In futuro, dicono gli esperti, mangeremo carne ottenuta in laboratorio e farine di insetti. Intanto è guerra agli antibiotici nei polli. E a dirci se un alimento è buono oppure no, sarà un semaforo.

Grandine, vento, gelo e temporali continuano a far danni, non solo in Italia ma anche in Francia, dove si accendono fuochi fra i vigneti per evitare le gelate.

Ricerca e innovazione sono le parole d'ordine per la crescita dell'agricoltura sia sul mercato interno sia nell'export. Ma poi ci si "dimentica" di assumere i ricercatori del Crea.

Ecco alcuni degli argomenti incontrati su quotidiani e periodici di questi ultimi giorni. Vediamoli più in dettaglio di seguito.
 

Grandine e gelo

E' ancora sulle conseguenze del maltempo che si concentra l'attenzione dei quotidiani in edicola in questi ultimi giorni.

Temporali e grandinate hanno colpito a macchia di leopardo da Nord a Sud. Nell'imolese, in provincia di Bologna, la grandine ha devastato circa 700 ettari, come si apprende da “Il Resto del Carlino” del 28 aprile.
Repubblica” del 28 aprile descrive le pesanti conseguenze della maltempo nel Lazio, dove il gelo ha compromesso il 50% della produzione agricola nella zona da Frascati a Nettuno.

Il freddo, scrive “La Stampa” del 29 aprile, è il protagonista dei danni subiti in Piemonte, in particolare in provincia di Biella. Maltempo anche a Ivrea, dove “Il Canavese” del 3 maggio descrive le conseguenze della grandinata che ha colpito questa area.

Dal Lazio, che a causa del gelo vede compresse le coltivazioni di kiwi, arriva l'appello del “Corriere di Viterbo” del 4 maggio con la richiesta di riconoscere lo stato di calamità, sospendendo così adempimenti previdenziali e fiscali.

Pesante la situazione fotografata da “Il Resto del Carlino” del 3 maggio nella "bassa" emiliana, dove in provincia di Reggio Emilia i danni della grandine si aggiungono a quelli delle gelate.


Il maltempo altrove

Non va meglio in Francia. Per combattere il gelo fuori stagione, scrive “Libero” del 29 aprile, si ricorre a falò accesi fra i filari di viti.
Una soluzione che però non ha dato grandi risultati, tanto che in Languedoc si lamenta una perdita dell'80% nelle superfici vitate, come spiega “Italia Oggi” del 3 maggio.

Maltempo anche negli Usa, stando alle anticipazioni de “Il Sole 24 Ore”, e in questo caso a soffrirne sono le coltivazioni di grano, il cui prezzo è in rialzo, nonostante le speculazioni al ribasso sui cereali siano più forti che mai.
 

Il "semaforo" del dissenso

L'emergenza maltempo non ha distolto l'attenzione dei giornali dal dibattito sulle proposte europee di introduzione delle etichette a "semaforo".

A detta de “La Stampa” del 30 aprile, la Francia si sarebbe già espressa a favore di queste etichette, che riconoscono il valore degli alimenti con una gamma di colori che va dal verde al rosso.
Un metodo che potrebbe penalizzare alcune delle nostre eccellenze agroalimentari, e “Repubblica” del primo maggio dà la parola al Consorzio del Grana Padano, fortemente critico nei confronti dell'etichetta a semaforo.

Quali potrebbero essere le conseguenze sul piano economico lo spiega “Libero” del 30 aprile, precisando che nella sola Francia sono coinvolte le nostre esportazioni agroalimentari per un valore di circa 4 miliardi di euro.

Nello stesso giorno “La Verità” traccia un quadro delle difficoltà del made in in Italy, sotto scacco sia con le nuove etichette sia con il via libera alle importazioni di riso dal Vietnam.
 

I polli e gli antibiotici

In questi giorni la Grande distribuzione organizzata che fa capo al mondo cooperativo ha catturato l'attenzione di molti quotidiani con l'avvio della campagna per l'eliminazione degli antibiotici nell'allevamento avicolo. Di questo argomento si è parlato, per citare alcuni esempi, il 29 aprile su “Il Sole 24 Ore”, il giorno seguente sulle pagine de “La Stampa” e poi il 3 maggio sul “Mattino” di Napoli.
In poche occasioni si è tuttavia ricordato che il mondo avicolo è da tempo impegnato e con successo nella riduzione dell'uso di antibiotici negli allevamenti.
 

Gli animali "felici"

Altrettanto impegno è stato rivolto a garantire il benessere degli animali allevati, con l'introduzione di sistemi di allevamento innovativi, in linea con le direttive europee in tema di welfare animale.

Dal “Corriere della Sera” del primo maggio si apprende che alcune catene della distribuzione organizzata pretenderebbero tutele del benessere animale superiori a quelle previste dalle norme europee, con risultati inconciliabili con l'attuale situazione di mercato.

In ogni caso si può star certi dell'ottimo livello di benessere e salute degli animali allevati in Italia.
Emblematico a questo proposito l'articolo pubblicato il 28 aprile su “La Verità”, che descrive la situazione di un allevamento di suini in Lombardia, dove animali e addetti all'allevamento sono tenuti a seguire severe norme igieniche, come accade nella maggior parte delle imprese zootecniche.


Carne artificiale

In un futuro non troppo lontano di questi argomenti non dovremo più preoccuparci. La carne sarà ottenuta in laboratorio e sui piatti ci saranno farine proteiche a base di insetti.

E' lo scenario disegnato da alcune ricerche riportate il 3 maggio sul “Corriere della Sera”. Se queste previsioni sul futuro dell'alimentazione si tradurranno in realtà, cadranno al contempo le preoccupazioni di quanti puntano il dito contro gli allevamenti, responsabili a loro dire di gravi danni ambientali.
Di questa tesi è convinto assertore Philip Lymbery che il 4 maggio dalle pagine del “Corriere della Sera” parla del suo nuovo libro, dedicato a questi temi.
Per il momento gustiamoci ancora bistecche e formaggi prodotti da allevamenti controllati e ben tenuti.


Allarme Crea

Sono di altro genere le ricerche alle quali si riferisce “Il Sole 24 Ore” del 3 maggio, quando spiega la necessità di rinnovare le strategie e la messa a punto di nuovi prodotti agroalimentari per vincere nei prossimi anni la sfida dell'export.

Ricerca e innovazione come strumento di crescita, ma dal Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura, arriva un grido di allarme attraverso le pagine de “Il Fatto” del 3 maggio, per denunciare la precarietà di molti dei ricercatori che lavorano in questa istituzione.

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