Il 30 giugno scorso è scattato l’obbligo di adeguare le etichette dei vini alle norme sulle indicazioni degli allergeni previste nel regolamento Ue n. 1266/2010 (direttiva 2007/68/Ce).

I vini prodotti e/o imbottigliati a partire dall’1 luglio 2012 – spiega Chiara Azzali, presidente della Sezione vitivinicola di Confagricoltura Piacenza - devono riportare in etichetta l’eventuale presenza di allergeni ancora residui nel prodotto”.


I vini che contengono residui di derivati da latte e/o uova (in quantità superiore a 0,25mg/l) come conseguenza delle operazioni di chiarificazione devono esplicitare sull’etichetta, oltre alla frase “contiene solfiti” anche le altre diciture sui derivati del latte e delle uova come ad esempio: ”contiene uovo”, “contiene proteine dell’uovo”, “contiene lisozima da uovo od ovoalbumina”; “contiene latte”, “contiene derivati del latte”, “contiene caseina del latte”. Gli addetti auspicano che queste indicazioni possano un domani venire sostituite da simboli e pittogrammi per evitare di tradurre le diciture nelle lingue dei Paesi dove il vino è commercializzato.

Per alcune sostanze impiegate nella produzione del vino le evidenze scientifiche sono state diverse – spiega Azzali -. Le nuove norme sono riferite alla presenza nei vini di residui di albumine e caseine, come conseguenza delle operazioni di chiarificazione”.

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), sulla base della documentazione scientifica e delle ricerche disponibili, non ha potuto, ad oggi, escludere con certezza la presenza nel vino di residui di albumine e caseine in grado di provocare reazioni avverse, pur deboli, in soggetti allergici a latte e uova. La Commissione europea di conseguenza ha adottato un approccio prudenziale e al contempo pragmatico.

Come Confagricoltura – prosegue Azzali – abbiamo chiesto ulteriori approfondimenti perché, in altri Paesi, studi più approfonditi hanno escluso l’allergenicità dando seguito a scelte normative diverse. Vorremmo che la problematica fosse approfondita e che, alla luce di considerazioni scientifiche ed inequivocabili, i diversi Paesi adottassero una linea comune perché, ad oggi, questa nuova indicazione in etichetta, oltre a costituire un costo per le aziende, frenerà i consumi. Tanto è vero – conclude Azzali - che molti produttori stanno ricorrendo a tecniche di chiarificazione alternative e abbiamo inoltrato all’Ausl richieste d’indicazione sulle corrette modalità di smaltimento dei prodotti chiarificanti che abbiamo in cantina e che non intendiamo utilizzare”.