca, presidente della Federazione Nazionale Cereali Alimentari della Confederazione.


"In queste ultime ore si registra una repentina discesa del prezzo del grano duro che non trova giustificazioni in una campagna di raccolta che ha fatto segnare sul territorio nazionale un calo medio di produzione di circa il 30%" afferma ancora Maresca che sottolinea come "Il rischio, alimentato anche dalla grande speculazione finanziaria che approfitta della crisi internazionale in corso, è che ci sia un vero e proprio crollo nel valore del grano duro, che produrrebbe effetti devastanti per l'agricoltura nazionale".


A proposito di speculazione, Confagricoltura ricorda che il mercato dei future sulle materie prime - oro escluso - valeva, all'inizio del 2022, 390 miliardi di dollari, il 30% in più nel giro di un anno.


"Per questo - conclude il presidente Maresca - riteniamo necessario che ci sia in tutta Italia un'attenta verifica dell'andamento delle quotazioni sui diversi mercati. Dobbiamo in tutti i modi evitare che, ancora una volta, siano gli agricoltori a pagare dazio per manovre speculative che nulla hanno a che fare con uno sviluppo serio e sostenibile di un comparto strategico per l'economia italiana. Un comparto che, come tutta l'agricoltura, ha dovuto far fronte a un aumento dei costi di produzione senza precedenti e che, per evitare un tracollo, necessita della collaborazione tra tutte le parti della filiera".

 

Coldiretti, lavorare ad accordi di filiera

È bufera per i prezzi del grano duro in caduta libera. È quanto denuncia Coldiretti: "La volontà di speculare sul prezzo del grano italiano è emersa - aggiunge Coldiretti - anche durante la seduta della Commissione Unica Sperimentale a Roma, dove l'ultima proposta di riduzione è stata di euro 35,00 per il Sud, euro 25 per il Centro ed euro 25 per il Nord, rispedita al mittente dalla parte agricola". Infatti lunedì 11 luglio tutte le organizzazioni si sono ritirate dalla Commissione, che poi non ha quotato, come successo poi ieri, 13 luglio 2022, a Foggia.

 

"La speculazione in atto a causa del conflitto - spiega la Coldiretti - si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l'oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall'andamento reale della domanda e dell'offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati future uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori". 

 

In Italia, secondo Coldiretti "la produzione è in calo fino al 35%-40% nelle aree più vocate come la Puglia a causa della siccità, proprio quando coltivare grano è costato agli agricoltori fino a 600 euro in più ad ettaro a causa dell'impennata dei costi di produzione causata dall'effetto a valanga della guerra in Ucraina dopo la crisi generata dalla pandemia covid-19, che si riflette a cascata dalle sementi al gasolio fino ai fertilizzanti".

 

La minor produzione pesa sulle aziende cerealicole che hanno dovuto affrontare rincari delle spese di produzione che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio con incrementi medi dei costi correnti del 68% secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea.

 

"Occorre lavorare da subito - conclude Coldiretti -per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali".