L’Associazione apicoltori produttori calabresi ha visto riconosciuto a livello istituzionale il peso del suo ruolo, fondamentale per l’attivazione della misura straordinaria 10.1.9 "Apicoltura per la preservazione della biodiversità" del Programma di sviluppo rurale Calabria 2014-2020, un intervento per la prima volta autorizzato in Italia dalla Commissione Europea. Ed è stato compiuto un importante passo avanti nella discussione per l’adozione di una certificazione che attesti e protegga l’origine del miele calabrese.

Sono questi i risultati raggiunti dall’Aprocal con il convegno regionale tenutosi il 7 aprile 2018 ad Amantea (Cosenza). Secondo la Banca Dati Apicoltura della Calabria nella regione ci sono circa 750 aziende apistiche che gestiscono, in oltre 2mila apiari, circa 80mila alveari con una produzione lorda vendibile, relativa al solo miele, stimabile in più di 20 milioni di euro. Si tratta quindi di un comparto dal grande potenziale, da sostenere attraverso interventi mirati di valorizzazione e salvaguardia. A patto che tuteli la biodiversità vegetale, con la pratica del nomadismo: con le api dirette a sostenere l'impollinazione in quelle essenze arboree ed erbacee non coltivate o coltivate in maniera estensiva che trovano oggi nel declino degli impollinatori selvatici un serio rischio per la propria riproduzione.
 

Dal premio per la biodiversità all'aggregazione

Alessandro Zanfino, dell'Autorità di gestione del Psr Calabria 2014-2020, ha spiegato come la misura 10.1.9 sia orientata a sostenere progetti per la biodiversità, un concetto definito “strategico per il futuro”. Per il dirigente regionale il contributo economico riconosciuto agli allevatori apistici rappresenta un vero e proprio “premio per la realizzazione della biodiversità”.

Il presupposto giuridico della misura 10 è quello della riduzione di reddito proveniente da una certa pratica agrozootecnica, in questo caso il nomadismo mirato alla salvaguardia degli habitat: le ricerche effettuate in Calabria provano che la produzione di miele negli alveari orientati su habitat naturali, seminaturali o ad agricoltura estensiva, si riduce del 32% rispetto a quella proveniente in altre zone della regione dove la produzione media ad alveare si attesta ad una media di 40 chilogrammi annui. 

Il sostegno viene quantificato in 22 euro per alveare. Per gli effetti delle economie di scala, il premio è ridotto a 18 euro ad alveare per le aziende che fanno domanda per un numero di alveari superiore a 100 e fino a 500; a 16 euro per le aziende che fanno domanda per un numero di alveari superiore a 500. Il premio massimo per anno non potrà superare i 20mila euro per singola azienda o raggruppamento di aziende.

Anche Mauro di Zio, vice presidente nazionale di Cia, ha parlato di biodiversità e apicoltura in termini strategici: “Dove c’è apicoltura c’è biodiversità” ha detto, aggiungendo che “è essenziale consolidare la spesa storica in termini di finanziamenti all’agricoltura e strutturare il mondo dell’apicoltura in Calabria, dove la biodiversità è presente in maniera preponderante e la qualità dell’ambiente è altissima”.

A indicare la direzione nel segno dell'aggregazione è stato Giuseppe Cefalo, presidente nazionale dell’Unione nazionale associazioni apicoltori italiani, il quale ha detto: “La crescita non può prescindere da una dimensione associativa, perché un apicoltore solo è un apicoltore morto”. Un riferimento diretto alla necessità di superare gli antichi individualismi per convergere in gruppi organizzati di produttori come Aprocal.

A questo punto, come ha dichiarato Raffaele Denami, del Dipartimento Agricoltura Regione Calabria, l'ente si farà promotore di una serie di incontri per definire gli step successivi e l’Aprocal dovrà dotarsi di una struttura tecnica per supportare gli apicoltori nella compilazione della domanda informatizzata.
 

Miele Dop o Igp, la Calabria sceglierà lungo nuove direttrici di caratterizzazione

Sul versante della certificazione d’origine si è iniziato a fare chiarezza sul fatto che prima di pensare al tipo di certificazione - Igp o Dop - vanno individuate le caratterizzazioni dei mieli, per poi concentrarsi sulla filiera e infine individuare di conseguenza lo strumento di certificazione più adeguato.
Maria Lucia Piana, uno dei massimi esperti italiani di miele, ha evidenziato la possibilità di individuare nuove direttrici per caratterizzare il miele calabrese nell’ottica di una certificazione d’origine che superi le tre tradizionali differenziazioni: organolettica, botanica, geografica. In tal senso un suggerimento è arrivato dal professore Vincenzo Palmeri dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, il quale ha parlato di una possibile Dop “Miele di Calabria”.

Il presidente di Aprocal, Gaetano Mercatante, ha sintetizzato il risultato del convegno: “E' stato il primo momento di discussione per trattare il tema della certificazione d’origine, ora dobbiamo analizzare le varie zone di produzione per capire le potenzialità produttive in termini di specie mellifere e di salubrità. Passo dopo passo Aprocal è stata pioniera anche nel campo della salvaguardia dell’habitat naturale, avendo avuto il merito di individuare nella biodiversità il tema centrale per il futuro”.