Solo per fare alcuni esempi, il 68 per cento degli italiani ha ridotto o rimandato l’acquisto di capi d’abbigliamento, il 53 per cento ha detto addio a viaggi e ai beni tecnologici (52 per cento), il 42 per cento ha rinunciato alla ristrutturazione della casa e il 40 per cento all’auto. Ben sette su dieci si sentono minacciati dal pericolo di perdere il lavoro e il 37 per cento è stato costretto infatti a chiedere aiuto economico per arrivare alla fine del mese ai genitori, in uno scenario in cui la famiglia è la principale - a volte unica - fonte di welfare.
In un panorama così cupo, Coldiretti riporta che solo il 14 per cento degli italiani dichiara di aver ridotto la spesa o rimandato gli acquisti alimentari, una percentuale superiore solo alle spese per i figli (6 per cento), ma per entrambe le voci la percentuale è in calo rispetto allo scorso anno.
Cibo: tengono Doc e biologico, è boom per il low cost
Oltre tre italiani su quattro (77 per cento) continuano ad acquistare regolarmente o qualche volta prodotti a denominazione di origine e quasi la metà (45 per cento) prodotti biologici, ma il vero boom lo fanno registrare i prodotti low cost che il 47 per cento degli italiani acquista più frequentemente del passato.
Si sta dunque assistendo a una polarizzazione nei comportamenti, con una parte della popolazione che, preoccupata per la qualità dell’alimentazione, si rivolge a prodotti garantiti, mentre una fetta consistente è purtroppo costretta ad acquistare prodotti low cost che non danno le stesse garanzie.
La situazione di crisi non fa scendere gli acquisti di prodotti del commercio equo e solidale spesso provenienti da Paesi del terzo mondo che finiscono nel carrello del 38 per cento degli italiani; sembra però sgonfiarsi anche il boom nei consumi dei prodotti etnici, acquistati solo dal 24 per cento degli italiani. La causa? Forse i recenti allarmi sanitari, ma anche - precisa la Coldiretti - per la scelta di privilegiare acquisti di prodotti nazionali per sostenere l’economia e l’occupazione in un difficile momento di crisi. Resta alta, nonostante la crisi, l’opposizione agli organismi geneticamente modificati che sono considerati meno salutari da ben il 67 per cento degli intervistati.
Cambia il modo di fare la spesa
Addio al negozio di fiducia: con la crisi quasi la metà degli italiani (il 47%) si reca in diversi esercizi commerciali per acquistare il prodotto che cerca, improvvisandosi veri e propri "detective" della spesa. Aiutati da internet e da volantini, il 62 per cento va a caccia di sconti e offerte speciali e il 42 per cento cerca sempre e comunque i prodotti che costano meno.
A cambiare sono anche le tipologie di prodotti che si mettono nel carrello, con il 49 per cento degli italiani che preferisce acquistare prodotti locali e solo l’11 per cento quelli di una grande marca nazionale, mentre per il 32 per cento è indifferente e si guarda solo al prezzo o alla qualità.
Da segnalare la tenuta degli acquisti diretti dal produttore, al quale si rivolge regolarmente ben il 14 per cento degli italiani, il 45 per cento qualche volta, il 29 per cento raramente e solo il 12 per cento mai.
I motori della ripresa? Cibo e moda
La grande maggioranza degli italiani (54 per cento) considera la produzione di cibo il vero motore dell’economia, con un aumento dell’8 per cento rispetto allo scorso anno, e il 18 per cento punta sulla moda che rimane però stabile mentre crolla del 33 per cento l’automobile, che si ferma al 10 per cento. Il cibo e la moda sono anche considerati trainanti per l’immagine dell’Italia all’estero rispettivamente dal 45 e dal 38 per cento degli italiani.
“Una conferma della validità e della modernità del modello di sviluppo agricolo made in Italy che è fondato sul valorizzazione dell’identità, della qualità, delle specificità e che può rappresentare un riferimento anche per gli altri settori per affrontare e vincere la competizione internazionale” ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “dentro l’agricoltura non c’è ancora un reddito adeguato ma c’è legittimamente quella visione di futuro e di prospettive e di fiducia che non c’è negli altri settori”.
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Fonte: Coldiretti