Dopo le paste ai pesticidi analizzate in Svizzera e le paste al glifosate analizzate in Italia, spaghetti e fusilli vengono ancora messi sotto processo e gli italiani sempre più disorientati sulla propria sicurezza alimentare.
Nella puntata del 17 gennaio di Striscia la notizia, su Canale 5, è stato infatti dato spazio a un'inchiesta de "Il Salvagente" svolta su 23 marchi differenti di pasta. Residui di agrofarmaci e micotossine i principali temi discussi, con gli usuali dubbi suscitati in chi di tossicologia sia tutto men che ferrato.
Interessante però il sistema di condivisione del report completo "Abbiamo cambiato la pasta", da richiedersi via email alla redazione de "Il Salvagente".
Per chi fosse però troppo pigro, resta quanto è stato reso visibile in chiaro, cioè sulla pagina internet del magazine, ove le marche di pasta vengono semplicemente classificate con eccellente, ottimo, buono, medio, mediocre e scarso, in funzione di un voto assegnato dai valutatori. Per essere eccellente la pasta deve aver colto un voto superiore a nove, come fatto da De Cecco, De Cecco integrale, Voiello 100% grano aureo, La Molisana e la Rummo.
Con voto fra 8 e 9 si sarebbero qualificate invece Alce Nero Bio, Garofalo integrale, Rummo Bio integrale, De Cecco Bio, Coop Bio e Buitoni. Unico "buono" per Barilla Bio, con un voto di 7,5.
Capofila dei "medi" ancora Barilla 5 cereali, poi Garofalo, Esselunga, Barilla, Divella, Coop, Granoro e La Molisana integrale. Giudicata "mediocre" invece la Del Verde, con un mogio 4,5, mentre nella categoria "scarse" sono finite la Combino (Lidl) e la Tre Mulini (Eurospin), rispettivamente con 3,5 e 3. Voti che rappresentano l'incubo di ogni liceale.
A questo punto AgroNotizie ha deciso di intervistare lei, la pasta. Giusto per comprendere dal suo punto di vista come stiano le cose.
Iarc sarà soddisfatta, perché nel report de "Il Salvagente" è citata solo lei in materia di glifosate. Di tutti gli altri pareri, contrari a quello della Iarc, buio pesto come al solito.
"Non mi stupisce. L'informazione quando imbocca una strada ben precisa poi è difficile che cambi direzione, specialmente se funziona dal punto di vista del riscontro mediatico.
Intanto il Committee on science, space and technology del Senato americano ha scritto ancora alla Iarc, nella persona di Elisabete Weiderpass, la nuova direttrice dopo le dimissioni di Christopher Wild, per chiedere ancora lumi su diverse modifiche misteriose, le quali risulterebbero inspiegabili se confrontate con i pareri espressi dagli esperti fino a poco prima di mandare in stampa la controversa monografia 112, quella che ha dato la stura a ogni polemica su glifosate. Ora si attende la risposta, sperando non sia un buco nell'acqua come avvenuto nelle precedenti due missive. Ma di tali misteriose 'manine' pare che soltanto il Sole24Ore abbia dato notizia in Italia. Poi si chiede perché la gente è ancora col naso puntato sulla bufala del copia-incolla di Efsa?"
No, per la verità non me lo chiedo. Per chi conosce i fatti non c'è proprio nulla da chiedersi, tranne magari alcune domande che però potrebbero portare a querele. Intanto però il grano per produrLa arriva sempre meno dal Canada, ove glifosate è impiegato per anticipare la raccolta…
"Ma sa, a me poco cala da dove arriva il grano. Io pasta sono e pasta rimango. Basta che il grano sia buono e chi mi produce sappia usare bene le tecnologie più idonee. Poi magari un giorno i canadesi si renderanno conto che possono fare paste eccellenti anche loro e qualcuno aprirà qualche stabilimento in loco, sbancando i mercati nordamericani e mandando a stendere i protezionismi fittizi italiani".
Perché fittizi? Se dal Canada arriva meno grano, i pastifici chiederanno più grano italiano no?
"Ma neanche per idea. Continueranno a chiedere quello che hanno sempre chiesto, anche perché di più non ce n'è mica. Semplicemente, per accondiscendere alle richieste del mercato, narcotizzato dalla chemofobia anti-glifosate, andranno a prendere il grano altrove, ma sempre all'estero. Magari in Francia, ove glifosate non lo possono usare esattamente come in Italia, ma che facciano un grano duro buono come quello pugliese, per dirne solo uno, mi scusi, io resto scettica…".
Quindi una vittoria di Pirro?
"Per le industrie no senz'altro. Anzi, direi una vittoria piena. Basti rileggere quanto dichiarato da Paolo Barilla ai "Nuovi Vespri", avvisando i consumatori che non dovranno stupirsi se per non avere pasta contenente glifosate il costo a piatto potrebbe passare da 20 cent a due euro. Praticamente decuplicato. E pensi che sul mio prezzo finale quello del grano incide sì e no per un 15-20%. Quindi per le industrie la guerra mossa a glifosate rappresenta una grande opportunità di mercato. Tanto cosa crede, importare dall'Azerbaijan o dal Canada mica cambia niente per loro. Anzi. Capace costa anche meno. Invece, un esercito di veri e propri 'Pirri' pare proprio siano i consumatori, i quali rischiano seriamente di veder lievitare i costi delle loro pastasciutte solo per il fatto di non contenere glifosate. Ai miei occhi una follia, anche perché rischi per la salute non ce n'erano affatto".
Però dall'inchiesta de Il Salvagente si apprende che sono stati trovati fino a 4-5 diversi residui nello stesso campione di pasta. Non La preoccupa?
"Neanche un po', se devo essere onesta. La coscienza ce l'ho pienamente a posto anche a fronte di 4-5 residui contemporaneamente. Di fatto, già oggi il profilo residuale degli alimenti commercializzati rispetta per la quasi totalità i limiti di Legge potendosi in tal modo qualificare pienamente sicuri per i consumatori. E poi, guarda caso, i due campioni che si sono beccati 3 e 3,5 erano gli unici che contenevano glifosate. Una sorta di marchio d'infamia indelebile che ha travalicato persino il fatto che il loro contenuto di proteine fosse in linea con la media dei campioni analizzati e perfino superiore ad alcuni marchi che hanno invece ricevuto un punteggio più alto. Circa poi le possibili miscele di sostanze attive, eventualità che preoccupa buona parte dell'opinione pubblica, vi sono peraltro posizioni rassicuranti come quelle delle Autorità elvetiche, le quali hanno ritenuto quello delle cosiddette "mixture" un falso problema(1). Secondo l'analisi svolta dall'Ufficio federale per l'agricoltura, Sezione prodotti fitosanitari, "[…] Oggigiorno, viste le considerazioni teoriche e i risultati dei test sui composti, si ritiene che la presenza di residui multipli negli alimenti non costituisca un rischio per la salute. L'autorità competente conferma questa posizione. Le attuali norme, tra cui le concentrazioni massime fissate nell'OSoE [acronimo di Ordinanza sulle sostanze estranee, nda] e sui componenti sulle base di dati scientifici, garantiscono l'innocuità dei residui per quanto riguarda la salute nonché la loro presenza solo in quantità tecnicamente inevitabili […]".
Pasta all'Amatriciana: una tradizione che richiede pasta di qualità quanto a proteine e tenuta alla cottura
(Foto: © Camugnero Silvana - Fotolia)
Questo però è il parere delle sole Autorità elvetiche. Non le sembra un po' poco per star tranquilli?
"No, perché alle medesime conclusioni è possibile giungere utilizzando come base gli studi prodotti da Ivano Camoni(2), del laboratorio di tossicologia applicata dell'Istituto superiore di Sanità. Questi ha infatti calcolato per ogni sostanza attiva la quantità ingerita quotidianamente con la dieta, o meglio, quella che ogni cittadino acquista con la spesa. Si chiama Edi, o Estimated daily intake. In seguito, sono stati posti tali parametri a confronto con i corrispondenti Adi (Acceptable daily intake) di ogni molecola".
Tutto bello e molto laborioso. Ma ai consumatori cosa potremmo dire di rassicurante?
"Potremmo dire che elaborando i dati di Ivano Camoni è stato possibile stimare in poco più dell'uno per mille il valore medio ponderato dei vari rapporti Edi/Adi. In sostanza, ciò che giunge nelle case degli italiani è circa un millesimo delle dosi che sono ritenute sicure dalla tossicologia. Lavaggio, asciugatura e sbucciatura fanno poi diminuire ulteriormente questo valore, lasciando supporre un'ingestione annua complessiva di poche decine di milligrammi. Ciò conferma una volta di più quanto quello dei residui multipli sia un tema molto probabilmente sovrastimato, anche considerando che con la normale alimentazione si ingeriscono quantitativi migliaia di volte superiori di sostanze naturali dai profili tossicologici anche peggiori di quelli degli antiparassitari. Quindi, che diavolo vuole che facciano 4-5 residui diversi presenti nella pasta, se rispettano i propri limiti? Cosa crede, che solo per il fatto di essere presenti in compagnia, s'inneschino pozioni stregonesche che fanno diventare verdi i consumatori anche a dosi di microgrammi?"
No di certo. In tal senso concordo con le Autorità elvetiche: i singoli margini di sicurezza sono così ampi che anche sommandone diversi per il consumatore, di fatto, nulla cambia. Ma sulla pagella che Lei si è beccata da Il Salvagente nulla da dichiarare?
"Eccome. In primis, l'assenza di glifosate come motivo di punteggio alto è più o meno come premiare o penalizzare uno studente a un'interrogazione se porta o non porta gli occhiali. Una variabile nulla dal punto di vista fattuale, visto appunto che quei residui sono ininfluenti sia sulla qualità della pasta, sia sulla salute dei consumatori. Ma ormai si sa, la politica del 'senza' la fa da padrona…"
E degli altri parametri cosa pensa?
"Mi dica: se Lei stesse andando in autostrada a 125 orari e venisse reputato un guidatore peggiore di chi sta marciando a 122, cosa penserebbe?"
Che il limite di Legge è di 130 chilometri orari e quindi entrambi siamo due automobilisti rispettosi delle normative e del buon senso.
"Ecco, appunto. Fare una classifica in funzione delle singole velocità quando queste risultassero tutte in regola con gli autovelox, avrebbe senso dallo scarso al nullo. Quindi, ai miei occhi, chi rispetta i limiti legali è del tutto equipollente rispetto a tutti gli altri. Né meglio, né peggio. Dare voti premianti o penalizzanti non ha cioè alcun senso a parità di rispetto dei limiti".
Non abbiamo detto nulla sui livelli riscontrati, però…
"Vedo che ha voglia di divertirsi. Allora divertiamoci. Glifosate ha un limite di legge su grano di 10 milligrammi per chilo. Nelle paste Combino e Tre Mulini, cioè le ultime due classificate, è stato trovato rispettivamente a 0,049 e 0,055 mg/kg. Pari cioè allo 0,49 e allo 0,55% del limite di Legge. Ma di che stiamo parlando? E per le altre molecole siamo più o meno lì. Nella pasta Combino è stata trovata cipermetrina a 0,021 mg/kg, pari all'1,05% del proprio limite residui. Nella Tre Mulini, oltre a glifosate sono stati trovati anche cipermetrina (0,018 mg/kg), clorpirifos (0,009 mg/kg) e pirimifos metile (0,042 mg/kg). Le percentuali sui rispettivi limiti di Legge è quindi pari a 0,9%, 18% e 0,84%. In estrema sintesi, queste sostanze attive sono talmente lontane dai limiti previsti dalla normativa da far ritenere quei campioni di pasta del tutto sicuri per la salute dei consumatori".
Però ci sono di mezzo anche le micotossine, mica solo gli odiati pesticidi.
"Guardi che anche per le micotossine sono stati fissati limiti di Legge di riferimento e questi sono anch'essi altamente prudenziali. Valori numerici sono stati espressi però solo per il Don, o deossinivalenolo. Un contaminante naturale che è stato riscontrato da un valore massimo di 308 µg/kg nella Tre Mulini e di 300,5 µg/kg nella Combino. In sostanza, sono perfettamente in regola con il limite per gli adulti, pari a 750 µg/kg, ma non per i bambini, la cui soglia è di soli 200 µg/kg. Non stupisce quindi che salendo lungo la classifica le concentrazioni di Don scendano a poche centinaia di µg/kg, poi a poche decine e infine risultino assenti. O meglio, inferiori al limite di rilevabilità. E su questo, guardi, mi sta anche bene. Se vi sono poche di queste tossine implica che si è lavorato bene anche nei campi, controllando i patogeni che le producono. Quindi significa pure che la qualità finale del grano non può essere che ottima. Sono cioè degli eccellenti indicatori di capacità di coltivazione, quindi giusto premiarle, sia nelle pagelle, sia nel prezzo. Magari anche in quello riconosciuto agli agricoltori, sempre ultimi a spartirsi la torta...".
Circa infine l'origine del grano ha un'opinione diversa rispetto a quella espressa sui residui?
"No di certo. Io sono la pasta. Per me essere tutta italiana o tutta straniera sa cosa m'importa? Per un consumatore però posso comprendere che mangiare una pasta fatta con grano italiano sia motivo di maggiore soddisfazione. Quasi di orgoglio. Ma ancora siamo più che altro nella sfera psicologica, perché tanto il grano in Italia non basterà mai a soddisfare la domanda interna. Quindi fomentarla ulteriormente fa solo il gioco delle industrie che a fronte di un'offerta rigida, cioè non modificabile, e di una domanda in crescita non faranno altro che alzare i prezzi a tutto svantaggio del consumatore. In sostanza, quest'ultimo rischia solo di pagare di più il medesimo prodotto che comprava anche prima delle persecuzioni chemofobiche telecomandate. Stesso prodotto di prima, prezzi maggiori. A Lei sembra furbo?".
Mica tanto. O meglio. Non è furbo per alcuni, è molto furbo per altri. Il made in Italy, in effetti, è spesso un vessillo che porta grandi vantaggi a pochi, facendoli però pagare ai molti. Vedo però che Lei mastica anche concetti di economia di base…
"La legge della domanda e dell'offerta è infatti proprio la linea di base. Ma sono molti, troppi, che non hanno nemmeno quella".
E quindi veniamo ai prezzi. Ha dato un'occhiata ai numeri?
"Certo. Ed emerge come le prime due paste classificate, De Cecco e Voiello, costino rispettivamente 2,26 e 2,24 euro al chilo. Le ultime due, Combino e Tre Mulini, costano rispettivamente 1,18 e 1,38 euro al chilo. Poco più della metà. Eppure, alla prova di cottura è risultata "Eccellente" la De Cecco", "Buona/ottima" la Voiello, "Buona" la Tre Mulini e addirittura "Ottima" la Combino". Cioè sono tutte paste che tengono la cottura e che danno soddisfazione a mangiarle. Ora, capisce bene che se ho un reddito basso, come capita in una gran parte di famiglie, con un euro di queste due ultime paste do da mangiare in modo assolutamente dignitoso a circa 9-10 persone, considerando porzioni da 80 grammi ciascuna. Con le prime due metto invece in tavola per 5-6 soltanto. E i conti sono in tanti a doverseli fare a fine mese. Perché alla fin fine, anche il rapporto qualità/prezzo conta moltissimo in un contest di questo genere. Un aspetto che però pare non essere stato tenuto in particolar conto dalla classifica stilata".
Quindi Lei non avrebbe problemi, fosse umana, a mangiare qualsivoglia pasta fra quelle testate?
"Assolutamente no. Dipenderebbe più dalla mia predisposizione alla spesa che da altri fattori. Anche perché la pasta, caro mio, o la si sa cuocere, o non la si sa cuocere. E certe volte mi fanno fare certe fini che non Le racconto. O dura come un sasso, o colla da manifesto. Un'umiliazione…".
Lasciamo quindi la pasta alle sue ambasce con le scarse doti culinarie di molti, troppi italiani, meditando magari anche sull'utilità di dare voti così lontani a prodotti che, alla fin fine, poi così lontani non sono alla luce di un'analisi più laica.
Perché rovinare inutilmente la reputazione di un marchio è un attimo.
Bibliografia citata:
1) Dipartimento federale dell'economia DFE, Ufficio federale dell'agricoltura UFAG, Sezione Prodotti fitosanitari: "Residui multipli nelle derrate alimentari: posizione dell'autorità competente in materia di autorizzazione per i prodotti fitosanitari".
2) Ivano Camoni (2001): in "La tossicologia per la qualità e la sicurezza alimentare" (pag.17-24). Pàtron Editore, a cura di Patrizia Hrelia e Giorgio Cantelli Forti