In particolare il mondo del vino è composto da una grande maggioranza di consumatori che non conoscono le cantine, se non quelle più famose, né sanno valutare se un vino merita un dieci o un sei e mezzo. La scelta di acquisto viene fatta basandosi sul prezzo, su eventuali riconoscimenti e premi vinti, sul suggerimento di amici e sul packaging.
La forma della bottiglia e l'etichetta sono elementi fondamentali nella scelta di acquisto e la cantina che vuole avere successo sul mercato deve prestare la massima attenzione alla realizzazione 'dell'abito' del vino.
"Il neuromarketing studia come il cervello degli acquirenti risponde agli stimoli esterni", spiega ad AgroNotizie Vincenzo Russo, docente di Psicologia dei consumi e neuromarketing alla Iulm e direttore del centro di ricerca Behavior and brain lab. "Se per un vino rosso austero pensiamo ad una etichetta azzurra con una banda bianca sbagliamo perché creiamo una asimmetria nella mente del compratore che associa al bianco e all'azzurro leggerezza e freschezza, tipici dei bianchi".
La concordanza non deve esserci solo tra etichetta e contenuto, ma anche tra etichetta e target di riferimento. Se voglio vendere vino in Cina l'etichetta dovrà essere molto elaborata, che richiami lo stile della cantine francesi di inizio secolo. Se invece voglio vendere in Inghilterra dovrò avere linee pulite ed essenziali. "La cantina La Marca ha adottato una strategia di marketing vincente adottando l'azzurro Tiffany per il mercato statunitense", racconta Russo.
Ma le differenze sono anche tra uomini e donne, millennials o baby boomers. Come abbiamo scritto in questo articolo sulla ricerca di Tannico presentata al Vinitaly, l'ideale sarebbe avere una etichetta pensata per ogni target di acquirenti, opzione resa possibile dall'e-commerce e dalla profilazione online.
"Siamo macchine emotive che pensano, questo significa che le emozioni vengono prima di tutto", sottolinea Russo. Associare ad esempio una esperienza positiva all'assaggio di un vino lascia nella mente del consumatore un ricordo piacevole. Un turista giapponese che beve un bicchiere vista Colosseo costruirà un legame positivo con quel vino. Ma è vero anche il contrario. Aprire una bottiglia mentre si è infelici genera nel nostro cervello un ricordo negativo del vino.
Il modo in cui la mente risponde agli stimoli è studiato in maniera scientifica attraverso diversi strumenti, come la risonanza magnetica, che individua le aree del cervello sollecitate. Ma si monitorano anche la frequenza respiratoria e cardiaca, la sudorazione delle mani o l'espressione facciale.
"Molte decisioni che prendiamo avvengono a livello inconscio. Quando sentiamo odore di vaniglia tendiamo a rilassarci in maniera inconsapevole, perché ci sentiamo a casa", svela Russo. "Associamo ad una etichetta marrone un gusto più deciso rispetto ad una bianca".
La forma e il peso di una bottiglia sono comunicativi. Una bottiglia slanciata, col collo lungo viene associata ai bianchi. Una di vetro spesso, pesante, ai vini pregiati. Quelle basse e bombate ai vini liquorosi.
Riveste particolare importanza la scelta delle parole da utilizzare nelle etichette. Con la risonanza magnetica i ricercatori sono in grado di individuare esattamente le aree del cervello che si attivano quando riceviamo degli stimoli esteri. Leggendo una etichetta con scritto 'vino gradevole' si attira l'area della parola, mentre leggendo 'vino vellutato', anche quella tattile. La nostra mente richiama alla memoria il tocco di una superficie morbida. "In questo modo il messaggio che lanciamo è molto più forte", spiega Russo.
Avere un vino di qualità ad un prezzo basso non determina automaticamente il successo commerciale di una bottiglia, bisogna anche saperlo comunicare e l'etichetta è la forma di comunicazione più immediata. Ma è vero anche il contrario, la comunicazione non può fare miracoli e se un vino è scadente il consumatore dopo il primo acquisto cambierà cantina.
Ma che cosa cercano i consumatori in una etichetta? Prima di tutto le informazioni principali, come il vitigno e la zona di origine. Poi gli abbinamenti a tavola. Se queste informazioni non ci sono il consumatore passa oltre.
Raccontare la storia del vino o di chi lo ha prodotto (con lo storytelling) è molto utile, perché costruisce un rapporto stretto e quasi personale. Ma non si può prendere in giro il consumatore raccontando il nulla, il rischio è di perderlo per sempre.