Per approfondire la mission di Ecofi AgroNotizie ha intervistato Luca Bonini, attuale presidente del Consorzio e amministratore delegato di Italpollina.
Dottor Bonini, partiamo dalle origini: perché è nata Ecofi e quali finalità si prefigge?
"Ecofi è nata due anni fa come associazione di imprese che operano nel settore dei fertilizzanti organici e organominerali e come finalità ha quella di unire l'industria di questo importante segmento di mercato. L'approccio è stato quello più inclusivo possibile, ovvero includere in pratica tutto ciò che è legato al carbonio organico".
Quali gap si prefigge di colmare Ecofi nel settore dei fertilizzanti?
"Ogni Paese europeo ha purtroppo un suo approccio al settore. Spagna, Francia, Italia e altre nazioni hanno Leggi proprie su questi prodotti. In fondo, nella sostanza si somigliano tutte, ma differiscono pur sempre per qualche dettaglio a volte non trascurabile. Ecofi intende quindi colmare la mancanza di una voce comune in questo segmento industriale, anche in ottica della revisione della Regolamento europeo 2003/2003".
Un appuntamento importante ove è quindi bene che la voce delle imprese sia tenuta in considerazione.
"Esattamente. Il regolamento è nato per normare essenzialmente i fertilizzanti minerali, ma ora verrà ampliato agli organici e ai biostimolanti, divenendo riferimento normativo strategico per il settore dei fertilizzanti in senso molto più ampio. Ecofi nasce quindi per esercitare una legittima azione di lobby nei processi di fissazione dei criteri che normeranno i prodotti organici. Per esempio quando si parla di contenuti minimi dei componenti, oppure della presenza massima tollerabile di contaminanti etc. Oggi i membri sono dieci, pagando un po' la divisione fra Paesi del Nord e del Sud del Mediterraneo. Raccogliamo però attori significativi, raccogliendo il 60% circa del fatturato europeo di questo mercato".
Si potrebbe fare meglio, però. Le aziende che mancano all'appello sono purtroppo numerose...
"Tanti hanno preferito costruire il proprio fortino, purtroppo. Alcune realtà spagnole, per esempio, hanno deciso fin dall'inizio di restare da soli, al di fuori di qualsivoglia organizzazione. Ora però a livello europeo si dà ascolto solo alle associazioni, quindi un'eventuale istanza aziendale singola non può trovare spazi di discussione. Al contrario, in Ecofi si è cercato fin dall'inizio di unire know how e competenze diverse e di fare in modo che le richieste di tutti fossero ascoltate".
L'approccio non è stato però omogeneo a livello continentale.
"No. In altri Paesi hanno preferito operare tramite associazioni di secondo livello, ovvero associazioni di associazioni. Ciò però rischia di diluire i messaggi e di renderli meno incisivi. Parlare invece direttamente come associazione di aziende, cioè come associazione di primo livello, permette un rapporto molto più diretto e, si spera, incisivo. Speriamo cioè di essere riconosciuti a livello europeo come validi interlocutori, tanto da essere coinvolti nella stesura delle bozze delle modifiche al Regolamento stesso. La Commissione europea stessa ne sentiva il bisogno, perché mancava un referente focalizzato specificatamente sugli organici, dato che la revisione è incentrata essenzialmente su questo segmento di mercato".
Ecofi è giunta quindi a fagiolo…
"Esatto. Inoltre si spera di ampliare ulteriormente la membership, al fine di aumentare il peso del Consorzio a livello continentale. Ora, dopo due anni di presidenza passerò la mano per garantire un logico turnover al vertice".
Con associazioni già esistenti, come per esempio Assofertilizzanti di Federchimica, in che posizione di pone Ecofi?
"C'è una distinzione chiara fra attività europea e nazionale. Assofertilizzanti, in qualità di associazione squisitamente italiana, non ha voce a Bruxelles perché la commissione vuole avere solo rapporti con associazioni strutturate a livello europeo. Ecofi prevede in ogni caso la presenza di associazioni, non solo di aziende. Le associazioni che aderissero, però, non avrebbero potere di voto, ma parteciperebbero comunque ai lavori e potrebbero fare le più opportune proposte. Delicato appare infatti il passaggio dal livello europeo ai ministeri nazionali. Il lavoro di Lobby viene sì effettuato sui regolamenti a livello europeo, ma dopo sui vari ministeri devono agire le associazioni nazionali. Ci vuole perciò armonia di intenti fra il livello europeo e quello italiano. Del resto, molti degli aderenti a Ecofi sono anche presenti in Assofertilizzanti".
E quindi si torna al principio: l'unione fa la forza, ma sembra non bastare mai.
"Serve alzare la consapevolezza dei vantaggi comuni che derivano dalle azioni comuni. Purtroppo vi è un po' di opportunismo da parte di alcune aziende, molte delle quali lasciano lavorare chi si espone direttamente sapendo che poi i risultati, se vengono, varranno per tutti. Resta però la consapevolezza del fatto che chi ha lavorato bene e si è impegnato ha poi una visibilità e un know how che chi è stato alla finestra non può avere. C'è quindi anche una ragione di visibilità nell'aderire al progetto: chi si è impegnato fin dall'inizio si spera venga visto positivamente anche dal mercato".
Partecipare a Ecofi è quindi anche un investimento che porterà benefici nel lungo periodo?
"Certamente. L'impronta della Revisione si sentirà per i prossimi vent'anni: ciò che di buono o di cattivo verrà deciso, durerà fino alla prossima revisione. Se la stesura del Regolamento dovesse essere poco razionale, per esempio, aumenterebbero anche i rischi di veder nascere discussioni pericolose in Parlamento: emendamenti, richieste di modifiche. Se invece i contenuti sono chiari e razionali da subito, la strada dovrebbe essere molto più semplice. A marzo/aprile uscirà l'ultima bozza ufficiale del Regolamento. Dopodiché non si potrà fare più fare niente".
Quindi il messaggio è chiaro: chi ha qualcosa da dire la dica subito, o taccia per sempre.
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