Quantità non vuol dire qualità. Un detto che vale in molte situazioni differenti. Non fa eccezione il mondo dei mezzi tecnici per la difesa, il quale mostra uno spiccato trend al ribasso nelle quantità vendute ma una discreta tenuta nel valore remunerato. Ciò grazie alla progressiva transizione operata nei cataloghi aziendali, i quali si sono impoveriti di sostanze attive di vecchia concezione, caratterizzate da dosi ettaro nell’ordine di alcuni chilogrammi, per arricchirsi di molecole più moderne, con dosaggi compresi tra le poche decine e le poche centinaia di grammi per ettaro. Dal 1990 si è quindi registrato un calo di quasi il 30% nel consumo nazionale di agrofarmaci, con un valore attuale intorno alle 100 mila tonnellate contro le circa 140 mila del 1990.
I dati economici 2008 delineavano un fatturato italiano di agrofarmaci che si collocava intorno ai 750 milioni di Euro, rappresentando circa il 3% del mercato mondiale e l’1,8% del fatturato globale della chimica in Italia. Espresso in valore, perciò, il mercato italiano degli agrofarmaci è cresciuto del 31% negli ultimi venti anni, passando dai 566 milioni di Euro del 1990 ai 750 milioni del 2008. Gran parte di questo aumento è stato ovviamente determinato dal generale trend inflazionistico dell’economia nazionale, ma un ruolo fondamentale l’ha giocato anche la graduale introduzione di prodotti innovativi aventi prezzi unitari superiori. Questa combinazione ha permesso di mantenere alto il valore del mercato, pur in presenza di una diminuzione dei quantitativi impiegati in campo. Nel 2009 il mercato degli agrofarmaci si è mostrato in leggero calo, con i fungicidi diminuiti dell’1% rispetto al 2008, mentre il segmento insetticidi ha mostrato una crescita del 6%. Questo incremento è derivato dalla forte presenza di fitofagi su riso e mais, coltura sulla quale sono inoltre ripresi anche i trattamenti geodisinfestanti con prodotti granulari a causa della sospensione dei concianti per le sementi. Forse a causa della decimazione di esteri fosforici e carbammati, operata dalla revisione europea, è cresciuto anche il mercato dei piretroidi come pure l’uso di trappole a feromoni e dei regolatori di crescita. Il mercato dei diserbanti ha invece registrato anch’esso un calo: circa il 2% in valore. L’aumento delle superfici coltivate a mais e soia è stato infatti annullato dal vistoso calo delle superfici investite a cereali. Le previsioni per il 2010 suggeriscono quindi una certa prudenza, col pensiero a un mercato degli agrofarmaci tendenzialmente stabile. [Fonte dati: Agrofarma]

La problematica dei furti

C’è un argomento che merita un approfondimento a parte: quello dei furti. Da sempre esistiti, mostrarono grande espansione quando giunsero sul mercato nuove formulazioni di scarso ingombro e alto costo unitario, come le solfoniluree per esempio. Facile quindi per i ladri portare via un elevato valore con poca fatica. Dopo alcuni anni di flessione, in cui si è visto calare il volume rubato da 1,266 milioni di Euro del 2005 a 569 mila del 2007, nell’ultimo biennio si è assistito a una recrudescenza del fenomeno, il quale ha riguadagnato i 700 mila Euro del 2008 per poi tornare a 1,2 milioni di Euro del 2009, valore pari allo 0,16% dell’intero fatturato del mercato agrofarmaci. La metà dei furti registrati, otto su diciassette, si è verificato durante le fasi di trasporto e ha comportato un danno di oltre 300 mila Euro. La Puglia detiene il triste primato in questo campo, dato che tutti gli otto furti “autostradali” sono avvenuti nella regione garganica. Ma tra registrati e denunciati la cifra diverge anche di molto: molti rivenditori subiscono furti di frequente, ma si limitano a denunciarli alle forze dell’ordine senza segnalarli alle proprie associazioni di categoria. Secondo Compag infatti almeno il 4% dei rivenditori subisce annualmente furti di entità variabile. Furti i quali, a dispetto della bassissima percentuale sul totale commercializzato, generano spesso anche turbative di mercato facendo circolare per tutto lo stivale merce a prezzi “strani”, prezzi i quali vengono spesso presi come riferimento dagli utilizzatori finali, i quali di malavoglia sono disposti a pagare prezzi superiori a quelli che circolano di provincia in provincia col passaparola ufficioso. Val bene ricordare, però, che se qualcuno ruba a monte è perché c’è a valle chi poi compra la refurtiva. Per un rivenditore derubato, spesso, ce ne sono diversi che acquistano sottobanco senza porsi troppi problemi sulla legalità della merce che viene loro offerta. Quando addirittura non si tratta di furti su commissione, come si sospetta specialmente nei casi di grossi “colpi” che sono realizzabili solo dalla malavita organizzata. Forse la recente impennata dei furti non è del tutto correlabile con la crisi che negli ultimi due anni ha afflitto l’agricoltura. Ciò non di meno, la sovrapposizione temporale dei due fenomeni induce a pensare che un legame pur ci sia.