Gancia, che per prima ideò e produsse lo spumante italiano, diventa russa. L'accordo, ufficializzato lo scorso 15 dicembre sancisce l'acquisizione da parte della Rsc - Russian Standard Corporation del 70% delle azioni di Gancia Spa. Ad annunciare la cessione della storica casa astigiana produttrice di spumanti con sede a Canelli, l'ormai ex presidente Carlo Pavesio e il neo presidente, fondatore della Rsc, Roustam Tariko.

 

Il nuovo assetto

Edoardo Vallarino Gancia, Lamberto Vallarino Gancia e Paolo Fontana – confermato amministratore delegato - continueranno a far parte del nuovo consiglio di amministrazione insieme ai rappresentanti del gruppo acquisitore Rsc.

La presenza della famiglia nel CdA e nell'azionariato – rassicura Carlo Pavesio - garantisce la continuità e la presenza sul territorio”.

Forte delle dimensioni, delle infrastrutture, dell'esperienza e delle risorse finanziarie del suo gruppo, Tariko non ha dubbi, “si tratta di un investimento strategico di lungo periodo – ha dichiarato – che ci offre l'opportunità unica di diventare una delle società dominanti nel settore beverage a livello mondiale”.

Per Gancia, il cui volume produttivo annuo è di circa 25 milioni di bottiglie tra spumanti, vini e aperitivi, “questo accordo rappresenta lo sviluppo naturale di un percorso iniziato tre anni fa - spiega Paolo Fontana – coerentemente con la strategia di far diventare il marchio un premium brand internazionale nella sua categoria”.

 

Il gruppo Rsc

Si tratta, di una delle più grandi compagnie russe private nel mercato del consumo. In essa, guidata da Roustam Tariko, confluiscono il marchio Russian Standard Vodka - la più importante vodka di alta gamma del paese distribuita a livello globale -, la Russian Standard Bank - leader in Russia nel credito al consumo e la Russian Standard Insurance che in partia si trova al vertice nel settore assicurativo.

 

Successo o disfatta?

L'acquisizione, considerata dal gruppo protagonista dei brindisi natalizi di tutto lo stivale come espressione di uno sguardo moderno e lungimirante del mercato mondiale, per le associazioni di categoria italiane è uno scippo che i mercati stranieri compiono a danno delle eccellenze del Made in Italy.

Per Coldiretti si tratta di una tendenza, confermata dai precedenti casi di Bertolli, Carapelli, Sasso, Buitoni, Perugina, Galbani e Cademartori che fa temere per la delocalizzazione di un settore dove la qualità e il valore aggiunto della produzione agricola italiana, hanno consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi.

Non vogliamo essere tacciati come nazionalisti ma l’agroalimentare italiano è strategico e andrebbe meglio tutelato – ha reagito Cia.

Il comparto dei vini frizzanti è assolutamente fondamentale - prosegue; fanno piacere le rassicurazioni di Fontana sul fatto che non ci saranno licenziamenti, speriamo – conclude l'associazione - che non ci siano ricadute negative neppure sui produttori di uve che conferiscono al gruppo di Asti”.

A rassicurare è Tariko. “Le bollicine rimarranno italiane – ha affermato -, non ho mai pensato di spostare la produzione e non voglio fare cambiamenti radicali. Per il piano d'impresa ci vorranno un paio di mesi ma le linee guida prevedono investimenti nel brand, nella qualità, nel processo di produzione e nel personale”.