Più attenzione e un progetto per l’ammodernamento dell’agricoltura, un programma di azione per sostenere i giovani che intendono investire il loro futuro nel mondo agricolo, maggior impegno per investire nella ricerca e nei programmi finalizzati all’innovazione tecnologica ed organizzativa delle imprese agricole, meno burocrazia. Sono questi i punti cardine del documento elaborato dalla Cia - Confederazione italiana agricoltori in vista delle prossime elezioni europee in programma il 6 e 7 giugno prossimi e oggetto di diversi incontri con i candidati di tutte le parti politiche che partecipano alla consultazione.
“Il nostro - ha affermato il presidente della Cia Giuseppe Politi - è un documento che contiene proposte concrete affinché l’agricoltura torni a svolgere un ruolo da protagonista e possa contribuire a contrastare la crisi e favorire la ripresa economica. Abbiamo, tuttavia, constatato che il dibattito sulle imminenti elezioni evidenzia toni molto bassi e proprio di settore agricolo si parli in modo scarso. Per questo motivo abbiamo avviato incontri con i candidati dei vari partiti. Nostro obiettivo è quello di far decollare il confronto e stimolare un’attenzione nuova e reale nei confronti degli agricoltori e delle loro imprese”.

“In quest’ottica
- ha aggiunto Politi - s’inserisce il nostro progetto ‘Agricoltura futuro giovane’ per ostenere un ricambio generazionale e ad aiutare quei giovani che vogliono svolgere attività agricola, in modo da non lasciarli soli a combattere con mille adempimenti, difficoltà ed incertezze. Apprezziamo l’azione annunciata del ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia in linea con le nostre proposte, soprattutto quando ribadisce l’esigenza di un piano che permetta di dare gratuitamente ai giovani i terreni demaniali che sono coltivabili ed oggi sono inutilizzati. Questo potrebbe consentire a molti di tornare a coltivare la terra e intraprendere un'attività produttiva e imprenditoriale”.
Il documento riafferma la necessità di strategie da attuare e condividere per ridurre la povertà ed aumentare la produzione mondiale.
Dopo aver sollecitato un impegno ad investire nella ricerca e nei programmi finalizzati all’innovazione tecnologica ed organizzativa delle imprese agricole, il documento della Cia rileva che la futura Pac dovrà essere meno burocratica per contribuire alla crescita dell’Europa, integrarsi con l’insieme delle politiche dell’Unione, a partire dalle politiche regionali e di coesione territoriale, dare risposte alle sfide alimentari, ambientali e climatiche. Gli agricoltori debbono essere i protagonisti del settore agricolo.
 
Mancano meno di tre settimane alla scadenza elettorale in Italia per il rinnovo del Parlamento europeo. In date diverse quasi 500 milioni di cittadini dovranno eleggere 736 europarlamentari. "Uno dei confronti elettorali piu' vasti al mondo" ha detto in un'intervista ad Agrapress il presidente della Confagricoltura Federico Vecchioni (in foto) notando con rammarico che si tratta di un "appuntamento spesso trascurato, snobbato quasi dai partiti". Viceversa - puntualizza il presidente - "le Europee, e questa tornata elettorale in particolare, sono cariche di attese per il mondo agricolo". Proprio partendo da questo avvenimento Vecchioni, fa in questa intervista, il punto su alcune questioni di rilievo.
Confagricoltura segue da vicino e da tempo candidati e programmi dei partiti in vista delle consultazioni, perché tanto interesse per una competizione elettorale che in Italia non sembra interessare nessuno?
"Intanto perché ci siamo abituati. Gli agricoltori parlano già da moltissimo tempo la lingua di Bruxelles. La Politica agricola comunitaria è stata sin dall'inizio collante, fattore di coesione e di crescita condivisa prima a sei, poi a nove, sino agli attuali ventisette Paesi membri che sempre hanno creduto e puntato sulla Pac e i suoi principi. Il mercato è stato unico prima di tutto per i prodotti agricoli; poi - ma solo decenni dopo - abbiamo abbattuto le dogane e le barriere per gli altri prodotti. La moneta unica, ancorché a prezzo di complesse procedure agro monetarie, vigeva per i prodotti ed i produttori agricoli ben prima dell'avvento dell'euro. Anche per questo confidiamo che l'Unione Europea, specie ora che è così estesa anche a realtà per le quali l'agricoltura conta molto in termini di produzione e di occupati, sviluppi un disegno politico strategico coerente per il settore che sinora purtroppo è mancato".  
 
Vale a dire?
"Nei primi anni del dopoguerra era centrale l'obiettivo dell'auto-approvvigionamento e dei mercati stabili a prezzi equi. Poi, dai primi anni '90, è iniziato un percorso che ha fatto sostanzialmente abdicare alla gestione dei mercati favorendo al contempo una politica commerciale che ha aperto progressivamente le frontiere comunitarie".

Con quale conseguenza?
"La 'fortezza protezionista agricola' non c'è più, dobbiamo evidenziarlo a chiare lettere. Oggi l'Unione europea è saldamente il primo importatore mondiale di prodotti agricoli ed agroalimentari per quasi 150 miliardi di dollari l'anno. Gli Usa, al secondo posto, importano 'solo' 109 miliardi di dollari.
Nel frattempo la Pac si è evoluta e, con quattro riforme in pochi anni, ha rivoluzionato il quadro dei pagamenti diretti agli agricoltori, slegandoli dalla produzione e cercando di rafforzare la componente di sviluppo rurale. Il tutto introducendo criteri restrittivi di natura ambientale, sanitaria ma anche a finalità etica (si pensi alle norme sul benessere e sul trasporto degli animali).
Forse proprio in questo è mancata la strategia. Si sono imposte regole su regole, minando la competitività delle imprese, confidando che questi maggiori costi potessero essere coperti da un premium price pagato dai consumatori. Al contempo si sono aperte le frontiere a prodotti che non potevano, per ovvi motivi, essere sottoposti alle medesime regole e che quindi erano più competitivi anche e proprio sul fronte del prezzo.
Mentre all'interno dell'Ue, le agricolture con le condizioni strutturali migliori, più organizzate e competitive, come la Spagna per l'ortofrutta o i Paesi del Nord Europa per lo zucchero, hanno avuto facile gioco di alcune produzioni italiane, anche perché le regole comuni non sono state pensate per tutelare, in certe condizioni, le identità agricole nazionali.
Non stupisce che, in questo scenario, non avendo più a disposizione strumenti per intervenire sui mercati, la nostra agricoltura ne abbia risentito. Anche in termini di erosione dei redditi reali degli agricoltori che sono oggi inferiori di quasi il venti per cento rispetto al 2000".
 
Cosa si aspetta dal nuovo Parlamento europeo?
"Costituisce l'occasione in cui ripensare alla politica agricola comune e rilanciarla; riflettere sui suoi obiettivi e sugli strumenti che vanno sicuramente adeguati ai tempi, ma in una logica premiante e non penalizzante del settore e dei suoi protagonisti". 
Leggi l'intervista completa ad Agrapress (A cura di Letizia Martirano)