L'organismo vegetale fornisce carboidrati ai funghi e questi 'ricambiano il favore' andando alla ricerca di elementi nutritivi come fosforo, azoto, zolfo rame e zinco. Si forma in questo modo una seconda rizosfera, molto più capillare ed estesa, che sonda il terreno alla ricerca di nutrimento.
L'esistenza dei funghi micorrizici è ormai nota. I primi studi risalgono all'Ottocento, ma c'è ancora moltissimo da scoprire su questo rapporto di mutuo aiuto che coinvolge piante e funghi. Per quanto riguarda il frumento duro, ad esempio, si riteneva che le varietà cosiddette moderne fossero meno adatte ad instaurare questo tipo di rapporto simbiotico.
"Così non è", spiega ad AgroNotizie Pasquale De Vita, ricercatore del Centro di ricerca per la cerealicoltura di Foggia del Crea, che insieme ad altri ricercatori ha portato avanti una sperimentazione su cento varietà di grano duro e farro. "Dalle prove che abbiamo condotto in campo non sono risultate differenze rilevanti tra varietà moderne e antiche".
La sperimentazione del Crea
Semmai le differenze ci sono a livello di varietà. Sono state condotte delle prove in camera di crescita (ambienti chiusi in cui i parametri ambientali e nutritivi sono impostati dai ricercatori) su cento varietà che sono state inoculate con due specie di funghi micorrizici (Funneliformis mosseae e Rhizoglomus irregulare).Le prove condotte hanno fatto registrare un livello medio di micorrizazione pari al 22% nel caso di F. mosseae, e del 28% nel caso di R. irregulare. Inoltre alcune varietà sono state in grado di creare legami in maniera più frequente rispetto ad altre (leggi in questa pagina i risultati), con differenze considerevoli.
Il legame tra fungo e pianta dipende infatti da un gran numero di variabili, come la tipologia di suolo, la temperatura, l'umidità, ma anche da fattori legati alla genetica della pianta. "Abbiamo constatato che ci sono delle varietà che creano con maggiore facilità legami con i funghi micorrizici e questo ci potrà servire in futuro nella selezione di nuove varietà", spiega De Vita.
Il futuro della ricerca
L'obiettivo ultimo è infatti quello di selezionare nuove varietà di frumento duro, specie restia ad essere micorrizata se comparata con il mais o il riso, tenendo conto anche dei tratti interessanti dal punto di vista della simbiosi con i funghi.Bisogna tuttavia dire una cosa. Oggi l'agricoltura convenzionale fa ampio uso di fertilizzanti per garantire quel grado di nutrizione tale da far esprimere le piante al massimo sotto il profilo della produzione. In queste condizioni di abbondanza di nutrimento in campo non si sviluppano simbiosi tra funghi e grano duro.
"Ma nell'agricoltura biologica invece questo genere di rapporto potrebbe essere molto utile", sottolinea De Vita.
E in prospettiva bisogna guardare ancora più in là. Già, perché in un'ottica di maggiore sostenibilità delle produzioni diversi gruppi di ricerca stanno cercando di selezionare piante che riescano ad assicurare livelli produttivi ingenti con input scarsi, grazie proprio all'aiuto dei funghi micorrizici e non solo.
Esistono nel terreno un gran numero di microrganismi che potrebbero apportare benefici alle piante in modo da rendere possibile una agricoltura produttiva, ma meno dipendente dai fertilizzanti. Ad esempio si sta studiando la possibilità di selezionare ceppi di batteri azoto-fissatori che siano in grado di fornire alle piante di frumento l'azoto di cui hanno bisogno, senza ricorrere alla concimazione.
Ma i funghi micorrizici sono anche in grado di aiutare la pianta a superare gli stress idrici e si sta studiando il loro ruolo nel migliorare le difese della coltura contro l'attacco di microrganismi patogeni. I funghi 'buoni' sono anche in grado di incrementare la crescita, sintetizzando ormoni come le auxine. E di stimolare la pianta a produrre nutrienti utili anche all'uomo, come vitamine e antiossidanti.
Insomma, i microrganismi racchiudono un potenziale enorme per rendere l'agricoltura più produttiva e sostenibile.