Due milioni di euro al giorno: questo è l’ammontare investito in ricerca da Basf. Quotidianamente, cioè, il colosso tedesco scommette nella partita della sostenibilità globale l’equivalente di dieci Ferrari F430 Spider, o di uno yacht quadricabinato di lusso con dieci posti letto. Investimenti che portano risultati, e i risultati vanno condivisi: nella conferenza mondiale del 17 settembre, a Ludwigshafen, oltre 120 giornalisti sono stati attivamente coinvolti nei progetti e nei piani di sviluppo che la filosofia Basf coltiva per il terzo millennio. Uno sviluppo che è anche commerciale: con 4.991 miliardi di dollari registrati nel 2008 Basf è la quarta compagnia al mondo nel settore degli agrofarmaci, con una crescita del 10% dei fatturati, e del 14% degli utili, nel primo semestre 2009 verso il medesimo periodo 2008. L’Europa resta il continente leader nelle vendite di Basf con un sonoro 47% sul totale mondiale. I fungicidi rappresentano ben il 48% del portfolio per l’agricoltura, seguiti dagli erbicidi (36%) e dagli insetticidi (16%).

 

 

Le sfide del futuro

Il partèrre è ricco di figure di alto profilo professionale, come Alex Avery, direttore del gruppo Research and Education del centro di studi per le problematiche mondiali legate al cibo dell’Hudson Institute di Washington, e Caroline Drummond, Managing Director del LEAF (Linking Environment and Farming). Hanno portato il proprio contributo esterno anche Meurig Raymond, presidente dell’unione Agricoltori britannica e Harald Von Witzke, professore di economia agraria dell’università di Berlino. Il loro giudizio appare unanime: in un mondo sempre più popolato, e con disponibilità limitate di terreni coltivabili, la prima sostenibilità da ricercare appare quella alimentare. Si è calcolato che senza l’utilizzo di agrofarmaci andrebbe mediamente perduto oltre il 50% dei raccolti ottenibili dalle colture più strategiche, come mais, soia, cereali, patate e riso.

 

 

Un dazio inaccettabile da pagare a insetti, patogeni e malerbe, specialmente sapendo che di qui al 2020 la produzione di cibo dovrà oltrepassare i cinque milioni di tonnellate per allinearsi con una popolazione di quasi otto miliardi di persone. Persone che stanno anche spostando le proprie abitudini alimentari verso cibi ad alto contenuto proteico. Lo sviluppo di nuovi principi attivi sempre più efficaci ed eco-sostenibili è quindi il primo impegno che Basf si prende verso l’agricoltura mondiale. Al fianco della chimica, si schiera anche la genetica: Basf non produce varietà o ibridi vendibili direttamente sul mercato, ma collabora con altre multinazionali del settore alla messa a punto di soluzioni biotecnologiche che aumentino la resistenza agli stress idrici, alle malattie, agli insetti e agli erbicidi. Ogni anno nei laboratori Basf vengono testati dai 5.000 ai 10.000 geni differenti di varie colture, geni che dovranno garantire in campo performance superiori rispetto alle varietà precedenti, specialmente in quelle aree del pianeta dove nutrimento, difesa e irrigazione sono alquanto deficitarie.
Ma non solo chimica e genetica sono nell’impegno di Basf: il successo deriva dalla corretta progettualità finalizzata alla creazione di valore aggiunto per l’intera filiera. Nel progetto AgCelence Basf investe per sfruttare ogni possibile vantaggio offerto all’agricoltore da alcuni prodotti del proprio catalogo, non solo quello agronomico legato all’efficacia. In India è in corso un programma di addestramento degli agricoltori all’utilizzo ottimale delle tecniche agronomiche e dell’uso degli agrofarmaci. Il suo nome è Samruddhi, che significa “prosperità”. In Brasile sta portando grandi vantaggi anche un progetto finanziario (Barter models) capace di garantire agli agricoltori una maggiore stabilità di fronte alla fluttuazioni dei prezzi dei prodotti agricoli. Basf non disdegna nemmeno lo sposalizio con alcune tecniche di controllo dei patogeni derivanti da microorganismi: l’abbinamento delle applicazioni con il bio-fungicida Serenade e del nuovo principio attivo InitiumTM ha portato risultati ottimali in campo anche nella logica del contenimento dei residui. Questo ultimo punto è tra quelli prioritari in ottica consumatore finale: Basf ha stretto a tal scopo una partnership con Rewe Group, una delle maggiori catene di supermercati mondiali, per collaborare all’individuazione delle tecniche agronomiche  ottimali per la fornitura di derrate sane e rispettose dei limiti residuali ammessi.

La guerra del carbonio

Quando si parla di sostenibilità, però, non basta limitarsi a quelle agronomica e alimentare. Ogni attività antropica genera output inquinanti che vanno contenuti al meglio. Da anni Basf ha indirizzato i propri investimenti anche sulla ricerca di metodiche per la quantificazione e la riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Grazie alle tecnologie adottate, e ai benefici per i clienti finali derivanti dall’uso delle soluzioni Basf, si sono ridotte di oltre 250 milioni di tonnellate le emissioni di CO2 in atmosfera. Inoltre, da recenti acquisizioni scientifiche sono giunte alcune sorprese, come quella che ci rivela che conservare a lungo in celle frigorifere i prodotti agricoli locali, impatta l’ambiente molto di più che importarli freschi da altri Paesi. Oppure come l’agricoltura biologica possa in alcuni casi produrre più CO2 di quanto avvenga in quella convenzionale. Quest’ultimo argomento viene supportato da alcuni dati numerici: grazie a una collaborazione con la Bundesfachgruppe Obstbau tedesca, Basf ha potuto quantificare le emissioni di CO2 derivanti dalla produzione di mele in convenzionale o biologico. Da un ettaro di mele convenzionali derivano circa 40 tonnellate contro le 28 del Bio. Per produrle sono necessari 1.284 MJ (Mega Joule) di energia contro le 1.495 del Bio. Ciò sarebbe dovuto al maggiore utilizzo di mezzi agricoli per la difesa e il mantenimento del frutteto a cui i coltivatori in biologico sono obbligati. Complessivamente, per 1 kg di mele convenzionali vengono immessi in atmosfera 93 grammi CO2 /equivalenti contro i 116 del Bio (+23 g/kg di mele). Se rapportiamo questi valori alla produzione ad ettaro, si evince che la differenza di CO2 prodotta dal Bio rispetto al convenzionale è pari a 5.370 km di utilizzo di un’automobile di media cilindrata (120 g CO2/km). Ovviamente, la sostenibilità non è confinata alla sola emissione di CO2 nell’atmosfera, però le evidenze numeriche fanno riflettere su alcune variabili non ancora debitamente prese in considerazione. Per logica quindi, di fronte alla possibilità di allocare investimenti personali limitati, appare preferibile isolare meglio termicamente la propria casa che investire in certe forme di alimentazione solo teoricamente più eco-compatibile. Almeno questa e l'opinione di Michael Gerhard, capofila di Basf per le ricerche sulle immissioni di CO2 nell'ambiente.

Al termine dell’intensa giornata di lavori, la conclusione appare un’equazione a più variabili: acqua, energia, cibo e conservazione del suolo e dell’ambiente. Questi sono i fattori chiave trascurando i quali non si potrà mai parlare di sostenibilità. Di sicuro, risulteranno fondamentali le prese di posizione politiche internazionali, senza le quali nessuna strategia comune sarebbe possibile. Ma anche le singole scelte individuali , sia di persone che di aziende, possono portare il proprio contributo in tal senso.

D’altronde, anche il mare più grande è composto da piccole gocce.